Dietro un commiato all’insegna dell’eleganza (nonostante un annuncio a mezzo stampa di tutt’altro genere) il malessere per non essere stata compresa e supportata dal sistema cultura le trentino
Dopo un annuncio a mezzo stampa tramite le colonne di un quotidiano nazionale che ha tolto il tatto ad una serie di incomprensioni durate tre anni, il direttore del Mart, il museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Roverto, la sarda Cristiana Collu, lascia all’insegna dell’eleganza con un commiato corale con tutti i collaboratori del museo che negli ultimi anni ha dovuto sobbarcarsi un periodo sicuramente non facile, ad iniziare dal deciso calo delle risorse economiche dopo la grandeur dell’era Belli (finita alla direzione dei Musei civici di Venezia).
Un addio, quello della Collu, dove sono mancati i vertici del Mart, ad iniziare dalla presidente Ilaria Vescovi, e del rappresentante della proprietà, ovvero la provincia di Trento, che nel Mart ha investito una vagonata di milioni di euro per avere oggi una creatura a mezzo servizio, forte di un grandioso contenitore frutto del genio architettonico di Mario Botta, ma povero di idee e contenuti, privo di una visione a lungo termine, cosa strategica per una moderna programmazione e per il coinvolgimento degli investitori esterni, cosa indispensabile per garantire l’approntamento di iniziative di alto respiro.
«Quando inizia il tempo in cui si potrebbe, è finito quello in cui si può. Ora avrei potuto ma non è più possibile». Cristiana Collu usa un aforisma di una scrittrice dell’Ottocento, Marie von Ebner-Eschenbach, per dire addio alla scadenza del suo mandato, come annunciato a novembre. Lo fa affiancata dai suoi collaboratori e dei rappresentati dell’amministrazione cittadina. «Sono stati tre anni formidabili – afferma Collu – e vorrei fare arrivare a tutti il mio grazie per avermi dato fiducia». Sintetizza il suo viaggio con la frase «nulla separa di più due persone quanto la convivenza che – afferma – è forse una delle ragioni per cui i musei non sono aperti ventiquattro ore su ventiquattro: il divorzio dal pubblico infatti sarebbe fatale. Meglio vedersi spesso e sempre per le migliori occasioni». E nell’accomiatarsi ribadisce che «l’importante è fare la differenza e rifiutarsi d’accettare che è tutto uguale. Bisogna resistere e non derogare». E conclude col fatto che «ci vuole un po’ di anarchia, che non è solo disordine, ma un atto di disobbedienza come quella che fu di Eva e di Antigone».
Nel lasciare la direzione, Collu ha consegnato anche il bilancio dell’attività del museo. «Un report – ha detto – all’insegna della trasparenza e del desiderio di condivisione, che prova a riassumere, come un breviario, un promemoria, un album a portata di mano per completare il quadro dei ricordi dell’esperienza vissuta, virtuale, raccontata, immaginata da ognuno di noi, da tutti coloro che hanno partecipato e hanno fatto in modo che tutto questo fosse possibile, anzi, che tutto questo esistesse». Il bilancio fissa in 216.440 i visitatori del 2014, divisi in 115.788 per il Mart (media giornaliera 364, paganti il 71%), 30.651 per la Casa d’arte futurista Depero (96 media giornaliera, 69% paganti), 9.953 alla Galleria civica di Trento (35 media giornaliera, 64% paganti) e 60.048 extra muros (Aosta, Barcellona, Mag, Cles, Caldes, Sassari). Il bilancio del Mart si assesta a 10.163.000 euro.