Tasse: con la pressione fiscale spagnola in Italia si pagherebbero 45 miliardi di euro in meno

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Studio di ImpresaLavoro sulla tassazione delle economie occidentali avanzate. L’Italia esce fortemente penalizzata e poco attrattiva

 

dichiarazione redditi 730 tasseSe in Italia la pressione fiscale fosse agli stessi livelli delle altre economie occidentali avanzate (esclusa la Francia), i contribuenti italiani nel 2016 pagherebbero molte decine di miliardi in meno di tasse. È questo il risultato di uno studio di ImpresaLavoro realizzato utilizzando i dati di Ocse, Def e Legge di Stabilità relativi alle previsioni sull’andamento della pressione fiscale per l’anno appena cominciato.

In Italia, anche al netto delle clausole di salvaguardia e del bonus 80 euro per il 2016, la pressione fiscale prevista dal documento di programmazione economica e finanziaria del Governo Renzi è pari al 42,6% del Pil. Una percentuale che, anche se in trascurabile calo rispetto all’anno appena trascorso, resta decisamente superiore a quella prevista per gran parte delle economie avanzate con l’eccezione della sola Francia, in cui livello di tassazione è leggermente superiore a quello italiano.

La differenza del carico fiscale nel confronto con gli altri paesi, che oscilla tra il 3,2% rispetto alla Germania e il 14,8% rispetto agli Stati Uniti d’America, corrisponde – in valore assoluto – a molte decine di miliardi di euro. Più in dettaglio, se il livello di pressione fiscale in Italia fosse identico a quello tedesco, i contribuenti italiani pagherebbero 54,61 miliardi di tasse in meno. Meglio ancora se s’importasse il livello di pressione fiscale britannico con cui gli italiani verserebbero al Fisco 138,81 miliardi di euro in meno, che diventano 145,23 miliardi se ci allineasse alla pressione fiscale spagnola. Ancora più elevato il gap rispetto ai paesi extra-europei: 187,62 miliardi rispetto al Giappone; 195,81 miliardi rispetto al Canada; addirittura 248,62 miliardi di euro se si applicasse al Pil italiano lo stesso livello di pressione fiscale degli Stati Uniti. Ovvio che con questi differenziali la competitività e l’attrattività del sistema Italia ne esca fortemente penalizzata, nonostante l’indiscussa capacità di competere delle imprese del Belpaese.

Considerando l’intera popolazione residente in Italia (inclusi i bambini), se nel paese ci fosse il livello di pressione fiscale della Germania tutti avrebbero 898 euro all’anno in più nel proprio portafoglio. Una somma che crescerebbe fino a raggiungere i 2.283 euro con il livello di pressione fiscale britannico, i 2.389 euro con il livello spagnolo, i 3.086 euro con il livello giapponese, i 3.221 con il livello canadese, toccando infine i 4.089 euro all’anno se in Italia la pressione fiscale fosse uguale a quella statunitense.

«Queste cifre – commenta il presidente di ImpresaLavoro, Massimo Blasoni – testimoniano, se ce ne fosse ancora bisogno, come la pressione fiscale nel nostro paese rimanga il problema centrale. Le previsioni del governo segnalano una timida inversione di tendenza e una pressione fiscale in leggerissima discesa. Tuttavia la comparazione rispetto alle altre grandi economie occidentali dimostra che la strada da fare è ancora lunga. E che non sarà possibile arrivare a livelli di normalità “occidentale” senza affrontare, radicalmente, la questione relativa alla dimensione della nostra spesa pubblica e alla conseguente riduzione del perimetro dello Stato. Senza una “spending review” coraggiosa e non solo annunciata saremo costretti ad accontentarci di riduzioni fiscali del tutto irrilevanti, ben comprendendo che sui conti degli anni futuri pesano ancora le incognite delle clausole di salvaguardia, e quindi di nuove tasse e nuove imposte».

E’ troppo chiedere al premier Matteo Rensi di pensare meno ai gufi e più ai fatti (che mancano) della sua azione di governo del Paese? Due anni di governo rischiano di passare senza risultati tangibili.impresa lavoro tasse paesi