Immigrazione, Ciambetti apre ai profughi politici, ma chiude agli immigrati economici

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roberto ciambetti presidente consiglio regionale veneto
«Mattarella ha ragione, ma dobbiamo bloccare l’afflusso di coloro che vengono in Europa solo per motivi economici»

 

roberto ciambetti presidente consiglio regionale veneto«Il presidente Mattarella ha ragione: i profughi vanno accolti, così come coloro che richiedono asilo politico perché perseguitati nel loro Paese». Lo afferma il presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti in riferimento a quanto detto dal Capo dello Stato, ma con un distinguo fondamentale: «diverso è il problema degli immigrati per motivi economici. Abbiamo la possibilità di ospitare e dare mezzi di sostentamento a migliaia di persone quando milioni di nostri concittadini si trovano a vivere in situazione di povertà o sono a rischio povertà?».

Secondo Ciambetti «la ripresa economica come si sta prospettando non vede il rilancio dell’occupazione e troppi italiani, senza prospettive di lavoro, hanno preso la strada dell’emigrazione per cercare occupazione all’estero. L’Italia stenta a ripartire a parte le regioni “export oriented” come il Veneto, hanno però già esaurito da tempo la capacità di dare ospitalità concreta; non dimentichiamo infatti che in Veneto l’11% della popolazione residente è di nazionalità straniera». 

Il presidente del Consiglio poi rileva che «in Veneto si riuscì a dare accoglienza e quindi sostenere l’ondata di profughi che negli anni Novanta caratterizzò la crisi balcanica e albanese, per cui – prosegue Ciambetti – parlare di un Veneto chiuso e ottuso è chiaramente calunniare una realtà sociale che ha già dato prove concrete di grande solidarietà e capacità di accoglienza sconosciute dagli italiani che sanno troppo poco della nostra realtà». 

«Mi chiedo – aggiunge – piuttosto se può dare accoglienza un Paese in cui il Pil non cresce, un Paese che ha già il 13% di disoccupati e quasi il 44% dei giovani senza lavoro, con un welfare azzerato dalle politiche di governo, una grande percentuale di lavoratori ultracinquentenni che hanno perso il posto di lavoro e non hanno prospettive reali nemmeno di pensionamento, mentre il peso fiscale sta drenando risorse e capacità di spesa da parte delle famiglie. Non siamo in una situazione tale da poter garantire accoglienza. Non si tratta di egoismo, ma di pragmatismo: bisogna evitare di inoculare nella società italiana i germi di uno scontro sociale. Come politici, abbiamo dei doveri verso i nostri concittadini, verso chi magari ha pagato le tasse e i contributi pensionistici per anni e oggi chiede una mano». 

Secono Ciambetti «il problema delle migrazioni, che è diverso da quello dei profughi e dei rifugiati, si affronta con le stesse armi con cui si deve contrastare il terrorismo e la malavita organizzata che gestisce e organizza le rotte dei clandestini: come ha ben detto il Presidente Mattarella nel suo messaggio la questione va affrontata con intelligenza e fermezza rigorosa nel far rispettare le leggi e il diritto internazionale. Deve essere l’Onu innanzitutto a muoversi per gestire una emergenza umanitaria. Purtroppo vedo che le grandi potenze, le stesse che non ebbero dubbi nello scatenare le operazioni di polizia internazionale per abbattere Gheddafi, oggi non muovono un dito: noi paghiamo gli errori di chi si lanciò in quella folle avventura che aveva l’obiettivo di destabilizzare il Mediterraneo. Un Mediterraneo destabilizzato – conclude Ciambetti – è un business incredibile per i mercanti di morte, i trafficanti di armi e tutte le potenze che non hanno alcun interesse a promuovere una vera pace. Il presidente Mattarella non sbaglia quando dice che dobbiamo esportare la democrazia con la forza della qualità della vita, cioè con quella ricchezza che nasce dal lavoro e dal rispetto: proprio per questo ricordo e sottolineo che l’Unione Europa ancora nel 1995 aveva lanciato da Barcellona un grande progetto proprio per trasformare il Mediterraneo in una grande area di libero scambio e di sviluppo sociale, a cui aderirono oltre ai Paesi Ue Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia, Palestina, e in successivo momento anche la Libia. Tutti i firmatari si dichiararono concordi nel dire che questa strategia avrebbe comportato innanzitutto un grande sforzo per combattere il terrorismo e la gestione razionale e coordinata dei flussi migratori. Mi sorprende che in questi giorni di aspre polemiche nessuno si sia ricordato della Dichiarazione di Barcellona, delle possibilità di stabilire accordi bilaterali e di lavorare assieme in uno spirito di pace».