Test di basso costo sviluppato dall’Università della Magna Grecia di Catanzaro e Tor Vergata di Roma evidenzia la predisposizione a sviluppare la patologia
E’ possibile prevedere la comparsa del diabete entro i prossimi 5 anni anche nei soggetti finora ritenuti non a rischio utilizzando un esame a basso costo, già eseguito di routine sulle future mamme: il test da carico orale di glucosio. E’ lo scenario aperto da uno studio italiano condotto da Giorgio Sesti, presidente eletto della Società italiana di diabetologia (Sid), insieme ai ricercatori delle università Magna Graecia di Catanzaro e Roma Tor Vergata, e pubblicato sul “Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism” (Jcem), organo ufficiale della Società di endocrinologia americana.
Il lavoro dimostra che è possibile prevedere la comparsa del diabete anche in persone finora ritenute non a rischio di “malattia del sangue dolce”, ma che invece hanno una probabilità quadruplicata di svilupparla. Secondo le ultime stime dell’International Diabetes Federation – riporta la Sid – sono 387 milioni le persone diabetiche nel mondo. Solo in Italia i pazienti diagnosticati sono circa 3 milioni, e un altro milione e mezzo di connazionali sono malati senza saperlo. Al livello internazionale si calcola che una persona su 2 soffra di diabete a sua insaputa. Ma il diabete di tipo 2, soprattutto non diagnosticato o trattato tardivamente, porta a conseguenze molto pesanti: dalla perdita della vista all’amputazione degli arti inferiori, dall’ictus all’infarto, all’insufficienza renale che costringe alla dialisi. Attraverso questo mix di complicanze, il diabete può causare morte precoce, al ritmo di una persona ogni 7 secondi, fino a un totale di 4,9 milioni di decessi nel mondo (dato 2014).
Da qui l’importanza di scoprire in tempo la malattia per poterla affrontare e trattare immediatamente, modificando lo stile di vita, correggendo i fattori di rischio e assumendo se necessario farmaci specifici. Il nuovo studio ha individuato con un semplice test di uso comune una nuova categoria di persone con pre-diabete, i cosiddetti “NGT – con alta glicemia a un’ora”, che presentano un rischio aumentato del 400% di ammalarsi di diabete entro 5 anni. Un esercito finora “invisibile” alle strategie di prevenzione, che merita invece una stretta sorveglianza. Il team guidato da Sesti ha seguito per oltre 5 anni un gruppo di partecipanti allo studio “Catameri”, osservando che « le persone con normale tolleranza glucidica, ma con valori di glicemia maggiori di 155 mg/dl un’ora dopo l’assunzione di una bevanda contenente 75 grammi di glucosio (test da carico orale di glucosio, Ogtt) – spiega l’esperto – hanno un rischio maggiore di sviluppare il diabete mellito di tipo 2 rispetto a quelli con alterata glicemia a digiuno (Ifg – ImpairedFastingGlucose), una condizione considerata a rischio secondo le linee guida internazionali e caratterizzata da un valore di glicemia a digiuno compreso tra 100 e 125 mg/ml».
In particolare, gli “NGT – alti a un’ora” «presentano 2 aspetti patogenetici tipici del diabete 2: riduzione della sensibilità insulinica e ridotta funzione secretoria da parte delle beta cellule pancreatiche». Il rischio diabete in queste persone quadruplica, contro una crescita del 90% dei soggetti con alterata glicemia a digiuno. «L’importanza del nostro studio – sottolinea Sesti – è di aver fatto emergere una condizione di rischio per diabete di tipo 2, in un gruppo di persone considerate a basso rischio secondo le attuali linee guida. L’utilizzo a scopo diagnostico dei valori della glicemia a un’ora dall’assunzione di un carico orale standard di glucosio – ricorda Sesti – è già consolidato per la diagnosi del diabete gestazionale, quello che compare durante una gravidanza e rappresenta una condizione di rischio sia per la gestante che per il feto». Il nuovo studio, prosegue l’esperto, «fa seguito a una serie di altre nostre ricerche che hanno dimostrato come questa condizione di elevata glicemia, un’ora dopo carico standard di glucosio, sia associata a un peggiore profilo di rischio cardiovascolare».
Secondo il presidente della Società italiana di diabetologia, «l’aspetto nella pratica clinica più rilevante è che la misurazione della glicemia un’ora dopo carico orale di glucosio, in aggiunta alle 2 misurazioni che abitualmente si eseguono (glicemia a digiuno e quella a 2 ore), consente di identificare persone a rischio di diabete tipo 2 che sarebbero altrimenti ignorate nel tempo e private di indicazioni utili a modificare lo stile di vita e a prevenire lo sviluppo della malattia. Il tutto con un test ambulatoriale, comunemente eseguito e dai costi assai limitati».
Primo autore del lavoro è Teresa Vanessa Fiorentino, che ha svolto parte della sua attività di ricerca grazie a una borsa di studio per l’estero finanziata dalla Sid. In conclusione, «i risultati di questo studio hanno permesso di individuare una nuova categoria di soggetti ad elevato rischio di diabete negli anni immediatamente a venire, sulla quale concentrare dunque tutti gli sforzi di prevenzione – raccomanda la società scientifica – per ritardare la comparsa di questa condizione o per trattarla adeguatamente sul nascere».