Iva “reverse charge”: per le imprese che lavorano con il comparto pubblico meno liquidità

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soldi euro biglietti B 1La Cgia di Mestre stima la perdita in circa 1,5 miliardi di euro a danno del settore produttivo

Fino alla metà del prossimo mese di maggio le imprese che lavorano prevalentemente con lo Stato non potranno disporre di 1,5 miliardi di euro di liquidità. La questione è apparentemente tecnica, tuttavia, l’effetto di questa novità legislativa rischia di mettere a repentaglio la fragilissima tenuta finanziaria di moltissime imprese che lavorano prevalentemente con lo Stato e le Autonomie locali.

A partire dallo scorso 1 gennaio, la legge di Stabilità ha introdotto una disposizione che prevede, nelle transazioni commerciali tra imprese private e pubblica amministrazione, un nuovo regime fiscale noto con il termine “split payment”. In pratica, una volta terminata un’opera, una manutenzione, un servizio o una fornitura di beni a un’amministrazione pubblica, l’impresa deve emettere la fattura con l’Iva. La novità è che l’Iva non dovrà essere incassata dall’imprenditore, bensì dovrà essere direttamente versata all’Erario dal committente pubblico. Pertanto, le imprese che lavorano  prevalentemente  con il settore pubblico non incasseranno più l’Iva e quindi avranno una minore disponibilità di  liquidità. L’Iva incassata fino al mese scorso, comunque, non rimaneva nelle casse delle imprese, ma veniva versata allo Stato entro il mese o il trimestre successivo al pagamento della fattura. In buona sostanza, si trattava di una partita di giro.

Questa “sfasatura” tra l’incasso e il pagamento consentiva alle aziende di recuperare l’Iva pagata sugli acquisti/prestazioni ricevute e di disporre con continuità di una discreta quantità di risorse finanziarie per affrontare le esigenze di pagamento più immediate. Ora, questa possibilità non è più permessa: perciò, le aziende si troveranno a credito di Iva (non potendo, come spiegato, recuperala sugli acquisti) e, almeno fino al prossimo 16 maggio, gli effetti di questa situazione saranno molto negativi. Solo a partire da questa data, il calendario fiscale consentirà alle aziende fornitrici di compensare i crediti Iva maturati con eventuali debiti fiscali verso l’Erario o con gli enti previdenziali/assicurativi (Irap, Irpef, Ires, Inps, Inail, ecc). Pertanto, fino al prossimo 16 maggio coloro che lavorano prevalentemente con il settore pubblico si troveranno a corto di liquidità e, conseguentemente, con un flusso finanziario ridotto ai minimi termini.

«Pur sapendo che la novità fiscale introdotta con legge di Stabilità ha come obbiettivo quello di contrastare l’evasione dell’Iva – segnala il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi – in questi primi 5 mesi dell’anno non saranno poche le aziende che dovranno fare i salti mortali per avere a disposizione un po’ di liquidità. Se a ciò aggiungiamo che chi lavora con la pubblica amministrazione sconta dei ritardi di pagamento non riscontrabili in nessun altro paese europeo, il risultato è drammatico. Lavorare per lo Stato non sempre è conveniente».

Proprio per scoraggiare i ritardi nei pagamenti, dall’inizio di quest’anno c’è una grossa novità: le amministrazioni che impiegano troppo tempo per pagare i fornitori non potranno più assumere. Nel calcolo dei tempi medi di pagamento la legge ha stabilito che entrano in gioco anche gli importi delle fatture e non solo i giorni impiegati per onorare la scadenza. Ad esclusione degli enti del Servizio sanitario nazionale,  coloro che sforeranno queste soglie non potranno procedere ad assunzioni di personale, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi  i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto.