Renzi a Cragnacco inaugura nuovo macchinario dell’acciaieria ABS (Gruppo Danieli)

0
1228
renzi a udine stabilimento danieli
A Udine tappa del tourr “100 teatri” per spiegare la politica del Governo

 

renzi a udine stabilimento danieliRenzi ha chiuso a Cragnacco e a Udine la sua “due giorni” nel NordEst. A Cragnacco è intervenuto all’inaugurazione del modernissimo impianto “rotoforgia” nell’acciaieria Abs del Gruppo Danieli, dove ha decantato le capacità imprenditoriali e «rivolte al futuro» che in Veneto e Friuli Venezia Giulia sicuramente producono esempi di eccellenza e di successo di livello internazionale. Come il Gruppo Danieli di Buttrio, specializzato nella costruzione e gestione di acciaierie a livello mondiale, la cui convention degli azionisti ha ospitato il presidente del Consiglio, forte di una presenza sui mercati esteri del 98% della produzione.

«Molto più del 28% dell’Italia – ha chiosato Renzi – ma anche del 40% della Germania». 

Il NordEst che tanto piace a Renzi ha però anche le sue tensioni e le sue spinte a «far da sé» senza aspettare il resto dell’Italia, di cui soffre pastoie burocratiche e ritardi nelle riforme. Senza contare i timori di un «neocentralismo» mal vissuti soprattutto in Friuli Venezia Giulia, che teme di vedersi scippata dalle riforme in corso quell’Autonomia su cui basa la sua prosperità. 

La nuova “rotoforgia”, impianto unico e innovativo destinato ad ampliare l’offerta dell’acciaieria friulana, è destinato a realizzare un prodotto che rappresenta l’evoluzione e l’unione delle due classiche tecniche di deformazione a caldo per acciai speciali: laminazione e forgia. Alla cerimonia erano presenti, tra gli altri, i vertici di ABS, con la presidente Carla de Colle e l’amministratore delegato, Alessandro Trivillin, e del Gruppo Danieli, con il presidente e amministratore delegato Giampietro Benedetti, e il vicepresidente della Regione, Sergio Bolzonello. 

Il taglio del nastro della nuova “rotoforgia”, frutto di un investimento di 200 milioni di euro, ha fatto seguito alla presentazione, a Buttrio, del risultati di bilancio 2014-2015 di Danieli. La cerimonia è stata accompagnata dalle note degli inni d’Europa, d’Italia e del Friuli, eseguite dal vivo dalla Brass Band. Dopo la messa in funzione, il nuovo impianto (i cui prodotti saranno destinati ai mercati della grande meccanica, del movimento terra, della camionistica e del comparto energetico) è stato benedetto dall’arcivescovo di Udine Andrea Bruno Mazzocato.

Gratitudine è il sentimento che Renzi ha voluto manifestare, assieme alla presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, durante la visita istituzionale partecipando alla presentazione del bilancio 2014-15 del Gruppo Danieli, società leader mondiale nella produzione di impianti siderurgici. Oggi con i dati che indicano una ripresa per l’Italia, sottolineata dal premier, Renzi ha ringraziato chi non si è mai fermato e, in questo senso, ha omaggiato la professionalità delle donne e degli uomini del Gruppo Danieli che ha incontrato nel mondo, in qualità di presidente del Consiglio e che «ci rendono orgogliosi per capacità di innovazione, nella risoluzione dei problemi e nelle relazioni con i governi locali».

A margine dell’intervento del premier, Serracchiani ha dichiarato che «l’azione del Governo, con i provvedimenti per il lavoro e le imprese tra gli altri, stanno mostrando i loro effetti positivi anche in Friuli Venezia Giulia. Le parole del premier Renzi a rimboccarsi le maniche e a costruire il futuro sono rivolte a tutto il Paese, ma trovano nella nostra Regione un terreno particolarmente ricettivo e fertile. Danieli in questo senso rappresenta una realtà esemplare ed è giusto dire grazie a questo gruppo, come a tutte quelle piccole e medie imprese che non si sono mai fermate, nemmeno nei momenti più difficili. L’invito a un’alleanza tra istituzioni e realtà produttive lanciato dall’ingegner Benedetti ha un senso profondo che noi, come Amministrazione regionale, intendiamo ascoltare con grande attenzione».

Un intervento quello di Gianpietro Bendetti, presidente e amministratore delegato del gruppo, con cui ha espresso anche fiducia nell’azione del Governo «perché sta dimostrando di avere una visione di sviluppo del Paese, energia e coraggio» e ha rilevato come proprio dalla speranza che il Paese deve recuperare nascano coraggio e fiducia». Benedetti nel ha anche ricordato come «la più grande difficoltà non è persuadere la gente ad accettare le nuove idee ma persuaderla a cambiare le vecchie».

Fra i dati di bilancio forniti dalla società emergono, fra gli altri, i ricavi per 2.765 milioni di euro, il margine operativo di 250 milioni di euro, l’utile netto di 161 milioni di euro e un numero di occupati che si attesta a 10.954 unità. Il portafoglio ordini registra, invece, oltre 3.000 milioni di euro. 

Qualche contestazione dei “friulanisti” ha accolto il leader Pd al suon arrivo a Udine, qualche contestatore si è spinto fin dentro il teatro, rintuzzato con una battuta da Renzi. Un pericolo, quello del neocentralismo, che la presidente regionale e “numero due” del Pd, Debora Serracchiani, ha voluto fugare nel suo intervento a Udine: «così come siamo stati un modello nei momenti più difficili di questo Paese e di questa terra, vogliamo continuare ad esserlo – ha sottolineato – esercitando quotidianamente la nostra specialità», rimarcando piuttosto che le parole di Renzi «a rimboccarsi le maniche e a costruire il futuro sono rivolte a tutto il Paese, ma trovano nella nostra Regione un terreno particolarmente ricettivo e fertile».

«Non siamo speciali soltanto a parole o solo evocando una storia che è importante, ma che è ormai storia, ma vogliamo esserlo tutti i giorni» ha ribadito la Serracchiani introducendo l’intervento di Matteo Renzi nel capoluogo friulano. «Così come siamo stati un modello nei momenti più difficili di questo Paese e di questa terra, vogliamo continuare ad esserlo – ha aggiunto – esercitando quotidianamente la nostra specialità. Ecco perché andiamo avanti spediti sul terreno delle riforme: riforme che potremmo in teoria guardare da lontano e che invece abbiamo scelto di fare per primi. Vogliamo che la specialità insegni al Paese che cosa significhi essere una regione che guarda negli occhi le crisi e che tenta di superarle con tutte le sue forze».

«Né di destra, né di sinistra. Abbassare le tasse è giusto». Matteo Renzi prova a porre termine al dibattito, a suo parere “surreale” oltre che “ideologico”, che tiene banco dopo il via libera alla legge di stabilità. Togliere la tassa sulla prima casa a tutti, anche ai ricchi, è “di destra”, protesta a una voce la minoranza Pd, che attende solo il testo per definire il pacchetto di emendamenti su cui dare battaglia. E c’è già chi, come Alfredo D’Attorre, si dice pronto anche a uscire dal Pd, per non avallare una “mutazione genetica del partito”. 

Ma dal Friuli Venezia Giulia il premier accusa la “fazione” della sinistra Dem di usare la stabilità per attaccare lui: «anche tra noi c’è chi rema contro – scandisce – perché vuole solo contestare chi guida la barca». Al teatro Giovanni di Udine va in scena una nuova tappa del suo tour dei cento teatri. L’obiettivo, spiega, è non solo raccontare quello che il governo sta facendo, ma anche «chiedere a tutti una mano». Perché «siamo in un momento delicato: il mondo sta un po’ arrancando ma l’Italia è ripartita» e il Pil, «in barba ai gufi», è tornato al segno più. Non si può sprecare l’occasione. Perciò «da qui a fine anno», lungo tutto il percorso parlamentare della legge di stabilità, serve «un patto con tutti», a partire dalla minoranza Pd. Tenere «ciascuno per sé» i suoi pensieri e le sue posizioni ideologiche e, «di fronte a obiettivi condivisi, mettere al centro il bene del Paese». Il che vuol dire, mentre «si combatte l’evasione con i nuovi mezzi telematici», anche abbassare le imposte cancellando la tassa sulla prima casa per tutti, perché «significa restituire fiducia agli italiani» e aiutare l’edilizia e i consumi. La minoranza Pd lo accusa di decidere tutto da solo. Silvio Berlusconi lo descrive come l’uomo solo al comando. Al contrario, replica il premier, «la sfida la vinciamo insieme. Ma so quali sono le mie responsabilità e non ho paura: vado avanti come un treno. Posso perdere le elezioni – scandisce – ma non la faccia». Poi guarda in platea e scherza: «Serracchiani, non preoccuparti, le vinciamo». 

Ma dall’interno del Pd viene il primo ostacolo alla legge di stabilità appena varata. Perciò il segretario-premier, senza mai citare Bersani o Cuperlo, Speranza o D’Attorre, è innanzitutto a loro che si rivolge quando invita a porre termine allo «scontro distruttivo tra fazioni» per guardare al bene comune e mettere «prima di tutto l’Italia». Ma l’argomento non convince la sinistra Dem. Con accenti diversi, i deputati e senatori della minoranza segnalano alcuni punti critici della legge di stabilità: l’innalzamento del limite al contante, il rinvio dell’intervento sulle pensioni, l’esiguità delle risorse su povertà e sud, il taglio alla sanità. E naturalmente la cancellazione della Tasi per tutti, che fa storcere il naso anche a quel pezzo di maggioranza Dem che viene da sinistra, a partire dai Giovani turchi. «Abbassare le tasse è giusto ma si può fare in un modo di sinistra e in un modo di destra. Quello di sinistra è partire da chi è in maggiore difficoltà, non da chi ha un attico in centro», osserva Roberto Speranza. E Miguel Gotor, che fa parte della “pattuglia” di 25 senatori di minoranza, ricorda che il criterio di progressività c’è nella Costituzione e nel Vangelo. E’ prematuro, replicano dalla maggioranza Dem, valutare se ci siano margini per tenere la tassa sulla prima casa sui castelli e le ville più lussuose, ma la legge di Stabilità «è di sinistra e si va avanti». 

Sulla manovra, si osserva, «nessuno potrà invocare voto di coscienza». Quindi chi votasse contro, come ha intenzione di fare Alfredo D’Attorre, si porrebbe fuori dal partito. Il bersaniano non sarebbe l’unico parlamentare tentato dall’addio, confermano più fonti. Ma i più restano convinti che la battaglia vada fatta dentro il partito e Speranza esclude la scissione: «non esco neanche con le cannonate». Intanto alza la voce l’opposizione. «La legge di stabilità è iniqua, Renzi scavalca a destra Berlusconi», dichiara Sel. E Forza Italia, con Renato Brunetta, denuncia con insistenza l’assenza di un testo. Stanno a guardare per ora i verdiniani, che si sono già detti pronti a votare alcune misure. Al dunque, potrebbero votare la fiducia entrando in maggioranza. Ma è uno scenario, affermano dalla maggioranza Pd, che si cerca di evitare.renzi a udine