La Procura di Udine indaga sulla truffa dei prosciutti San Daniele con 9 inquisiti

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Prosciutto crudo affettato
Maxi inchiesta per frode in commercio e truffa interessa anche l’Emilia Romagna. Shaurli: «saranno rafforzati i controlli a garanzia dei consumatori»

 

Prosciutto crudo affettatoSostituivano i prosciutti di San Daniele, approfittando dei momenti di assenza degli ispettori dell’Istituto di controllo di qualità, con prodotti nazionali ed esteri che poi marchiavano con falsi timbri a fuoco San Daniele Dop. Le “mattonelle” di prosciutto venivano quindi immesse sul mercato come pregiato San Daniele mentre le cosce originali venivano vendute sul mercato nero. Nove persone sono finite iscritte sul registro degli indagati della Procura di Udine nell’ambito di una maxi inchiesta per frode in commercio e truffa aperta sul crudo di San Daniele. I fatti riguarderebbero centinaia di cosce di prosciutto e risalirebbero al periodo 2011-2013.

L’indagine era partita tre anni fa, dopo che le analisi su alcune vaschette di prosciutto, trovate sugli scaffali di un supermercato, avevano evidenziato la presenza di nitrati, incompatibili con il disciplinare di produzione della Dop friulana. E ha puntato il dito contro i titolari di una ditta di San Daniele del Friuli, la “Marini salumi srl”, specializzata nella lavorazione del prosciutto crudo. Presidente, vicepresidente e amministratore di fatto dell’azienda, Sisto, Antonella e Leonardo Marini, sono accusati di concorso in ricettazione, contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell’ingegno o prodotti industriali, frode nell’esercizio del commercio, truffa (tentata o consumata) e appropriazione indebita. Tra gli indagati figura anche la ditta, chiamata in base alle norme sulla responsabilità amministrativa degli enti. Nei guai sono finiti anche il gestore e la procuratrice speciale di una ditta di Parma, Emanuele Coppellotti, e Monica Fiori, a cui sarebbero finiti alcuni dei prosciutti, insieme a Riccardo Anselmi (di un’omonima ditta di Mantova), a cui la Procura attribuisce il ruolo di mediatore tra la ditta friulana e quella emiliana. 

L’avviso di conclusione delle indagini preliminari è stato notificato anche a Mario Paiani, dirigente veterinario dell’Ass 4 Medio Friuli, accusato di favoreggiamento e omissione di atti d’ufficio perché avrebbe promesso ai Marini di aiutarli a eludere le investigazioni. Nel registro degli indagati sono finiti anche Elena Presello e Claudio Querini, due dipendenti dell’Ineq, Istituto Nord Est Qualità, società consortile addetta al controllo dell’affettamento e del confezionamento del processo di certificazione Dop, che secondo l’accusa non avrebbero impedito con un’attenta vigilanza la sostituzione dei prosciutti.

Sui fatti interviene l’assessore alle Risorse agricole del Friuli Venezia Giulia, Cristiano Shaurli, secondo il quale «rispettando le indagini in corso e pur trattandosi di fatti risalenti al 2011, e, ed è bene sottolinearlo, di un’azienda che non appartiene al Consorzio del San Daniele, il mio sostegno va a chi a San Daniele ha fatto della qualità, della garanzia, e della tracciabilità dei prodotti un marchio riconosciuto. Sono la stragrande maggioranza, e devono diventare la totalità affinché l’errore di un singolo non offuschi il lavoro, quotidiano e convinto, di tutti gli altri». Secondo Shaurli «il Friuli Venezia Giulia è sinonimo di qualità, in Italia e nel mondo e la Regione, che si è dotata anche dell’ulteriore autocertificazione AQUA, continuerà a sostenere percorsi che promuovano e puntino sull’innalzamento del valore aggiunto della riconoscibilità, a garanzia dei nostri prodotti, se servirà anche con controlli più severi e scelte conseguenti per chi dovesse essere coinvolto in situazioni come questa».

«Per questo – soggiunge l’assessore – abbiamo stanziato risorse in assestamento per ulteriori controlli; per questo, il rapporto con il Consorzio è quotidiano, nella convinzione che, insieme, possiamo dimostrare che il sistema è il primo a reagire e a denunciare situazioni poco chiare. Siamo una Regione piccola – conclude Shaurli – e non è certo con la massificazione o con la competizione al ribasso che manterremo competitivo il nostro comparto agricolo, e le sue eccellenze, bensì con il lavoro comune per la qualità certificata e riconosciuta».