Aziende costrette a riassumere o licenziare, lavoratori senza indennità. Confcommercio Veneto lancia l’allarme e scrive ai parlamentari
Ammortizzatori sociali con doccia fredda sulle imprese e i lavoratori che contavano sulla misura della sospensione del lavoro con l’utilizzo dell’indennità Aspi. Una misura i cui termini sarebbero scaduti a fine dicembre, ma che un decreto legislativo del Governo ha cancellato a partire da settembre, anticipandone il termine e mettendo le imprese di fronte a un doloroso bivio: riassumere i lavoratori o licenziarli.
La denuncia arriva da Confcommercio Veneto che, assieme ai sindacati Filcams CGIL, Fisascat CISL e UILTUCS, ha scritto ai parlamentari del Veneto chiedendo che almeno gli accordi già sottoscritti alla data di emanazione del decreto (23 settembre 2015) siano garantite la copertura e la validità sino alla loro naturale scadenza. Confcommercio Veneto, assieme ai sindacati di categoria, chiede inoltre che le aziende e i sistemi bilaterali possano fruire della norma che prevedeva la sospensione come ammortizzatore sociale fino alla scadenza naturale prevista al 31 dicembre 2015.
«C’erano già aziende che avevano stipulato accordi, avevano una copertura prevista dalla Finanziaria fino al 31 dicembre 2015 – spiega il presidente di Confcommercio Veneto Massimo Zanon -. A settembre è arrivato il decreto di riordino degli ammortizzatori sociali, e lo strumento della sospensione, che per le nostre aziende era importantissimo, è stato abbandonato di punto in bianco».
In Veneto, nel settore del commercio, del turismo e dei servizi, erano interessate circa 60 aziende, per un totale di circa 600 lavoratori, che per tutto il 2015 contavano sulla misura della sospensione. Misura che in sostanza prevedeva l’interruzione temporanea dal lavoro degli impiegati in caso di difficoltà o calo del lavoro temporaneo dell’azienda, con un’indennità al lavoratore stanziata in parte dall’Inps (attraverso l’indennità Aspi), integrata nella misura del 20% dall’Ente bilaterale.
«Il decreto di settembre interviene su accordi già sottoscritti e su una norma che comunque prevedeva una copertura finanziaria prestabilita sul territorio nazionale pari a 20 milioni di euro – recita la lettera inviata ai parlamentari -. Ora i lavoratori interessati da una sospensione dell’attività, per i quali era già stata attivata la misura stabilita dalla legge del 2012, non riceveranno più alcun sostegno al reddito per le giornate successive al 23 settembre, e non potranno più accedere al trattamento in tutti i casi in cui la sospensione dell’attività di lavoro sia successiva alla stessa data».
I firmatari della lettera contano sull’immediato ripristino dello strumento della sospensione pena gravi danni alle imprese e alle famiglie dei loro dipendenti.