La cantante svizzero-albanese ha incantato il pubblico con la sua voce
di Giovanni Greto
Una brava cantante. Un trio affiatato. Basta poco per decretare il successo di una serata. Tutto questo si è puntualmente verificato all’Auditorium del Centro culturale Candiani, in occasione del concerto di Elina Duni, ultimo appuntamento di “Candiani Groove”, rassegna indirizzata verso il Jazz e le musiche del mondo.
Originaria di Tirana, dov’è nata nel 1981, Elina si è trasferita in tenera età in Svizzera, dove, inizialmente con il pianista Colin Vallon, ha iniziato a interpretare in lingua albanese canzoni della sua tradizione popolare fino ad incidere nel 2012 il primo CD per un’etichetta di prestigio, quale è ECM Records, assieme a Vallon, a Patrice Moret al contrabbasso, a Norbert Pfammatter alla batteria. Con la stessa formazione è uscito da poco il secondo disco “Dallendyshe” (“rondine”), registrato giusto un anno fa.
Al Candiani Elina ha voluto presentare un nuovo progetto, che presumibilmente potrebbe confluire in un futuro CD. “Songs from a no Man’s Land”, che dà il titolo anche alla breve tournee italiana (4 date), è dedicato ai migranti di tutto il mondo, e parla della tristezza nell’abbandonare la terra natìa e gli amori e delle difficoltà di inserimento, che inevitabilmente insorgono nel nuovo Paese. In particolare, l’invito a partecipare fatto al sassofonista barese Roberto Ottaviano, ha inteso testimoniare l’incontro tra due mondi, l’Albania e l’Italia, vicini non solo geograficamente, ma altresì nelle canzoni folcloriche d’autore. Assieme al suo trio, Elina ha toccato temi legati all’esilio – una donna in esilio ritorna a casa, non trova più sua madre e la piange -, alla lontananza – una donna si deve sposare e trasferirsi lontano dalla madre che ne soffre -, ad una strana storia d’amore – un uomo è talmente innamorato che dice alla sua bella: “ti voglio così tanto bene che ti vorrei mangiare” -, a frutti proibiti, “che se insistiamo tanto, tanto, tanto, arriveremo ad ottenere”.
Circa a metà esibizione, dopo aver eseguito anche canzoni ascoltabili in “Dallendyshe”, Elina ha invitato ad aggiungersi al quartetto Roberto Ottaviano per interpretare sei canzoni italiane. La prima, “Si no me moro”, è un arrangiamento rispettoso della versione appassionata originale di Gabriella Ferri. La seconda, “Sento il fischio del vapore”, è un canto popolare, tramandato da Giovanna Daffini, mondina e cantastorie, probabilmente ispirato dalla spedizione italiana in Albania del 1914. Giovanna Marini lo ha cantato in parecchie occasioni, inciso nel 2003 con Francesco De Gregori e lo scorso anno in duo assieme a Francesca Breschi nel CD “L’Italia in lungo e in largo”, da poco uscito per l’etichetta Finisterre/Felmay.
La terza, “Lu Furestieru”, appartiene al canzoniere del cantautore pugliese Matteo Salvatore. “Quante stelle nel cielo con la luna”, la quarta, è un inno all’amore di Lucilla Galeazzi, “amore che vieni e che vai, come una cosa leggera, non andare via”. Ha sorpreso la scioltezza esibita nel cimentarsi con il dialetto pugliese in “U navgant” (il navigante), la storia di un uomo, imbarcato in una petroliera, che si ricorda sempre della sua famiglia, scritto da Enzo del Re. E infine, a mo’ di bis/arrivederci, Elina ha scelto di interpretare una tristissima, dolente canzone di Domenico Modugno, “amara terra mia”, in maniera accorata, indossando i panni di chi sta per emigrare ma non vorrebbe essere costretto a farlo. Chi non è più giovanissimo, la ricorderà, in quanto sigla di uno sceneggiato RAI, quando gli apparecchi diffondevano un nitido bianco e nero, senza subire interruzioni di sorta. Elina Duni ha dimostrato di essere padrona del palcoscenico. Si è tolta subito le calzature, è rimasta a piedi nudi e ha incominciato a muovere il proprio corpo, in sintonia con le improvvisazioni dei musicisti, tutti assai ispirati e perfettamente in linea con quell’idea di pulizia e cristallinità che caratterizza il suono ECM. Ottaviano, esclusivamente al sax soprano (suona anche il contralto e il clarinetto basso) si è inserito con maestria, raffinatezza ed incisività nelle trame sonore, offrendo inoltre intensi, meditati assolo. Il pubblico, pur non numerosissimo, è rimasto affascinato dalla sofisticatezza della proposta, al punto che, cosa rara rispetto al solito, la cantante è riuscita in breve tempo a vendere tutte le 19 copie dei due CD ECM che si era portata con sé, amabilmente conversando con gli spettatori e firmando, soddisfatta, le copertine dei dischi.