La solidarietà al tabaccaio di Civè di Correzzola rapinato condannato a 2 anni e 8 mesi e al risarcimento di 325.000 euro alla famiglia del criminale ucciso data dal presule non è gradita alle toghe
Rischia di costare caro anche al vescovo di Chiggia Adriano Tessarolo la solidarietà espressa a Franco Briolo, tabaccaio di Civè di Correzzola, che è stato condannato in primo grado dalla giudice Beatrice Bergamasco del tribunale di Padova a scontare una pesante pena di 2 anni e 8 mesi di galera e a un risarcimento di ben 325.000 euro per avere sparato nella notte tra il 25 e 26 aprile 2012 ad un ladro slavo colto dal titolare durante la notte a rubare la cassa della tabaccheria.
Secondo la giudice, Briolo sarebbe colpevole di eccesso di legittima difesa, visto che il malfattore è morto, nonostante il pubblico ministero Benedetto Roberti ne avesse chiesto l’assoluzione.
Il vescovo Tessarolo per il tramite del settimanale Nuova Scintilla aveva criticato in particolare l’ammontare del risarcimento disposto dalla giudice: «325.000 euro di risarcimento fanno più o meno 1.000 euro al mese per 27 anni. Mi permetta un’ironia, signora giudice: quello che non era riuscito a rubare da vivo, glielo ha dato il giudice, completando il furto alla famiglia, un ben vitalizio ottenuto per i suoi familiari, con l’incidente accadutogli nel suo lavoro di ladro!»
Parole con un velo di ironia, come premesso dallo stesso mons. Tessarolo, che hanno scatenato la reazione furibonda dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) veneta: «rappresentanti istituzionali non dovrebbero dare giudizi sull’attività di altri organi, come quello giudiziario, senza avere la completa conoscenza dei fatti» dice senza mezzi termini il magistrato Lorenzo Miazzi, referente per il Veneto dell’Anm, per criticare l’intervento del vescovo Tessarollo, che dalle pagine del settimanale Nuova Scintilla si era rivolto al giudice Beatrice Bergamasco commentando la condanna inflitta al tabaccaio padovano Franco Birolo. Nel ritenere quella del prelato «una ingerenza molto significativa», Miazzi dalle pagine del Corriere del Veneto critica «la pesantezza dei toni usati nel suo intervento: sono dichiarazioni inopportune», sottolineando che Tessarollo ha commentato la sentenza «prima ancora di conoscerne il merito». «Accusare senza neppure sapere come si sono svolti i fatti realmente – rileva – va oltre il diritto di cronaca, si rischia di sfociare nella diffamazione o perfino nella calunnia». E aggiunge: «ad ogni modo spetterà eventualmente a un giudice terzo stabilire se in quello scritto si configurino dei reati, tenendo però conto che il significato delle parole utilizzate è ancora più forte, visto l’alto ruolo rivestito da chi ne è l’autore». Il giudice Bergamasco, riferisce il rappresentante dell’Anm, «si è presa del tempo per decidere cosa fare. Se deciderà di procedere con una denuncia nei confronti del vescovo – conclude Miazzi – noi saremo al suo fianco».
Da un eccesso all’altro: minacciare di querela un presule per il solo fatto di avere dato voce ad un sentimento diffuso nella popolazione veneta per quel senso di sicurezza che ormai è diventato una chimera sembra francamente sproporzionato e rischia di allargare la frattura esistente tra la popolazione e la magistratura, di cui alcuni pronunciamenti paiono poco condivisibili. Comunque sia, la vicenda di Birolo non finisce certamente qui ed è auspicabile che sia la stessa magistratura che in appello o in cassazione faccia definitivamente chiarezza e giustizia su tutta la vicenda.