La sentenza apre un precedente. Anche Veneto e Trentino Alto Adige chiedono il ripensamento della razionalizzazione proposta da Poste Italiane
Il Tar del Friuli Venezia Giulia ha stoppato il paino di razionalizzazione (ovvero: di chiusura degli sportelli) sul territorio presentato da Poste Italiane per ridurre i costi operativi e presentare un conto finanziario migliore per la futura quotazione in Borsa. Nonostante l’obbligo del servizio universale sottoscritto con il contratto con il Ministero, le Poste Italiane sono sempre più lanciate verso una gestione privatistica, orientata più al business che al servizio universale.
Il comune di Buja non ha gradito la chiusura di due uffici postali attivi nelle frazioni del comune e ha fatto ricorso al Tar di Udine, che è stato accolto, annullando i provvedimenti con cui Poste Italiane aveva chiuso due uffici postali.
La decisione è stata cavalcata dal presidente e il vicepresidente dell’Intergruppo per lo sviluppo della montagna, Enrico Borghi e Franco Panizza. «Dalla lettura della sentenza – scrivono in una nota i due parlamentari – emerge con chiarezza inequivocabile come i giudici friulani abbiano affermato che l’esigenza di risparmiare può essere un fattore di valutazione da parte di Poste Italiane ma non può prevalere sull’interesse pubblico allo svolgimento del servizio universale. Per questi motivi, sempre nella sentenza si legge come debba tenersi in seria e doverosa considerazione la situazione geografica e orografica dei singoli territori interessati dal piano di razionalizzazione nonché le proposte che dai comuni interessati dovessero giungere». Il giudice amministrativo, inoltre, riconosce implicitamente il diritto dei territori montani sancito dall’articolo 44 della Costituzione: «c’è quindi materia – concludono Borghi e Panizza – per Poste Italiane spa e per il suo azionista Ministero dell’economia, di riconsiderare chiusure e soppressioni di servizio attuate in questi giorni con sufficienza».
La sentenza del Tar friulano è invocata anche a favore del Veneto: «la Regione si adoperi al fine di creare un tavolo di coordinamento tra Poste, province e comuni per trovare una soluzione alternativa alla chiusura di 73 uffici postali» chiedono attraverso una mozione presentata a Palazzo Ferro Fini, sottoscritta dai capigruppo Finco (Ln) e Rizzotto (Zaia), il cui primo firmatario è il consigliere regionale leghista Alessandro Montagnoli. Il documento lamenta che, alla luce del processo di razionalizzazione della presenza degli sportelli delle Poste in Veneto, saranno chiuse 73 strutture periferiche (27 in provincia di Verona, 18 Belluno, 13 Vicenza, 9 Rovigo,4 Treviso e 2 Venezia). «Gli uffici postali, in particolare per famiglie, imprese e anziani – evidenzia Montagnoli – sono strutture che garantiscono i servizi essenziali. La riorganizzazione prevista, come evidenziato dal Tar del Friuli Venezia Giulia, con sentenza n. 332/2015, su ricorso del comune di Buja (UD), “non può essere considerata né esclusiva né prevalente sull’interesse pubblico allo svolgimento corretto di un servizio universale come va considerato il servizio postale”. In questi ultimi anni il Veneto ha subito diversi tagli, a cominciare dai tribunali con gli uffici del giudice di pace, oltre alla riduzione degli sportelli dell’Erario. Tutto questo – rilevaMontagnoli – accade in uno dei territori più produttivi ed efficienti d’Europa, che regala ogni anno allo Stato italiano più di 20 miliardi di euro».