Polemiche sulla decisione: un boomerang stigmatizzato dalla politica italiana. Critica Coldiretti. De Caro: «proveremo a depotenziare il provvedimento»
Ancora una volta l’Unione Europea è matrigna verso i prodotti agroalimentari del “Made in Italy”, con l’approvazione di un provvedimento da parte della Commissione commercio internazionale del Parlamento europeo che ha approvato l’importazione a dazio zero dalla Tunisia di 35.000 tonnellate di olio d’oliva, che vanno ad aggiungersi alle 56.700 tonnellate annue già previste dall’accordo di associazione UE-Tunisia. DI fatto, un ulteriore aumento del 40% del contingente che rischia di mettere in seria difficoltà l’olivicoltura nazionale.
Secondo Coldiretti «dopo che nel 2015 in Italia sono aumentate del 520% le importazioni dell’olio di oliva della Tunisia è un errore l’accesso temporaneo supplementare sul mercato dell’Unione di 35.000 tonnellate di olio d’oliva tunisino a dazio zero, per il 2016 e 2017. Il nuovo contingente agevolato – sottolinea Coldiretti – va tra l’altro ad aggiungersi alle attuali 56.700 tonnellate a dazio zero già previste dall’accordo di associazione Ue-Tunisia, portando il totale degli arrivi “agevolati” oltre quota 90.000 tonnellate». Per il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo «ancora una volta in Europa il settore agricolo diventa merce di scambio senza alcuna considerazione del pesante impatto sul piano economico, occupazionale ed ambientale sui nostri territori e il rischio concreto in un anno importante per la ripresa dell’olivicoltura nazionale è il moltiplicarsi di frodi, con gli oli di oliva importati che vengono spesso mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all’estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri, a danno dei produttori italiani e dei consumatori».
Alla luce di tutto ciò «diventa dunque ancora più urgente – conclude Moncalvo – arrivare all’attuazione completa delle norme già varate con la legge salva olio Mongiello, la n. 9 del 2013, dai controlli per la valutazione organolettica ai regimi di importazione per verificare la qualità merceologica dei prodotti in entrata».
Critica anche Agrinsieme che «pur condividendo l’obiettivo di solidarietà dell’Europa nei confronti di Paesi terzi in difficoltà socio-economiche tramite azioni commerciali di privilegio, non va dimenticato che non si possono sempre penalizzare l’agricoltura e, in particolare, le produzioni mediterranee. Tra l’altro, la continua apertura delle frontiere della Ue e le concessioni non stanno riguardando solamente l’olio di oliva». Agrinsieme si rammarica del fatto che non è stato approvato nemmeno l’emendamento della commissione Agricoltura e Sviluppo rurale del Parlamento europeo dell’11 gennaio scorso, che tentava di attenuare l’impatto negativo delle concessioni dalla Tunisia per il comparto oleicolo. E’ opportuno, che decisioni così strategiche siano adottate solo in seguito a valutazioni oggettive dell’impatto economico che generano sugli operatori europei.
Ora la parola sul dossier olio tunisino passa all’Assemblea plenaria dell’Europarlamento che dovrà esprimere il proprio parere definitivo sulla proposta della Commissione Europea che inizialmente riguardava il via libera a 70.000 tonnellate a dazio zero, poi dimezzate in commissione Agricoltura.
Sul deliberato cerca di metterci una pezza Paolo De Castro, coordinatore per il gruppo dei socialisti e democratici della commissione agricoltura e sviluppo rurale dell’Europarlamento: «nei prossimi giorni avvieremo l’iter per presentare un emendamento che ci permetta di portare in aula il parere della commissione agricoltura che depotenzia le misure previste dalla proposta dell’esecutivo Ue approvata ieri dalla commissione commercio estero del Parlamento europeo. Nell’emendamento che predisporremo e porteremo in plenaria – prosegue De Castro – oltre a una valutazione di impatto che la commissione Ue dovrà fare, chiederemo il dimezzamento del contingente (35.000 tonnellate nel 2016 e la possibilità, nel 2017, di utilizzare eventuale parte non utilizzata da anno precedente), l’introduzione di licenze di importazione mensili da gennaio a ottobre per non competere con la nostra produzione di extra-vergine e la possibilità di sospendere l’intervento qualora si verifichino distorsioni sui mercati. Correttivi importanti rispetto alla proposta iniziale della commissione Ue – ha concluso De Castro – che potrebbero ridurre in maniera significativa gli impatti negativi di questo provvedimento sul settore olivicolo dei paesi del sud Europa».
Intanto, la polemica politica si è scatenata. «Oggi muore il “Made in Italy”. E con lui il “Made in Veneto”» dichiarano i consiglieri regionali veneti del M5S Simone Scarabel ed Erika Baldin, che in una nota spiegano che con i voti favorevoli di Alessia Mosca (Pd), Goffredo Bettini (Pd) e dei gruppi Ppe, S&D e Alde che ha avvallato la decisione ora incriminata. «Un aumento del 40% di importazione di olio – ribadiscono i due esponenti pentastellati – che distruggerà la produzione olivicola italiana, con danni enormi anche per la “nicchia” di grande qualità e spessore che il Veneto ha saputo ricavarsi grazie a molti anni di duro lavoro. Si tratta di uno schema suicida per l’economia del Sud Europa, così come dimostrato dai precedenti accordi con il Marocco, che hanno contribuito a distruggere la produzione di arance nel Sud Italia e causato indirettamente tensioni sociali, come quelle vissute a Rosarno. Dietro l’invasione dell’olio tunisino ci sono precisi interessi economici in gioco: l’obiettivo è quello di affossare i piccoli e medi produttori, mentre ai grandi viene data la possibilità di comprare a prezzo stracciato l’olio extraeuropeo per poi spacciarlo “Made in Italy”, come in passato già dimostrato dalle inchieste della magistratura».
Per i parlamentari PD Colomba Mongiello, vicepresidente commissione Contraffazione e Dario Ginefra, commissione Attività produttive, «incrementare la quota di olio tunisino a dazio zero nell’area UE è un errore, perché incrementa seriamente il rischio di contraffazione del prodotto “Made in Italy” e di frode dei consumatori. Aver ottenuto il dimezzamento della quantità di prodotto, da 70.000 a 35.000 tonnellate di quota aggiuntiva, riduce e non elimina questo profilo critico, evidentemente sottovalutato anche dagli europarlamentari del PD della Commissione Commercio internazionale. Comprendiamo le ragioni di solidarietà, politica ed economica, che hanno indotto l’UE ad adottare questa strategia, ma non possono essere gli olivicoltori italiani, già provati dalle crisi di mercato e dalle emergenze fitosanitarie, a pagarne le eventuali conseguenze negative. Il sistema dei controlli, a qualunque livello, deve migliorare l’efficienza e l’efficacia della sua azione, per scongiurare il ripetersi di truffe come quelle fatte emergere dalla magistratura barese».