Panizza presenta al Senato per conto del Gruppo Autonomie proposta per tagliare le tasse

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PATT Ottobre Panizza Kaswalder
«Senza una riduzione della pressione fiscale, le imprese sono destinate ad essere poco competitive o a fallire, mentre per i cittadini si riduce la capacità di spesa e di risparmio»

 

PATT Ottobre Panizza KaswalderConferenza stampa di metà agosto per il segretario del Partito Autonomista Trentino Tirolese e senatore della Repubblica, Franco Panizza, che nella sede del partito ha colto l’occasione assieme al suo collega di partito deputato alla Camera, Mauro Ottobre, per presentare la proposta di legge n. 1900 firmata anche da altri esponenti del gruppo Autonomie volta a ridurre la pressione fiscale e i mille adempimenti, spesso cervellotici, che pesano sul groppone degli imprenditori e dei professionisti.

Una proposta che ha anche un certo retrogusto politico, come sottolinea maliziosamente lo stesso Panizza («già in altre occasioni avevo proposto interventi volti alla riduzione della pressione fiscale, ma non sono riuscito a farle passare. Ora, con gli equilibri politici che stanno mutando, il nostro gruppo diviene importante per garantire la stabilità al governo Renzi. Vedremo…»), ma che evidenzia un problema effettivo, pratico che va affrontato e risolto.

La proposta per Panizza «vuole rappresentare un primo, anche se parziale, gradino per l’attesa riforma fiscale a favore di cittadini ed imprese oltre che per le migliaia di associazioni di volontariato, oggi messi in difficoltà da un sistema fiscale spesso ostile, che li schiaccia, impedendo una ripresa economica divenuta ormai necessaria». Parole da incidere nell’oro, se non fosse che Panizza nella sua proposta teme di fare il passo compiuto, fermandosi a metà. E’ il caso della proposta di allungare i termini di pagamento dell’Iva mensile, portandola da uno a due mesi, «per facilitare la vita delle partite Iva che oggi hanno difficoltà ad avere la necessaria liquidità per adempiere, complice la lentezza dei pagamenti da parte dei committenti». Tombola: tra concordati in continuità (solo recentemente parzialmente modificati in meglio, ma non troppo, a favore dei creditori) e pubblica amministrazione che paga troppo lentamente propri fornitori (siamo in media a 180 giorni, quando la norma dovrebbe essere a 30 giorni e a tutt’oggi esiste un arretrato di circa 70 miliardi di euro di mancati pagamenti. Ma Renzi non aveva promosso solennemente da Vespa di andare a piedi in processione a monte Senario se non fosse stato in grado di saldare tutte le pendenze in occasione di San Matteo 2014? Oggi San Matteo 2015 si sta avvicinando a rapidi passi, ma i debiti della PA crescono invece di calare…), sarebbe equo e giusto prevedere in capo a tutti i fornitori della pubblica amministrazione la possibilità di compensare tra dare e avere, senza eccessivi orpelli in fatto di certificazioni e di fidejussioni, ovviamente tutte a favore del debitore pubblico cattivo pagatore. Lo stesso Panizza aveva posto tale previsione nel suo programma elettorale di un paio d’anni fa, ma pare essersene dimenticato nella stesura della sua proposta di legge. E’ auspicabile in un autoemendamento in tal senso, al più presto prima di iniziare la discussione in commissione.

In mezzo a tante previsioni più o meno utili (dalla riduzione degli adempimenti Siae per le organizzazioni di volontariato, al credito d’imposta per le attività ricettive all’aperto, alla possibilità di stipulare affitti d’azienda a favore dei professionisti, all’aumento della rateazione dei pagamenti Iva e Irap dovute ma non versate), c’è anche un altro passaggio degno di nota: riguarda l’incremento della quota di ammortamento dei beni di proprietà delle partite Iva. Se l’art. 7 della proposta di legge prevede che, dopo quasi quarant’anni (la norma risale al 22 dicembre 1986) ad inflazione ampiamente galoppata, di portare da 516,46 euro (il vecchio milione di lire, per intenderci) a 1.200 il tetto per i beni ammortizzabili nel corso dell’esercizio annuale. Un passo avanti, ma anche qui più che un passo da alpino si è in presenza di un passettino, ino-ino. Più realistico sarebbe stato portarlo a 5.000 euro, anche per incentivare la spesa da parte delle aziende, con conseguente recupero di gettito Iva e Ires da parte delle aziende commerciali. All’articolo successivo, Panizza si occupa di aggiornare anche un’altra soglia di deducibilità rimasta ferma  a quasi quarant’anni fa, portando il limite di deducibilità di autoveicoli e autocaravan da 35 milioni di lire a 30.000 euro, mente per i motoveicoli la soglia passerebbe da 8 milioni di lire a 6.000 euro e per i ciclomotori da 4 milioni di lire a 3.000 euro. Nulla dice della quota di ammortamento che negli anni è stata progressivamente ridotta dal già basso 40% all’odierno, insufficiente, 20%, generando una caduta delle immatricolazioni di vetture aziendali con conseguente drastico calo di gettito Iva. Anche qui Panizza potrebbe fare un favore all’economia e alla semplificazione (anelito di cui il Nostro è volonterosamente dotato) se facesse una cosa semplice: abolire definitivamente il regime transitorio che l’Unione Europea ha concesso all’Italia in fatto di deducibilità fiscale degli autoveicoli, regime sempre prorogato di anno in anno, che causa un’ingiusta penalizzazione a tutte le imprese e professionisti italiani che si trovano a competere con realtà stabilite in Germania, Francia, Spagna e Inghilterra dove la deducibilità è pari al 100% del prezzo di acquisto (senza inutili e anacronistici tetti di spesa) e al 100% di deducibilità Iva e dei costi di gestione.

Infine, panizza ha un pensiero per le realtà alpine, inutilmente vessate dall’ultima tornata della legge di Stabilità: riportare l’Iva gravante sul pellet di legna utilizzato in montagna per riscaldamento al 10% dal 22 che è ora.

Si vedrà se il Parlamento e il Governo Renzi avranno voglia di accettare qualcuna delle proposte formulate dal senatore trentino che hanno il merito della concretezza, anche se non promettono roboanti tagli di tasse che fanno solo titoli di giornale e tweet, ma che non si trasformano mai in sostanza.