Convegno Cna a Bologna su “Manifattura e mercati. Le PMI dopo sette anni di crisi”

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Le PMI sono vitali, ma hanno bisogno di un contesto fatto di minore burocrazia e minore esproprio fiscale

 

manifattura e mercati confronto italia germaniaUna piccola impresa italiana su tre ha reagito alla crisi aggredendola con l’innovazione, in contrasto con la vulgata dominante dei “piccoli” poco innovativi e palla al piede del sistema produttivo nazionale. Lo rileva l’indagine “Manifattura e Mercati. Le Pmi dopo sette anni di crisi”, realizzata da Cna Produzione in collaborazione con il Centro Studi Cna su un campione di circa 800 imprese, per oltre il 70% fino a dieci addetti, per quasi il 24% fino a 20 e presentata in un convegno a Bologna.

Tra il 2008 e il 2014 la crisi ha avuto l’effetto di uno tsunami sull’economia e le imprese italiane. Tra il 2008 e il 2012 (il dato Istat disponibile più recente) questo tsunami ha spazzato via quasi 72.000 imprese. L’impatto della crisi è stato asimmetrico: a pagarne il prezzo più alto l’edilizia e il manifatturiero, che ha lasciato sul terreno il 7,5% delle imprese e visto ridursi il proprio valore aggiunto del 17,5%.

L’onda lunga proveniente da oltre Atlantico nel 2008, va chiarito, non si è impattata sul “paese della cuccagna”: se per il 51% delle imprese coinvolte nella indagine della Cna la crisi ha interrotto un ciclo espansivo, per 27 imprese su cento si è “limitata” ad aggravare una situazione già difficile. Queste ultime sono, in genere, di taglia piccola, non esportano, non hanno seguito la strada della collaborazione tra imprese, in precedenza erano state messe in ginocchio dall’accelerazione del processo di globalizzazione. Per converso, è importante rilevarlo, sul 14% delle imprese la drammatica congiuntura non ha avuto effetti significativi e, in sette casi su cento, ha addirittura generato nuove opportunità: sono imprese relativamente più grandi, che esportano e che hanno scelto la via dell’aggregazione più della media del campione.

Come hanno reagito alla crisi le micro e piccole imprese manifatturiere italiane? Il 67% ha giocato, o è stato costretto a giocare, in difesa: oltre il 50% ha ridotto i costi di produzione, sacrificando gli investimenti, e poco meno del 17% ha cercato di salvaguardare la capacità produttive. Ma un terzo del campione ha preso di petto la congiuntura introducendo nuovi processi di produzione (10,5% delle imprese) oppure offrendo prodotti e servizi originali (22,5%).

La distinzione tra imprese che hanno giocato all’attacco, o in difesa, fa emergere il ruolo degli investimenti quale strumento per superare la crisi. Dalla indagine emerge, infatti, che solo due imprese “difensivistiche” su cento hanno trovato nuove opportunità negli anni della crisi contro il 18 per cento raggiunto tra le imprese che hanno innovato.

L’indagine fa emergere strategie profondamente diverse anche sull’approccio al mercato: il 61% delle imprese interpellate si è posto come imperativo il “primo non prenderle”, caratteristico, per rimanere alla metafora calcistica, del “catenaccio all’italiana”. Le altre, invece, hanno scelto il contropiede: il 25,8% ha puntato all’acquisizione di nuovi clienti e il 13,2% è entrato addirittura in nuovi mercati. 

Nonostante i buoni risultati dalle imprese che appartengono a reti o consorzi, solo il 17,5% della platea ne fa parte. Perché? Le risposte sono variegate: il 43,8% “non ha mai trovato i partner ideali”, il 38,8% “non ne ha bisogno”, l’11,2% è convinto che “la collaborazione formale comporta più vincoli che vantaggi” e il 6,2% non vuole “condividere con altri le conoscenze maturate in anni di attività”, insomma non si fida.

A recessione finita (ma a ripresa ancora gracile) quali sono i fattori negativi da rimuovere per aumentare la capacità competitiva delle imprese? In cima ai “desiderata” delle Pmi compare la diminuzione del carico fiscale, sulle imprese e sul lavoro. La semplificazione amministrativa segue a distanza. Quindi, nell’ordine, il sostegno agli investimenti nell’innovazione, la tutela dei marchi nella valorizzazione del “Made in Italy”, la disponibilità di credito, la presenza di personale qualificato, il sostegno alla innovazione, gli incentivi al consumo, aiuti alla creazione e/o al consolidamento delle reti d’impresa.

Cna Produzione ha presentato un decalogo di strumenti possibili all’attenzione del Governo e della politica italiana ed europea. Ecco i dieci punti in estrema sintesi:

Conferma degli incentivi per l’occupazione nella prossima Legge di Stabilità;

Esclusione dalla base imponibile dell’Irap dei dipendenti con contratto a tempo determinato e di una quota dei profitti realizzati all’estero;

Reintroduzione del “bonus” ammortamenti per gli investimenti in macchinari a uso produttivo;

Conferma e definitiva stabilizzazione sui valori attuali dell’eco-bonus nell’edilizia e dei bonus mobili;

Introduzione del co-finanziamento dei processi di digitalizzazione nelle piccole imprese della manifattura per acquistare macchine a controllo numerico, tagliatrici laser, stampanti 3D e così via;

Riduzione dei costi dell’energia elettrica per le piccole imprese, oggi pesantemente penalizzate rispetto ai grandi utilizzatori industriali;

Sostenere gli investimenti in Ricerca & Sviluppo con crediti di natura fiscale persistendo la stretta creditizia;

Rendere più semplice per le piccole imprese l’accesso agli strumenti comunitari;

Condurre rapidamente a termine i principali negoziati commerciali a livello Ue per ridurre o eliminare le barriere tariffarie e armonizzare gli standard tecnico-normativi;

Rendere uniformi gli ordinamenti giuridici dei diversi Stati europei in materia di Salute & Sicurezza prima di rendere ulteriormente vincolanti e restrittive le norme esistenti.CNA convegno bologna da sx Filippo Taddei resp economia PD Sergio Silvestrini segr gen cna Maurizio Lupi area popolare