Sul podio il maestro Jan Latham-Koenig per un programma che va dal Barocco al Novecento
Sabato 21 novembre (ore 20.30) e domenica 22 novembre (ore 17.00) il terzo concerto in programma della Stagione sinfonica della Fondazione Arena di Verona al Teatro Ristori vede salire sul podio il maestro Jan Latham-Koenig per un programma che va dal Barocco al Novecento.
Apre la Sinfonia in si minore D. 759 “Incompiuta” di Franz Schubert, seguita dall’aria Gelido in ogni vena dal “Farnace” di Antonio Vivaldi e L’angue offeso mai riposa dal “Giulio Cesare” di Georg Friedrich Händel, per concludere con il Gloria di Francis Poulenc. Protagoniste le voci del Controtenore Kacper Szelazek e del Soprano Francesca Sassu.
Sinfonia tra le più conosciute di Schubert, la “Unvollendete” (Incompiuta) risulta orchestrata dal compositore solo nei primi due movimenti, mentre il terzo resta solo abbozzato. Nonostante la sua incompiutezza, resta fra le più alte sinfonie schubertiane, espressione di una maturità artistica che anticipa già le sonorità del Romanticismo. La ascolteremo eseguita dall’Orchestra areniana guidata dalla bacchetta del maestro Jan Latham-Koenig, insignito lo scorso anno come Miglior Direttore d’Orchestra al Russian Golden Mask Award.
Seguono, quindi, due arie barocche in cui spicca l’abilità vocale di Kacper Szelazek, controtenore polacco che nel suo repertorio conta già numerosi ruoli ed incisioni prestigiose: Gelido in ogni vena e L’angue offeso mai riposa. La prima appartiene al Farnace di Vivaldi, partitura operistica dallo strumentale molto elaborato, che presenta straordinari virtuosismi canori ma anche profonde intensità nelle arie patetiche; la seconda aria barocca viene dal Giulio Cesare, considerata tra le migliori opere composte da Händel soprattutto per la forza drammatica e apprezzata per la grandiosa orchestrazione arricchita da una raffinata scrittura vocale.
Il programma si conclude con il “Gloria” di Poulenc, in cui la voce sopranile di Francesca Sassu dialoga con il Coro areniano. Appartenente al Gruppo dei Sei, Poulenc si distingue dai suoi compagni per la predilezione per la melodia vocale e la fama di più grande compositore di musica sacra del Novecento. Del suo repertorio sacro, il Gloria è emblematico di quella fede semplice vissuta da Poulenc, al pari di quella di un “curato di campagna” come sosteneva il compositore stesso: per il “Gloria”, infatti, Poulenc si ispira sia all’arte religiosa colorata e vivace rappresentata dagli “Angeli Cantori” di Benozzo Gozzoli, dipinti a Firenze nella Cappella dei Magi di Palazzo Medici Riccardi, sia ai frati benedettini visti dal musicista stesso giocare a pallone.