Dal 2007 al 2014 l’Italia ha perso 109 miliardi d’investimenti

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Cgia livello investimenti italia
Crollo dei mezzi di trasporto (-43,4%) anche a causa dell’eccesso di carico fiscale, opere pubbliche (-38,6%) e casa (-31,6%) sono stati i settori più colpiti

 

Cgia livello investimenti italiaSecondo i dati elaborati dall’Ufficio studi della Cgia, tra il 2007 e il 2014 l’ammontare complessivo degli investimenti al netto dell’inflazione è sceso di ben 109,4 miliardi di euro, pari, in termini percentuali, a una diminuzione di 29,7 punti. Nessun altro indicatore economico ha registrato una contrazione percentuale così ampia, zavorrando così gli sforzi per la ripresa della crescita del Paese.

I settori che hanno subito i contraccolpi più significativi sono stati quelli relativi ai mezzi di trasporto (autoveicoli, automezzi aziendali, bus, treni, aerei, etc.), in flessione del 43,4% (-10,9 miliardi di euro) anche a causa dell’eccessivo peso fiscale gravante sul settore, i fabbricati non residenziali (capannoni, edifici commerciali, opere pubbliche, etc.), con un calo del 38,6% (-39,1 miliardi) e le abitazioni con una variazione negativa del 31,6% (-31,7 miliardi). Pesanti anche le cadute subite dal settore informatico, con una riduzione pari a -30,1% (-1,9 miliardi), da quello degli impianti e dei macchinari (che non include i mezzi di trasporto, i computer/hardware e le telecomunicazioni), che ha registrato una variazione negativa del 29,3% (-25,4 miliardi), e dei software, che presentano una flessione del 10,8% (-2,4 miliardi).

Le uniche tipologie di investimenti che non hanno risentito della crisi sono state quelle riconducibili alla ricerca e allo sviluppo (+8,1%) e alle telecomunicazioni (+10,6%). Se nel primo caso l’aumento in termini assoluti è stato pari a 1,5 miliardi di euro, nel secondo caso la variazione positiva è stata di 598 milioni di euro.

L’amministrazione pubblica è il settore istituzionale che in misura superiore agli altri ha tagliato di più. Sempre nel periodo tra il 2007 e il 2014, la contrazione in termini reali degli investimenti nella Pa è stata del 30,8%. Seguono le famiglie consumatrici (-29,9%), le imprese (29,5%) e le società finanziarie (-23,3%). La Cgia ricorda che, posto pari a 100 il totale degli investimenti nominali in Italia nel 2014, oltre il 60% era riconducibile alle imprese e un altro 24% circa alle famiglie consumatrici.

Se si analizza quanto è successo negli ultimi decenni, si può vedere come l’ammontare complessivo degli investimenti fissi lordi dell’anno scorso (259,1 miliardi di euro) è quasi lo stesso del 1995 (264,3 miliardi di euro). In buona sostanza l’Italia è tornata allo stesso livello di 20 anni fa. In prospettiva, le cose sembrano destinate a migliorare. Secondo quanto riportato nel Def 2015, quest’anno si dovrebbe registrare una crescita del +1,1%, nel 2016 del +2,1%, nel 2017 del +2,3%, nel 2018 del +2,2% e nel 2019 del +2,1%. Previsioni, quelle del Governo Renzi, che da parte di molti si ritengono eccessivamente ottimistiche e comunque esposte ai marosi dell’andamento internazionale della politica e dei corsi delle materie prime. 

Nonostante le difficoltà, il sistema Paese evidenzia i primi segnali di ripresa. Sebbene le variazioni siano ancora molto contenute, dall’inizio di quest’anno quasi tutti gli indicatori sono preceduti dal segno positivo. Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, nei primi 5 mesi del 2015 l’occupazione segna un +0,8% e il commercio al dettaglio un +0,2%. Sempre nei primi 5 mesi di quest’anno, la produzione industriale è salita del +0,5%, il fatturato dell’industria del +0,1%, mentre gli ordinativi sono aumentati dell’1,4%. I dati riferiti al primo trimestre, invece, ci dicono che il fatturato dei servizi è cresciuto del +0,6%, le esportazioni del +3,5%, gli investimenti del +0,4%, i consumi delle famiglie del +0,3% e il traffico autostradale dei veicoli pesanti del +2%. Nel primo semestre del 2015, infine, la cassa integrazione (Cigo+Cigs+Cig in deroga) ha subito una fortissima contrazione: -30,3%. 

«Ancorché positivi – afferma Paolo Zabeo della Cgia – questi dati sono troppo fragili per abbassare in maniera incisiva la disoccupazione; tuttavia, costituiscono un segnale che ci consente di affermare con molta probabilità che il peggio sia ormai alle nostre spalle».