A tre anni dal terremoto il polo industriale guarda al futuro
Oltre 100 le aziende che non hanno delocalizzato e, nonostante le difficoltà del terremoto, hanno continuato a produrre dispositivi medici ad altissimo valore tecnologico, dimostrando ogni giorno la volontà di investire sul territorio, su risorse qualificate e, soprattutto, sul futuro del nostro Paese. Primo distretto in Europa e secondo al mondo, il polo biomedicale emiliano è terreno fertile per start up e imprese innovative e può essere considerato la Silicon Valley italiana, grazie anche al nuovo Tecnopolo, parco scientifico e tecnologico del biomedicale, nato con i fondi della Regione e i contributi post sisma e frutto della ricostruzione.
Questo il bilancio emerso nell’ambito del convegno “Competitività e innovazione: il ruolo dell’industria biomedicale in Italia. Dal terremoto alla ripresa, la rinascita del distretto di Mirandola”, organizzato da Assobiomedica in collaborazione con Confindustria Emilia-Romagna e Confindustria Modena, e con il patrocinio del Comune di Mirandola.
“A tre anni dal terremoto – ha dichiarato Maurizio Marchesini, presidente di Confindustria Emilia-Romagna – il polo industriale mirandolese è ripartito anche grazie all’attiva collaborazione delle istituzioni regionali e locali, ma c’è ancora molto da fare per valorizzare di più e meglio un territorio che è fiore all’occhiello della filiera italiana della salute. Servono politiche industriali a livello centrale e regionale che puntino sulle imprese e le mettano in condizione di dare slancio all’economia e attrarre investitori esteri”.
“Tornare alla normalità è stato difficile – ha dichiarato il presidente di Assobiomedica, Stefano Rimondi -, soprattutto per le realtà più piccole. Ma la produzione nel distretto non si è mai fermata e oggi è tornata a pieno regime, fatturato ed export sono cresciuti. Le imprese, e soprattutto le persone che sono dentro le aziende, hanno dimostrato coraggio, tenacia e capacità di voltare pagina senza piangersi addosso. Purtroppo però le politiche di tagli alla Sanità degli ultimi anni sembrano non considerare questa realtà, continuando a introdurre meccanismi come il payback per i dispositivi medici che, al contrario, causeranno più danni del terremoto, facendo collassare il settore e comportando la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro”.
“È stato grazie al sostegno di tutte le istituzioni sul territorio – ha dichiarato Giuliana Gavioli, vicepresidente di Confindustria Modena e presidente Steering committee del Tecnopolo di Mirandola – se siamo riusciti a rialzarci fin da subito e a restare competitivi a livello globale. Il Tecnopolo si proietta al futuro proponendosi alla comunità internazionale con progetti scientifici attrattivi e come incubatore di start up, di cui il territorio è molto ricco”.
E’ partito da Mirandola, proprio nel giorno del terzo anniversario della scossa che colpì il distretto d’eccellenza del biomedicale italiano, #InnovazionePerlaVitaTour, l’iniziativa che Assobiomedica ha organizzato in collaborazione con Il Sole 24 Ore. Quattro giornate che prevedono la visita ad alcuni siti produttivi del settore dei dispositivi medici.
Il cluster di Mirandola comprende oltre di 100 imprese che non hanno scelto la via della delocalizzazione e, nonostante le difficoltà, continuano a produrre dispositivi medici di altissimo valore tecnologico e innovativo. Le aziende che producono dispositivi medici rappresentano un tessuto produttivo che in Italia conta 3.025 imprese con un fatturato medio di 6 milioni di euro e circa 54.000 addetti. Il settore è caratterizzato da una forte concentrazione territoriale in sei regioni del centro-nord, cui è riconducibile l’88% del fatturato totale: Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio, Veneto, Toscana, Piemonte, secondo il Rapporto Assobiomedica 2014.
A tre anni dal terremoto che ha colpito l’Emilia il polo industriale biomedicale di Mirandola “guarda al futuro” forte di un tessuto in cui le aziende, malgrado il sisma, «hanno continuato a produrre dispositivi medici ad altissimo valore tecnologico, dimostrando ogni giorno la volontà di investire sul territorio, su risorse qualificate e, soprattutto, sul futuro del nostro Paese». E’ quanto emerso nel convegno organizzato da Assobiomedica in collaborazione con Confindustria Emilia-Romagna e Confindustria Modena intitolato, “Competitività e innovazione: il ruolo dell’industria biomedicale in Italia. Dal terremoto alla ripresa, la rinascita del distretto di Mirandola”, cui ha preso parte, tra gli altri, il presidente di Confindustria Emilia-Romagna, Maurizio Marchesini secondo cui «il polo industriale mirandolese è ripartito anche grazie all’attiva collaborazione delle istituzioni regionali e locali. C’è ancora molto da fare per valorizzare di più e meglio un territorio che è fiore all’occhiello della filiera italiana della salute». Per il leader degli industriali emiliano-romagnoli, «servono politiche industriali a livello centrale e regionale che puntino sulle imprese e le mettano in condizione di dare slancio all’economia e attrarre investitori esteri».
Per il presidente di Assobiomedica, Stefano Rimondi, «tornare alla normalità è stato difficile, soprattutto per le realtà più piccole. Ma la produzione nel distretto non si è mai fermata e oggi è tornata a pieno regime, fatturato ed export sono cresciuti. Purtroppo però le politiche di tagli alla Sanità degli ultimi anni sembrano non considerare questa realtà – chiosa – continuando a introdurre meccanismi come il “payback” per i dispositivi medici che, al contrario, causeranno più danni del terremoto, facendo collassare il settore e comportando la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro». Ad ogni modo, secondo Giuliana Gavioli, vicepresidente di Confindustria Modena e presidente “Steering committee” del Tecnopolo di Mirandola, «è stato grazie al sostegno di tutte le istituzioni sul territorio se siamo riusciti a rialzarci fin da subito e a restare competitivi a livello globale. Il Tecnopolo si proietta al futuro proponendosi alla comunità internazionale con progetti scientifici attrattivi e come incubatore di start up, di cui il territorio è molto ricco».