Alzheimer, una ricerca condotta anche a Trieste individua la proteina responsabile del morbo

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alessandro laio sissa trieste
alessandro laio sissa triesteLaio: «ci vorranno ancora parecchi anni per la cura»

Sulla rivista Chemical Reviews, un team interdisciplinare e internazionale di ricercatori ha fatto l’identikit della proteina “beta-amiloide” il cui accumulo è associato al morbo di Alzheimer. Si tratta di un lavoro di rassegna della letteratura scientifica, che fa il punto sulla conoscenza acquisita negli ultimi decenni su questa proteina.

Il lavoro è stato coordinato da Philippe Derremaux, del Cnrs francese, e ha coinvolto i più importanti gruppi di ricerca che si occupano di Alzheimer, fra cui il team di Alessandro Laio della Sissa di Trieste. «Ci vorranno ancora molti anni per comprendere il meccanismo che determina la formazione delle placche tipiche del cervello colpito dall’Alzheimer – spiega Laio – ma sappiamo che sono principalmente degli accumuli di peptide beta-amiloide».

Il peptide beta-amiloide è una proteina normalmente presente nel nostro organismo e che nella stragrande maggioranza dei casi ha una funzione fisiologica e benigna. E’ però il maggior costituente delle placche senili, che sono accumuli extracellulari e si moltiplicano nel cervello delle persone affette da Alzheimer. In queste placche, la parte centrale è formata da proteina amiloide, mentre quella esterna da detriti neuronali, “rottami” di neuroni non più funzionanti. Queste formazioni si trovano un po’ dappertutto nel cervello, ma in particolar modo nell’ippocampo, area notoriamente associata ai processi di memoria, da cui il grave deterioramento di questa funzione nei pazienti. «Questo lavoro – prosegue Laio – è destinato a diventare un riferimento per tutti nel settore, rappresentando oggi il più completo stato dell’arte. E la sua utilità è anche pratica: per molti vorrà dire accorciare notevolmente i tempi prima di progettare degli esperimenti. Tutti hanno la speranza di poter un giorno comprendere e combattere questa patologia che con il crescere dell’aspettativa di vita mondiale sta diventando sempre più diffusa. Gli sforzi da compiere però sono ancora enormi. Speriamo con il nostro lavoro – conclude – di aver dato un contributo significativo».