“Dieselgate” Volkswagen, indagini della Guardi di Finanza a Verona e nelle sedi di Lamborghini a Sant’Agata Bolognese e Ducati

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Inquisiti il presidente della filiale italiana Luca De Meo che l’amministratore delegato Massimo Nordio

 

Logo VW 3D 300dpiLo scandalo “Dieselgate” relativo alle centraline “truccate” dei motori TDI 1.6 e 2.0 prodotti da Volkswagen omologati Euro5 si allarga anche all’Italia con le indagini condotte dalla Procura di Verona e con le perquisizioni effettuate dalla Guardia di Finanza nelle sedi italiane del gruppo tedesco, con il presidente del consiglio di amministrazione di Volkswagen Italia Luca De Meo e l’amministratore delegato e direttore generale Massimo Nordio tra gli indagati.

Volkswagen Group Italia, filiale italiana del colosso automobilistico tedesco, importatrice dei marchi Volkswagen, Audi, Seat, Skoda e Volkswagen Veicoli Commerciali, ha un giro d’affari di 3,7 miliardi di euro nel 2014 ed occupa circa 900 dipendenti nella sede di Verona, accanto al Quadrante Europa, in via Gumpert, strada dedicata al fondatore di Autogerma, che nel dopoguerra iniziò l’importazione in Italia dei veicoli della Casa germanica. E’ lì che si sono presentati i militari della Guardia di Finanza per una lunga perquisizione, disposta dalla Procura della Repubblica di Verona in seguito ad un esposto presentato da un’associazione di tutela dei consumatori, nel quale si ipotizza il reato di frode in commercio.
Secondo quanto si è appreso, la perquisizione è mirata all’acquisizione di documenti riguardanti la vicenda delle emissioni “truccate” sui motori diesel EU5 Tipo EA 189. Le auto in Italia sulle quali sarebbe stata montata la centralina elettronica che alterava i valori delle emissioni dei gas di scarico sarebbero 645.000, interessate quindi da un “richiamo” per manutenzione straordinaria da parte del Gruppo Vw: si tratta di oltre 361.000 modelli Volkswagen, 197.000 Audi, 35.000 Seat, quasi 39.000 Skoda e 15.000 Volkswagen Veicoli Commerciali. A Verona non si produce nulla, hanno sede gli uffici commerciali e finanziari ed il magazzino, che con la distribuzione e vendita dei pezzi di ricambio a officine, concessionarie e rivenditori rappresenta una parte cospicua del fatturato. Volkswagen Group lo scorso anno ha consegnato 181.000 veicoli e secondo le stime di Confindustria nell’indotto sono coinvolti 12.000 addetti.
La Guardia di Finanza ha effettuato perquisizioni anche nelle sedi di Lamborghini a Sant’Agata Bolognese e in quella della Ducati dove si producono le moto.
Preoccupate le reazioni da parte del mondo del lavoro e dell’indotto. La preoccupazione è presente, ma tra i lavoratori c’è la convinzione che la casa automobilistica tedesca è azienda “illuminata” e contano di non subire il contraccolpo dovuto allo scandalo legato al “Dieselgate”. A fare il punto è il segretario veronese della Filcams Floriano Zanoni, secondo il quale «questa vicenda è stata una sorpresa perché per noi Volkswagen è un’azienda seria che si è sempre comportata in modo corretto con i dipendenti». «La vicenda ci ha scombussolato – aggiunge – e per questo siamo in attesa di un incontro con i vertici dell’azienda». Sugli scenari futuri, Zanoni dice che «non sappiamo cosa potrà accadere alla rete commerciale che copriamo di certo nulla sul fronte della produzione perché da noi non si fanno auto. Ci preoccupano le sanzioni per un eventuale ricaduta sugli addetti – conclude – ma l’azienda è sempre stata corretta con il personale quindi confidiamo che non ci siano ricadute sul fronte occupazionale».
Per il segretario della Fiom dell’Emilia-Romagna, Bruno Papignani, «il fatto che gli investimenti, soprattutto sul Suv Urus, siano confermati è assodato. E non ci sono cose che ci fanno pensare il contrario per la Ducati. Certo, la preoccupazione c’è sempre. Ma non tanto su quello che è già stato deciso», quanto sul futuro più lontano, «su quello che dovrà forse avvenire».
Preoccupazioni anche sul lato dell’indotto: secondo Moreno Zuin, titolare di “Modelleria Zuin srl” che progetta e realizza i prototipi dei pezzi che poi andranno a finire nelle macchine Volkswagen, altissima tecnologia a Cadoneghe, tra Padova e Venezia, un distretto industriale che da sempre produce per la vicina Germania, se Volkswagen diminuisce la produzione «potrebbe essere la fine di tante aziende, come la nostra. Aziende che sono l’anima della filiera industriale. Ci fermiamo noi che siamo all’inizio delle filiera, ma poi si bloccano di conseguenza le fonderie e non lavorano più le officine meccaniche». Stesse preoccupazioni per la ditta “Vema” di Graziano Faggin di San Stino di Livenza, specializzata nello stampaggio delle lamiere. «Noi produciamo cerniere che andranno inserite nel cofano posteriore delle auto – ha sottolineato Veggian. – In questo momento guardiamo al mercato tedesco con un occhio di riguardo. Nel caso di un calo dovremo per forza cercare di spostarci verso altri mercati, come la Russia o il Medio Oriente».
Chi invece esulta per l’inchiesta aperta dalla Procura di Verona è il Codacons, dalla cui denuncia è partita l’indagine: «è stata accolta in pieno la nostra istanza. Solo pochi giorni fa avevamo chiesto di disporre perquisizioni a tappeto nelle sedi italiane di Volkswagen e presso le abitazioni private di dipendenti e manager, allo scopo di acquisire documentazione circa lo scandalo delle emissioni falsificate, al pari di quanto disposto dalla magistratura tedesca. La nostra ipotesi – spiega l’associazione – era proprio quella di una possibile frode in commercio a danno dei consumatori, per la quale ci siamo rivolti alla magistratura e all’Antitrust. Se dalle indagini della Procura di Verona dovessero emergere illeciti, si rafforzerebbe ancor di più la class action avviata dal Codacons dinanzi al Tribunale di Venezia, che al momento registra la pre-adesione di oltre 12.000 automobilisti», conclude il presidente Carlo Rienzi.