Sostanziale fallimento delle politiche di taglio della spesa pubblica: + 27,4 miliardi di euro

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Cgia mestre giuseppe bortolussi
Cgia mestre giuseppe bortolussiSecondo la Cgia di Mestre, dal 2010 al 2014 invece di calare è continuata a crescere. Nel 2014, l’apparato pubblico è costato ai contribuenti 692,4 miliardi di euro

Nonostante l’allungamento dell’età lavorativa imposto dalla riforma Fornero, il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici, la centralizzazione degli acquisti, i tagli ai ministeri, alle regioni, agli enti locali e alla sanità, la spesa pubblica statale continua ad aumentare, nonostante le promesse di una seria revisione della spesa pubblica (la famigerata “spending review”) che ha visto succedersi nella titolarità delle forbici ben quattro autorevoli tagliatori, tutti finiti anzitempo ad altre funzioni ed incarichi.

Tra il 2010 e il 2014, le uscite di parte corrente al netto degli interessi sul debito pubblico (costituite dalle spese per il personale, dai consumi intermedi, dalle prestazioni sociali, etc.) sono salite di 27,4 miliardi di euro. Anche in rapporto al Pil, le uscite correnti risultano in deciso aumento: se all’inizio di questo decennio l’incidenza era pari al 41,4%, l’anno scorso la stessa ha toccato il 42,8%. Nel 2014 la macchina pubblica è “costata” agli italiani la bellezza di 692,4 miliardi di euro.

Di segno opposto, invece, l’andamento delle principali spese in conto capitale, vale a dire gli investimenti, strategici per il futuro e rilancio dell’economia e dell’occupazione del Paese. Se nel 2010 il valore ammontava a 64,7 miliardi di euro, nel 2014 è sceso a quota 49,2 miliardi: in 5 anni la caduta degli investimenti è stata spaventosa: -23,9%, pari a una riduzione in termini assoluti di 15,4 miliardi di euro.

«Pur riconoscendo che gli effetti della crisi hanno contribuito a espandere alcune voci di spesa – dichiara il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi – la tanto sbandierata “spending review”, purtroppo, non ha ancora sortito gli effetti sperati. Questa situazione, ovviamente, pregiudica in maniera determinante l’obbiettivo primario che il Governo deve perseguire per riagganciare la ripresa, vale a dire il taglio delle tasse. Senza una drastica e strutturale sforbiciata alla spesa pubblica improduttiva, è impensabile ridurre il carico fiscale sulle famiglie e sulle imprese. Per questo, l’esecutivo deve riprendere in mano il lavoro lasciato a metà dall’ex commissario Cottarelli e portarlo a compimento. Altrimenti, il rischio che dal 2016 scattino le clausole di salvaguardia, con il conseguente aumento dell’Iva al 25%, è sempre più concreto».

Di seguito l’analisi dell’andamento registrato tra il 2010 e il 2014 delle 5 voci che compongono la spesa corrente della pubblica amministrazione (Pa). A seguito della riduzione delle unità di lavoro e del blocco dei rinnovi contrattuali dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche introdotto nel 2010 dal Governo Berlusconi, negli ultimi 5 anni la “Spesa per il personale” è diminuita del 5%: in termini assoluti il “risparmio” per le casse pubbliche è stato di 8,7 miliardi di euro.

Nonostante la centralizzazione degli acquisti dei beni e dei servizi avviata da qualche anno dalla Pa, i “Consumi intermedi” – che includono anche le spese di manutenzione ordinaria, le spese energetiche, quelle di esercizio dei mezzi di trasporto, la ricerca/sviluppo e la formazione del personale acquistata all’esterno – sono saliti del 3,4%. In valore assoluto l’aumento ha sfiorato i 3 miliardi di euro.

Oltre agli stipendi, l’altra voce che compone la spesa corrente ad aver registrato una variazione negativa è stata quella relativa alle “Prestazioni sociali in natura acquistate”, ovvero gli acquisti dei medicinali, dei farmaci, l’assistenza medica, etc. La contrazione è stata pari a 2,5 miliardi di euro (-5,5%).  

Sottolineando che l’80% circa della “Spesa per le prestazioni sociali in denaro” è assorbita dalle pensioni, le uscite per il welfare hanno registrato una vera e propria impennata: l’incremento ha sfiorato il 10%, mentre in termini assoluti l’aggravio è stato di ben 29,6 miliardi di euro. Nonostante gli effetti prodotti dalla riforma Fornero, a condizionare in maniera determinante questa espansione ha contribuito soprattutto la spesa pensionistica e, in misura più contenuta, i provvedimenti a sostegno al reddito erogati a famiglie e lavoratori che in questi ultimi anni si sono trovati in difficoltà. Dal 2014, inoltre, tra le “Prestazioni sociali in denaro” è stato computato anche il bonus degli 80 euro (5,8 miliardi di euro). Infatti, come ha avuto modo di ricordare il Ministero dell’economia e delle finanze qualche giorno fa, le statistiche non classificano il bonus degli 80 euro come un taglio fiscale, bensì come una misura di spesa sociale.

Le “Altre uscite correnti”, infine, sono anch’esse salite in misura importante: se in termini percentuali l’incremento è stato del 10,1%, in valore assoluto questa voce è aumentata di 6 miliardi di euro. Dalla Cgia si sottolinea che in questa voce sono comprese le spese residuali, quali gli ammortamenti e le imposte che versano le Pa.


Andamento delle spese delle Amministrazioni Pubbliche

– Confronto 2010/2014 – Valori in milioni di euro e in %

Voci di spesa corrente 2010 2014 Var. ass. 2014-2010 Var. % 2014/2010
Spese per il personale 172.548 163.874 -8.674 -5,0
Consumi intermedi (1) 87.356 90.325 +2.969 +3,4
Prestazioni sociali in natura acquistate (2) 46.281 43.738 -2.543 -5,5
Prestazioni sociali in denaro (3) 298.695 328.304 +29.609 +9,9
Altre uscite correnti (4) 60.109 66.169 +6.060 +10,1
Spesa corrente al netto interessi 664.989 692.410 +27.421 +4,1
Incidenza % sul Pil 41,4 42,8   +1,4
         
Principali spese per investimento (5) 2010 2014 Var. ass. 2014-2010 Var. % 2014/2010
Investimenti fissi lordi 46.791 36.296 -10.495 -22,4
Contributi agli investimenti 17.937 12.951 -4.986 -27,8
Totale principali spese investimento 64.728 49.247 -15.481 -23,9

Elaborazioni Ufficio Studi CGIA su dati Istat e Ministero dell’Economia e delle Finanze

Andamento delle spese delle Amministrazioni Pubbliche – Serie storica –

Valori in milioni di euro e in %

Voci di spesa corrente 2010 2011 2012 2013 2014 Var. ass. 2014-2010 Var. % 2014/2010
Spese per il personale 172.548 169.615 166.130 164.910 163.874 -8.674 -5,0
Consumi intermedi (1) 87.356 87.166 86.974 89.841 90.325 +2.969 +3,4
Prestazioni sociali in natura acquistate (2) 46.281 44.608 43.345 43.458 43.738 -2.543 -5,5
Prestazioni sociali in denaro (3) 298.695 304.478 311.442 319.688 328.304 +29.609 +9,9
Altre uscite correnti (4) 60.109 60.553 63.532 66.134 66.169 +6.060 +10,1
Spesa corrente al netto interessi 664.989 666.420 671.423 684.031 692.410 +27.421 +4,1
Incidenza % sul Pil 41,4 40,7 41,6 42,5 42,8   +1,4
               
Principali spese per investimento (5) 2010 2011 2012 2013 2014 Var. ass. 2014-2010 Var. % 2014/2010
Investimenti fissi lordi 46.791 45.288 41.295 38.310 36.296 -10.495 -22,4
Contributi agli investimenti 17.937 17.851 17.348 14.451 12.951 -4.986 -27,8
Totale principali spese investimento 64.728 63.139 58.643 52.761 49.247 -15.481 -23,9

Elaborazioni Ufficio Studi CGIA su dati Istat e Ministero dell’Economia e delle Finanze

Note

(1) Include diverse tipologie di spesa tra cui rientrano, ad esempio, le spese di manutenzione ordinaria, gli acquisti di cancelleria, le spese energetiche e di esercizio dei mezzi di trasporto, i servizi di ricerca e sviluppo e di formazione del personale acquistati all’esterno ecc.

(2) Spesa per beni e servizi sostenuta dalle Amministrazioni pubbliche per le funzioni della protezione sociale e della sanità (ad esempio gli acquisti per la sanità come medicinali, farmaci, assistenza medica ecc.).

(3) All’interno delle “Prestazioni sociali in denaro”, nel 2014 è stato computato anche il bonus di 80 euro per una spesa complessiva di 5.850 milioni di euro; come indicato dal comunicato stampa del 2 marzo 2015 del MEF, infatti, le misure statistiche non classificano il bonus di 80 euro come riduzione del peso fiscale, ma come spesa sociale. In riferimento alle “Prestazioni sociali in denaro” circa l’80% è dovuto alle pensioni mentre il 20% è dovuto alle altre forme di assistenza.

(4) Le “Altre uscite correnti” riguardano spese residuali quali gli ammortamenti e le imposte che versano le PA.

(5) Aggregato che rappresenta le spese per investimenti attivati dalle Amministrazioni Pubbliche e quindi gli investimenti fissi lordi e i contributi agli investimenti.

Mestre 14 marzo 2015