“Dieselgate” Volkswagen: secondo Avvenia le emissioni dei motori a gasolio di tutte le marche sono superiori ai limiti

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Jaguar 2005 S Type 2.7D SpaccatoMotoreGasScarico
Campaniello: «in media le emissioni effettive su strada sono di cinque volte oltre il consentito»

 

Jaguar 2005 S Type 2.7D SpaccatoMotoreGasScarico Lo scandalo Volkswagen circa le emissioni taroccate del proprio motore diesel 2.0 Tdi negli Stati Uniti apre di fatto una sorta di vaso di Pandora dell’inquinamento provocato dai propulsori a gasolio che avrebbero emissioni nell’uso normale su strada mediamente cinque volte al limite consentito.

Anche il fatto che l’Europa abbia puntato con decisione sui motori diesel per limitre l’inquinamento da CO2 di fatto ha aperto la porta ad incrementi di altre tipologie di inquinanti, ad iniziare dagli ossidi di azoto (NOx) e polveri sottili (particolato da Pm10 e Pm2) rispetto ai motori a benzina e metano. Fino a metà degli anni ’90, infatti, si trattava di un mercato di nicchia, che costituiva meno del 10% del parco auto europeo. I veicoli diesel producono il 15% in meno di CO2 rispetto ai benzina, ma emettono quattro volte più biossido di azoto (NOx) e 22 volte più particolato. Dopo la firma del Protocollo di Kyoto, nel 1997, la maggior parte dei Paesi ricchi è stata obbligata per legge a ridurre le emissioni di CO2 in media dell’8% in 15 anni. Le case automobilistiche giapponesi e americane hanno puntato sulla ricerca nel settore dell’ibrido e dell’elettrico, ma la Commissione europea ha ceduto alla lobby delle major tedesche BMW, Volkswagen e Daimler, decidendo di incentivare il passaggio al diesel. L’industria dichiarava infatti che questo sarebbe stato il modo più economico e veloce per ridurre le emissioni di carbonio responsabili del cambiamento climatico.

Secondo Avvenia, società italiana che effettua interventi finalizzati al miglioramento dell’efficienza energetica, le auto diesel di nuova generazione producono su strada emissioni di polveri sottili e di ossidi di azoto che superano mediamente di 5 volte il limite consentito. Sebbene i nuovi modelli diesel abbiano superato le prove di laboratorio previste dalle attuali norme di omologazione, per molti di essi si è riscontrato un divario tra i dati di laboratorio e le prestazioni reali, con emissioni da ossidi di azoto che in alcuni casi hanno superato 22 volte il limite consentito. Se i test a norma europea prevedono che l’automobile debba percorrere una distanza su dei rulli a una media di 33 chilometri orari per una durata di circa 20 minuti, non si può escludere – spiega Avvenia – che alcune case produttrici abbiano realizzato motori che effettivamente realizzano emissioni basse alle condizioni previste dalla normativa, ma che poi quando poi si trovino in condizioni di uso normali producano un maggiore livello d’inquinamento. Inoltre, secondo gli esperti di Avvenia, per contenere i risultati sul livello d’inquinamento, le case produttrici non prendono in esame l’energia consumata dall’aria condizionata, oppure implementano una “flessibilità” del 4% che poi deducono dai risultati.

Se nel 2001 per il trasporto privato i dati di laboratorio e quelli su strada differivano di un valore al di sotto del 10%, oggi – afferma Avvenia – il divario supera il 32% e potrebbe sfiorare il 56% entro il 2030 se la tendenza dovesse rimanere invariata. Va riconosciuto che un motore diesel produce mediamente meno CO2 di un motore a benzina di analoga potenza, ma allo stesso tempo emette più polveri sottili e più ossidi di azoto, e quindi complessivamente inquina di più. 

«Certo, i motori diesel hanno fatto progressi in termini di riduzione delle emissioni di CO2 e, consumando mediamente meno di quelli a benzina, emettono meno gas climalteranti responsabili del surriscaldamento del pianeta. Ma le grandi case automobilistiche avrebbero dovuto essere più attente», commenta l’ingegner Giovanni Campaniello, fondatore e amministratore unico di Avvenia. Tra l’altro, quello automobilistico è tra i settori più virtuosi dell’industria italiana da un punto di vista dell’efficientamento energetico. Secondo l’analisi di Avvenia, che ha misurato l’efficientamento sui primi 6 mesi del 2015 in funzione della CO2 evitata, l’industria automobilistica si colloca al secondo posto con una quota del 22%, subito dopo quella siderurgica, in testa con il 39%. «Oggi si è potuto constatare – sottolinea Campaniello – che i grandi sforzi del settore automotive sul lato produzione non si sono riflessi anche sul prodotto e il mondo della mobilità a quattro ruote è sotto scacco. Ma noi preferiamo vedere gli aspetti positivi di questa circostanza, sicuri che questa vicenda possa dare un significativo impulso alla ricerca e allo sviluppo di soluzioni più pulite per l’ambiente ed energeticamente più efficienti per la propulsione dei motori».

Intanto, il “Dieselgate” Volkswagen ha interessato anche la magistratura e la politica. Il procuratore capo di Torni Raffaele Guariniello ha aperto un’inchiesta sulle reali emissioni dei motori a gasolio per verificare che le case automobilistiche rispettino o meno i limiti, mentre il ministro alla salute beatrice Lorenzin ha chiesto approfondimenti sulla reale efficacia sui filtri antiparticolato, sospettati di ridurre sì le emissioni di particolato complessivo, ma di trasformarne la struttura da PM10 a PM2, il particolato fine decisamente pericoloso per i polmoni.

Intanto il 2 ottobre a Venezia, intentata da Altroconsumo contro Volkswagen e Fiat per pubblicità ingannevole. Il gruppo per i diritti dei consumatori italiani ha avviato una class action contro le case automobilistiche dopo aver verificato che il consumo di carburante e le emissioni di CO2 dalla VW Golf 1.6 e della Fiat Panda 1.2 erano fino al 50% superiori rispetto a quanto dichiarato.