Ancora stagnazione dell’economia in provincia di Trento nel III trimestre 2014

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cciaa trento mauro leveghi giovanni bort 2 1Bort: «per il rilancio dell’economia serve un’accorta politica di sviluppo che tagli le spese e le tasse»

I risultati emersi dall’indagine sulla congiuntura nella provincia di Trento per il terzo trimestre dell’anno evidenziano una situazione di sostanziale stagnazione sul piano dei risultati economici delle imprese.

I timidi segnali di ripresa emersi nei trimestri precedenti sembrano ora affievolirsi e anche le prospettive per i prossimi mesi, così come emerge dal dato sugli ordinativi e dai giudizi espressi dagli imprenditori, non lasciano presupporre cambiamenti di tendenza significativi. I dati complessivi sono il risultato di dinamiche settoriali e per classi dimensionali delle imprese molto difformi. In particolare, sono soprattutto il settore manifatturiero e le imprese di più grande dimensione ad evidenziare un andamento economico chiaramente positivo. La situazione presso le imprese più piccole risulta invece decisamente negativa così come presso alcuni settori economici, in particolare quelli meno aperti al commercio internazionale.

Qualche debolissimo segnale di ripresa si rileva dall’analisi della situazione occupazionale. Il dato complessivo leggermente in aumento è però determinato da alcune variazioni positive di una certa rilevanza che si manifestano presso poche imprese di medio-grande dimensione, mentre le medie e soprattutto le piccole e micro imprese evidenziano un calo delle unità lavorative.

Il giudizio dato dagli imprenditori trentini sulla redditività e sulla situazione economica delle proprie aziende si mantiene anche in questo terzo trimestre del 2014 piuttosto negativo pur evidenziando qualche leggero segnale di miglioramento, in particolare si rileva un aumento dei giudizi orientati alla neutralità rispetto a quelli positivi o negativi. La percentuale di coloro che ritengono la redditività e la situazione economica insoddisfacenti (31,9%) è ancora decisamente superiore rispetto alla percentuale di coloro che le ritengono buone (11,4%), mentre il restante 56,7% le considera soddisfacenti. Il saldo tra le due posizioni contrapposte è pari a -20,5%. Anche in questo trimestre nessuno dei settori evidenzia saldi positivi; meno pessimisti risultano gli imprenditori del settore manifatturiero industriale (-4,9%) e dei servizi alle imprese e terziario avanzato (-7,8%), mentre i saldi maggiormente negativi si rilevano ancora una volta nell’estrattivo (-66,7%). L’analisi dei giudizi, disaggregata per classe dimensionale, mette invece in luce che sono solo le imprese più grandi, quelle con oltre 50 addetti, le uniche a registrare un saldo positivo (+5,1%), mentre tra le imprese più piccole aumentano sensibilmente i giudizi insoddisfacenti, in particolar modo presso le unità con meno di 10 addetti.

Considerando invece la risposta degli intervistati in relazione alla capacità di competere della propria impresa, una percentuale molto elevata ed in aumento rispetto ai precedenti trimestri (76,2%) ritiene tale capacità “media”, l’8,3% “forte” e il 15,5% “debole”. Il saldo tra le due posizioni contrapposte risulta positivo per le imprese con più di 20 addetti, in particolar modo per quelle più grandi con oltre 50 addetti (+18,2%) e negativo per le unità più piccole, in special modo per quelle con 1-4 addetti (-16,7%).

In merito, invece, alla valutazione delle capacità competitive dei concorrenti diretti, le imprese esaminate ritengono i propri concorrenti prevalentemente in possesso di capacità “media” (72,2%). L’opzione “forte capacità” riceve il consenso del 23,0% a fronte di un 4,8% che la valuta “debole”

Le opinioni degli imprenditori in merito alla situazione dell’azienda in termini prospettici (arco temporale di un anno) si mantengono tendenzialmente invariate rispetto ai trimestri precedenti, con un lieve aumento delle risposte orientate alla stazionarietà. Le imprese che temono un peggioramento della propria situazione economica sono il 23,3%, mentre il 9,4% prevede un miglioramento. Il saldo risulta, quindi, ancora negativo (-13,9%) in leggero peggioramento rispetto ai trimestri precedenti. Il settore che denota un maggior pessimismo circa le prospettive future è quello delle costruzioni (-26,4%), mentre gli imprenditori del manifatturiero sono maggiormente ottimisti e gli unici ad evidenziare un saldo positivo (+6,3%).

Se analizzati considerando la serie storica degli ultimi trimestri i giudizi in prospettiva sulla capacità competitiva delle proprie aziende evidenziano invece un lieve miglioramento, che già si era manifestato nel trimestre precedente. Il saldo tra ottimisti e pessimisti è, nel periodo analizzato, pari a +1,0%; risulta positivo presso tutte le classi dimensionali maggiori e negativo presso le imprese più piccole, con meno di 10 addetti.

Per il presidente della Camera di Commercio, Giovanni Bort, «all’inizio del 2014 molti osservatori economici prevedevano che quello in corso sarebbe stato il primo anno in cui il Prodotto interno lordo italiano poteva tornare positivo dopo la recessione registrata nel biennio precedente. In realtà i dati, illustrati nell’indagine curata dall’Ufficio studi e ricerche della Camera, hanno messo in evidenza come proprio a partire dai primi mesi dell’anno l’economia italiana sia entrata in una fase di stagnazione. La spesa pubblica si è mantenuta su livelli modesti, gli investimenti pubblici e privati hanno registrato ulteriori diminuzioni, i consumi delle famiglie, pur con qualche segnale incoraggiante, non sono ripartiti secondo le attese, il trend di crescita delle esportazioni ha subito una decelerazione».

Bort segnala come «la Legge di stabilità varata dal governo italiano nelle scorse settimane sembra caratterizzata da un allentamento dell’attenzione sugli obiettivi di bilancio, così come sta avvenendo anche in altri Paesi europei, per tentare, pur negli stretti limiti indicati dall’Ue, di restituire (ad esempio attraverso misure come il Tfr in busta paga) maggior potere d’acquisto alle famiglie. Ma la Legge di stabilità contiene anche preoccupanti – e, a nostro giudizio, inaccettabili – indicazioni per il 2016 che, in caso di mancato conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, prevedono di varare misure di inasprimento della pressione fiscale (si parla di un aumento dell’Iva dal 22% al 24%) con probabili risultati catastrofici».

A livello locale i dati congiunturali relativi al tessuto economico mostrano analoghe difficoltà, «solo parzialmente compensate da alcune eccellenti performance di imprese medio-grandi del settore manifatturiero e dei servizi che hanno saputo trovare, in questa fase difficile, l’occasione per razionalizzare i processi, abbattere alcune voci di costo, migliorare la qualità del prodotto e, in taluni casi, cercare di consolidare la loro presenza sui mercati esteri – sottolinea Bort – e l’elemento caratterizzante di questa fase economica è rappresentato, anche in ambito locale, dalla persistente debolezza della domanda interna. Anche in questo trimestre il fatturato realizzato dalle imprese in ambito provinciale è diminuito del 3,5% su base annua».

Il mercato provinciale costituisce il mercato più rilevante per il complesso delle imprese trentine, anche se la sua incidenza, in costante, lenta diminuzione negli ultimi anni, è ormai di poco superiore al 45%; il mercato estero pesa invece per il 27,5% una quota che nello stesso periodo è costantemente aumentata.

«Con riferimento alla finanza provinciale il governo centrale (attraverso il cosiddetto “Patto di garanzia”) ha chiesto e ottenuto dalla nostra Autonomia uno sforzo senza precedenti per concorrere all’azione di risanamento delle finanze pubbliche. In un quadro di consistenti tagli al bilancio ‒ ha concluso Bort – la Giunta provinciale, accanto a decise e significative misure per la riduzione e la razionalizzazione della spesa pubblica, ha dovuto, giocoforza, ridurre incentivi e contributi diretti per privilegiare il rafforzamento delle agevolazioni fiscali (agevolazioni IRAP e crediti d’imposta) a favore delle imprese che operano sul territorio, indirizzando le agevolazioni verso quelle che garantiranno piani di investimento strutturale e manterranno i livelli occupazionali.

Abbiamo però chiesto maggiore impegno per tutte quelle imprese – e sono più del 90% del tessuto imprenditoriale – che rappresentano la parte preponderante del sistema economico trentino (costruzioni, commercio, servizi alle imprese) e che operano per soddisfare la domanda locale di beni e servizi, sia pubblica sia privata»