Imprese, nel I trimestre 2015 bilancio ancora negativo

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ascom pd unioncamere veneto presidente franco zilio
ascom pd unioncamere veneto presidente franco zilioSecondo l’indagine di Unioncamere, il Veneto in tre mesi perde 2.600 aziende. Zilio: «puntare sul turismo»

Il 2015 non inizia bene per il sistema imprenditoriale del Veneto. Il numero d’imprese attive presenti nei registri camerali a fine marzo si è attestato a 436.698 unità, lo 0,6% in meno rispetto alla fine del 2014, vale a dire che il sistema produttivo regionale ha perso circa 2.600 imprese. C’è da scontare sicuramente la quota di chiusure che si accumulano nelle prime settimane del nuovo anno, ma anche il raffronto con lo stesso periodo del 2014 risulta impietoso: rispetto a marzo 2014 il sistema produttivo si è ridimensionato di quasi 2.800 imprese. Dall’inizio della crisi (2008) ad oggi il tessuto produttivo ha lasciato sul campo quasi 26.000 imprese.

«E’ ancora lastricata di sacrifici la strada che porta alla ripresa» afferma Fernando Zilio, presidente di Unioncamere Veneto, commentando i dati relativi ad imprese ed occupati in regione confermano che l’uscita dalla crisi richiede ancora tempo: «sette anni di recessione hanno inflitto pesanti perdite al tessuto produttivo veneto e se il raffronto tra 2014 e 2013 può non apparire drammatico, tale è invece il raffronto con il 2008». Si è ancora a metà del guado anche se, come lo stesso Zilio aveva individuato recentemente, qualche segnale positivo sembra venire dai servizi e, soprattutto, dal turismo. «Una nota positiva è l’aumento delle imprese impegnate nei servizi di alloggio e ristorazione. Se, come spesso si sottolinea, il turismo “è il nostro petrolio” forse, anche in vista dell’avvio di Expo 2015, di questo nostro straordinario “oro nero” è cominciata, finalmente, l’estrazione».

A fronte di un aumento delle società di capitale (+808 unità da inizio dell’anno), a farne le spese sono state le società di persone (-817) e soprattutto le ditte individuali (-2.603). Sul versante del mercato del lavoro, il peggioramento dell’occupazione indipendente sembra tuttavia compensato da una dinamica di segno opposto della componente dipendente. Gli ultimi dati amministrativi disponibili indicano infatti un’inversione di tendenza: nel primo trimestre 2015 le assunzioni a tempo indeterminato hanno superato le uscite, sia a livello regionale che nazionale.

Tra i settori che hanno subito le perdite maggiori spicca quello industriale, con 1.126 imprese in meno rispetto alla fine del 2014 (un terzo manifatturiere e due terzi delle costruzioni). Facendo un’analisi più dettagliata sulle imprese manifatturiere, quasi la totalità dei settori ha registrato una variazione negativa, con flessioni significative per il legno-arredo (-94), il metallurgico (-79), l’elettromeccanico (-50). Anche il settore dei servizi ha accusato una frenata (-600), ascrivibile quasi totalmente alla chiusura di attività commerciali al dettaglio e all’ingrosso (-635) e dei servizi di ristorazione (-82), bilanciata solo parzialmente dalla dinamica positiva delle attività immobiliari (+40), di direzione aziendale e consulenza gestionale, di supporto per le funzioni d’ufficio (+150).

Tra le province, Treviso appare l’epicentro della depressione demografica delle imprese tra gennaio e marzo 2015 (-574 imprese), seguita da Padova (-553) e Verona (-424), con flessioni significative anche a Venezia (-400) e Vicenza (-386).

I dati mostrano comunque una vivacità del sistema imprenditoriale regionale nei primi mesi del 2015. Tra gennaio e marzo 2015 sono 9.142 le imprese che hanno aperto i battenti (erano 9.169 nel 2014) a fronte di una lieve diminuzione di quelle che hanno cessato l’attività, pari a 11.486 (erano 11.959 nel 2014). Il bilancio di queste dinamiche si è tradotto in un saldo anagrafico negativo (-2.344), sebbene meno marcato rispetto a quello di un anno fa (era -2.790). La cosiddetta “voglia di impresa” resiste e, a giudicare dalle cifre, gli ostacoli all’ingresso di nuovi attori sul mercato appaiono tutt’altro che insormontabili. Il perdurare della crisi, tuttavia, sta fiaccando sempre più la capacità di tenuta del settore commerciale che, a differenza di altri comparti, vede ridursi costantemente il numero delle proprie imprese.

Anche per Confartigianato Veneto il bilancio è negativo: secondo il presidente Luigi Curto, «un primo trimestre ancora drammatico in tutta Italia (14.574 gli artigiani che mancano all’appello, oltre i due terzi della riduzione totale di imprese) che vede però le tre regioni del NordEst soffrire un po’ meno. Dopo diversi trimestri in cui la nostra area registrava saldi peggiori della media, questa volta Veneto (-0,80%), Friuli (-0,68%) e soprattutto il Trentino (-0,61), quest’ultima la regione che ha registrato la seconda migliore performance nazionale dopo il Molise, sono tutte ben al di sotto del calo nazionale (-1,05%). Inoltre rispetto allo stesso periodo del 2014, nella nostra regione, sono leggermente calate le chiusure e aumentate le nuove iscrizioni. Piccolissimi segnali positivi che non smorzano il dato generale di fortissima criticità».

«Le quasi 4.000 cessazioni in soli tre mesi, 450 al giorno, quasi 2 all’ora, – prosegue Curto – sono il segnale tangibile che il protrarsi della recessione sta riducendo allo stremo le nostre imprese che vivono sulla propria pelle il peso insostenibile dell’eccessiva pressione fiscale, del crollo dei consumi senza precedenti, del difficile e costoso accesso al credito, dell’annosa questione della riscossione dei crediti vantati nei confronti dei loro committenti e dal comparto pubblico. Una montagna già difficile da scalare senza il bisogno di vedersi appioppati sulle spalle ulteriori fardelli come tariffe energetiche lunari e penalizzanti per i più piccoli, Sistri, Tasi, Imu, burocrazia ed inefficienze varie».