Doppio Cd inciso in solitudine pubblicato da Ponderosa Music&Art
di Giovanni Greto
Quasi un anno fa, nella notte fra venerdì 31 ottobre e sabato 1 novembre, si spegneva il pianista Renato Sellani. “Glad There Is You”, un doppio CD inciso in solitudine nei mesi di aprile e maggio per l’etichetta italiana “Ponderosa Music&Art” appare come un congedarsi in punta di piedi da parte di un musicista assai popolare negli anni ’60, per le sue apparizioni al fianco di Mina negli indimenticabili varietà del sabato sera, quando l’accensione del televisore, ancora in bianco e nero, aveva anche un significato rituale, quello di confermare l’unità della famiglia.
Dotato di un tocco elegante, improvvisatore inesauribile, Sellani interpreta ogni pezzo tutte le volte in maniera diversa, mantenendo sempre l’amore per lo swing e per la melodia. E riesce ad evitare le insidie della sdolcinatezza, del troppo zucchero nel caffè, che allontana dal gusto originale, e che nella musica infastidisce l’ascolto. Ciò che risalta immediato è il suo essere confidenziale, quasi ad indirizzare il fruitore del suo pianismo a mettersi comodo, a non pensare alle preoccupazioni quotidiane, per lasciarsi avvolgere dalle diverse situazioni musicali.
Il primo CD, dedicato alla canzone italiana, contiene anche sette composizioni, su un totale di diciassette, di Sellani, quattro scritte in coppia con Giulio Libano, tre interamente da solo, due delle quali “Autoritratto” e “Patetico” aprono e chiudono il disco. Tra esse, alcune venate da una sensazione di malinconia notturna, quando ci si lascia andare a pensare al significato dell’esistenza, come nel caso di “Doce doce” di Fred Buongusto, figurano vecchie canzoni d’autore, come “E la chiamano estate” di Bruno Martino, “Io che amo solo te” di Sergio Endrigo, “Volare” di Domenico Modugno, “Roma nun fa la stupida” del trinomio Garinei/Giovannini/Trovajoli, immortali pagine di un brillante canzoniere italiano. Fra queste, forse la più struggente è quella di Endrigo, doveroso omaggio ad un autore ingiustamente poco considerato.
Le quattordici tracce del secondo disco propongono standard jazzistici americani, due canzoni francesi (“Ne me quitte pas” di Jacques Brel, “Que reste-t-il de nos amour” di Charles Trenet, rivisitata, quest’ultima, da musicisti famosi come Enrico Rava o Richard Galliano). Il brano conclusivo, “Pavane”, a sorpresa, è una composizione del musicista classico francese Gabriel Faurè (1845-1924), quasi a voler dimostrare che non esistono confini od etichette nella musica, a patto che sia di qualità. Lo standard che apre il secondo CD e che dà il titolo all’album è forse stato scelto da Sellani per ricordare i suoi trascorsi con Sarah Vaughan. La grande cantante soleva dedicarla al pianista, prima di interpretarla, unendo, in virtù del titolo, un affettuoso ringraziamento: “I’m glad there is you” (“sono contenta che tu ci sia” e quindi “di suonare ancora una volta insieme a te”).
La durata complessiva, che sfiora le due ore, potrebbe sembrare eccessiva: non è così. Sellani è infatti un pianista da scoprire piano piano, perché ad ogni ascolto l’attenzione si sposta su qualche particolare che la volta precedente ci era sfuggito. Come dovrebbe succedere sempre, perché la musica è anche una scoperta graduale.
Un’ultima annotazione. Nel contenitore del CD, cartonato, c’è una foto di Sellani nell’atto di accendersi una sigaretta. Una debolezza, la sua, per il fumo, che fortunatamente, non ha accorciato la sua esistenza. Se n’è andato ad 88 anni, due settimane dopo la sua ultima apparizione dal vivo per un concerto in occasione della presentazione di quest’album al Piccolo Teatro Studio di Milano, la città in cui si era trasferito nel 1958 dalla nativa Senigallia.