Solo il 9% delle imprese familiari italiane pensa alla successione generazionale

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Treviso. Secondo la ricerca “Up close and professional: the family factor” condotta da PWC nel 2014, il settore delle imprese familiari rappresenta oltre il 70% del prodotto interno lordo mondiale e, nei prossimi 5 anni, il 40% delle imprese famigliari si impegnerà a rendere più organizzata e professionale la propria attività di impresa anche affrontando il passaggio generazionale.

Confrontando la situazione globale con quella italiana, scopriamo che il 65% delle imprese famigliari ha visto crescere il proprio fatturato, mentre in Italia solamente il 52% a fine 2014, mentre nel 2012 era il 60%.

Il principale punto debole delle imprese famigliari non managerializzate riguarda il passaggio generazionale. Sempre dalla ricerca di PWC emerge che, a livello globale, solo il 16% delle imprese afferma di aver già avviato processo di successione, dato che scende al 9% a livello italiano.

“Il passaggio generazionale nell’impresa – Osserva l’avvocato Maria Laura Dalla Giustina, partner UpLex – può essere subìto oppure correttamente pianificato e gestito. Nel secondo caso è il principio dell’autonomia privata che consente, attraverso una serie di strumenti, di pianificarlo per tempo garantendo successo e continuità all’impresa”.

Dal punto di vista degli strumenti, la normativa italiana mette a disposizione una serie di istituti giuridici che possono essere utilizzati, da soli o in modo aggregato, per comporre e gestire il passaggio generazionale dell’impresa. Tra questi ricordiamo le donazioni, il trust, i patti di famiglia, i vincoli di destinazione, il fondo patrimoniale.

“Per realizzare il passaggio generazionale – continua Dalla Giustina – non esiste uno strumento che, in assoluto, si presenta più adeguato di un altro. Il successo dell’operazione dipende dalla corretta valutazione degli obiettivi; la pianificazione è un abito sartoriale che si realizza ad hoc, a seconda dalla peculiarità dell’azienda e del contesto familiare a cui si collega l’impresa e quindi l’imprenditore. Pianificare significa trovare un punto di equilibrio tra due categorie di interessi contrastanti, ma entrambi tutelati dall’ordinamento: l’impresa e l’interesse anche sociale alla sua conservazione da una parte e il diritto di famiglia nel nostro ordinamento, ponendosi spesso come ostacolo alla continuità dell’impresa. Per cui vi saranno situazioni ove è indicata la costituzione di un trust, altri casi in cui si ottiene un risultato, ugualmente idoneo, attraverso una serie di operazioni di tipo societario, o attraverso l’istituto dei patti di famiglia.”

Dalla ricerca citata emerge che a livello globale il 53% dei soggetti intervistati ha pianificato la successione dei ruoli senior in azienda, mentre in Italia il dato scende al 35% questo comporta dei rischi perché “il passaggio del timone dal fondatore o senior alla discendenza – conclude l’avvocato Dalla Giustina – è un aspetto che spesso genera conflitti tra chi dovrà prendere in mano il testimone. Trattandosi di imprese famigliari, infatti, oltre al normale aspetto delle dinamiche relazionali tra i soci, entrano in gioco i legami tra differenti componenti della stessa famiglia, spesso fratelli o cugini, e questo tende ad accrescere la conflittualità. Da questo punto di vista sarebbe auspicabile che le famiglie proprietarie prevedessero delle procedure di gestione dei conflitti interni all’azienda.”

“I conflitti tra soci, specialmente se parenti – aggiunge Raffaella Pasin, dottore commercialista, partner UpLex – trovano una prima forma di prevenzione nello statuto societario che dovrebbe contenere delle clausole di governo del passaggio generazionale, ad esempio di prelazione, continuazione, concentrazione, gradimento e trasferibilità, nel caso del trasferimento di quote, sia esso a causa di morte o per atti tra vivi. “

Un altro aspetto da considerare, nella pianificazione e gestione del passaggio generazionale nell’impresa famigliare, è quello relativo all’impatto fiscale dell’operazione. Attualmente l’Italia è uno dei Paesi UE con l’aliquota più bassa per l’imposta di successione e donazione che varia tra un minimo del 4% ed un massimo dell’8%. In altri Paesi UE come la Francia esiste una aliquota massima del 40%, in Germania addirittura del 50%. Per l’imposta di successione in linea retta In Italia, attualmente, è in vigore una franchigia attualmente di 1 milione di euro, mentre per i fratelli e sorelle è di 100mila euro. È al vaglio del governo l’opportunità di ridurre la franchigia per le successioni in linea retta, portandola, ad esempio, a 200mila euro.

“In questo contesto – conclude la commercialista – è importante valutare attentamente l’impatto fiscale dell’operazione o della serie di operazioni che vengono poste in essere per attuare il passaggio generazionale. Se attualmente in Italia vige un sistema fiscale, con franchigie di esenzione e aliquote di imposizione ai fini della successione o donazione particolarmente favorevoli rispetto ad altri paesi europei, non è scontato che sarà così anche in futuro”.