Bilancio dell’andamento dell’economia secondo Federmeccanica nella giornata dell’orgoglio metalmeccanico

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conferenza stampa di Federmeccanica a Udine foto Gasperi 1Tutte le province del NordEst impegnate nell’analisi della situazione del III trimestre 2014, tra luci ed ombre

«Chiediamo al governo di liberare risorse per favorire gli investimenti. Senza investimenti il Paese è destinato al baratro». Così il presidente di Federmeccanica, Fabio Storchi, commentando i dati dell’analisi congiunturale del terzo trimestre 2014.

«Oggi è la giornata dell’orgoglio metalmeccanico, siamo uniti per il rilancio dell’industria che è l’unico modo per riattivare la crescita. Abbiamo coinvolto più di 60 gruppi territoriali in conferenze stampa in tutta Italia per mandare un unico messaggio: la metalmeccanica è centrale per promuovere una nuova stagione di sviluppo».

Il numero uno di Federmeccanica è soddisfatto di provvedimenti come il “Jobs act” e la legge di stabilità: «il governo ce la sta mettendo tutta, ma resta ancora molto da fare nella direzione, ad esempio, dell’abbattimento del cuneo fiscale che nel nostro paese è pari al 53% del costo del lavoro». Eppoi bisogna semplificare perché «non è possibile aspettare più di 120 giorni per ottenere l’allaccio dell’energia elettrica». Storchi illustra quello che è un vero e proprio “manifesto” della meccanica italiana: «abbiamo bisogno di 3 azioni da intraprendere subito: rilancio della domanda interna tramite maggiori investimenti, un mercato del lavoro efficiente ed inclusivo in un sistema che stimoli la partecipazione e la produttività e una politica industriale che favorisca l’innovazione e permetta alle nostre imprese di affrontare la sfida della quarta rivoluzione industriale».

federmeccanica confindustria trento busato benedetti 1Tra luglio e settembre la produzione metalmeccanica in Italia è scesa di un ulteriore 1,5% rispetto al precedente trimestre (-1,9% rispetto all’analogo periodo del 2013), un risultato ben peggiore di quello della media europea, che ha registrato, nel corso degli ultimi dodici mesi, una crescita dell’1,2%. E’ quanto emerge dalla 132a indagine congiunturale di Federmeccanica, che sottolinea che la ripresa “è ancora lontana”. Quello della meccanica italiana è “un ridimensionamento strutturale” con il calo della produzione che, salvo brevi periodi di ripresa, dura ormai da 7 anni. Rispetto alla fase prerecessiva si sono persi quasi 33 punti di produzione e il 25% della capacità produttiva installata; nello stesso periodo, sono andati persi più di 230.000 posti di lavoro.

Storchi evidenzia che «la metalmeccanica non è soltanto il cuore dell’industria italiana e il più rilevante tra i comparti manifatturieri per la sua capacità di contribuire alla produzione della ricchezza nazionale (8%) e di dare lavoro a oltre 1,8 milioni di persone. Lo è anche per la sua propensione all’innovazione, per la spinta competitiva delle sue imprese che si rinnovano e si internazionalizzano e per la volontà e la capacità di reagire, tutti elementi che costituiscono un volano per l’intera economia».

 

Lo studio congiunturale evidenza per il terzo trimestre un leggero incremento delle esportazioni (+0,8%), ottenuto grazie alla domanda che proviene da Cina (+12,4%) e Stati Uniti (+13,7%), che però è stata quasi completamente vanificata dai segni negativi che vengono soprattutto dalla Russia (-11%) anche a causa del conflitto in atto con l’Ucraina, dalla debole congiuntura nei Paesi dell’area dell’euro e dalle tensioni in Medio Oriente. L’unico dato, secondo Federmeccanica, “confortante” rimane quello relativo all’export che è ritornato ai livelli prerecessivi (nello stesso periodo il commercio mondiale è cresciuto del 35,4%) con vendite all’estero pari a 190 miliardi di euro, vale a dire la metà dell’intero export manifatturiero italiano, con un attivo nell’interscambio commerciale pari a 65 miliardi di euro, in grado di contribuire in modo essenziale al riequilibrio della bilancia commerciale, compensando le spese per l’import di energia e materie prime di cui l’Italia è quasi totalmente dipendente dall’estero. Decremento della produzione, ridimensionamento del portafoglio ordini e calo degli occupati: questa la tendenza delineata dallo studio di Federmeccanica che proseguirà fino alla fine dell’anno e che potrebbe limitare fortemente le attese di ripresa per il 2015.

Dallo scenario nazionale, ecco cosa succede nella metalmeccanica del NordEst.

 

Luigi De Puppi dfedermeccanica confindustria Udine 1In provincia di Udine l’industria metalmeccanica è il comparto manifatturiero più rilevante, con 1.997 unità attive a settembre 2014 (33,1% di tutto il settore), il 45% degli addetti manifatturieri, il 51% del valore aggiunto e il 70,2% dell’intero export. Il numero delle imprese metalmeccaniche attive mostra un calo del 3,4% nel III trimestre del 2014 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, la produzione siderurgica è diminuita del 10,3% e quella meccanica dello 0,9%, sempre rispetto al 3¸ trimestre del 2013. Questi alcuni dati presentati da capogruppo delle aziende metalmeccaniche della Confindustria di Udine Luigi De Puppi, per il quale «secondo l’indagine congiunturale dell’ufficio studi di Confindustria i timidi segnali positivi per il comparto all’inizio del 2014 non hanno poi trovato conferma nei dati dell’ultimo trimestre finora disponibili».

Se nel primo semestre 2014 le esportazioni avevano supplito alle perduranti difficoltà del mercato interno registrando un incremento del 9,8%, nel III trimestre 2014 l’industria metalmeccanica ha fatto segnare una battuta d’arresto, deludendo le attese di quanto avevano previsto una ripresa più consolidata. «A fronte di questa situazione – ha commentato De Puppi – sarà determinante il piano industriale che la Regione sta impostando e che attendiamo di vedere». Sempre alla Regione, il capogruppo ha chiesto attenzione per il comparto in termini di «più infrastrutture, più formazione con una maggiore integrazione tra scuola, università e sistema delle imprese, sburocratizzazione». Ciò che il settore si aspetta dalla politica regionale e nazionale per un rilancio dell’industria metalmeccanica, ha sottolineato De Puppi, è «coraggiose riforme strutturali, sostegno al lavoro e all’impresa, perché senza lavoro e impresa non c’è nemmeno il lavoratore, più efficienza e velocità nel sistema della giustizia». Sulle riforme messe in cantiere dal governo nazionale in carica, De Puppi ha concluso dicendo che «almeno Renzi ci sta provando, sarà anche compito del nostro settore aiutarlo ad attuarle».

 

Per Gianfranco Bisaro, presidente della Sezione metalmeccanica di Unindustria Pordenone, «l’impresa è una fucina di attività e di interesse sociale, un elemento di forza aggregatrice per il territorio tra coloro che imprendono e quanti lavorano attorno all’impresa». Per il direttore di Unindustria Pordenone, Paolo Candotti, «a livello provinciale c’è una sostanziale corrispondenza col calo nazionale: 30% in meno della produzione industriale dal 2008 al 2014. Il fatturato complessivo, peraltro, sottolinea un calo del 50% che incrocia sia la perdita di produzione sia una compressione dei prezzi di vendita, si sono cioè assottigliati i margini per poter stare sui mercati con maggiore competitività. Questa flessione si è addensata per lo più sul mercato domestico. Sono migliori le prospettive sull’export che, nonostante il saldo negativo del 24%, da un paio di anni fa registrare indicatori positivi. Dentro questo periodo ci sono stati processi di ristrutturazione con ricorso agli ammortizzatori sociali, licenziamenti collettivi e procedure di mobilità, talvolta casse in deroga. Dal 2008 al 2014 in provincia di Pordenone, nel settore metalmeccanico, sono state erogate 14.600.000 ore di cassa integrazione straordinaria e 7.400.000 di ordinaria». Renato Mascherin, vice presidente della Sezione metalmeccanica pordenonese, ha spiegato che «le aziende sopravvissute si sono delocalizzate o localizzate in paesi a basso costo, oppure hanno spinto prodotto e costo poiché quello era il loro posizionamento. Altre si sono ristrutturate, qualcuno ha ricapitalizzato riorganizzando, per recuperare la competitività. Altre stanno tenendo duro nei modi più disparati: aumentando ore, riducendo lo stipendi e tanto altro ancora. Quindi in molti stano ancora soffrendo. Si sta percependo la consapevolezza di un declino rapido».

Cunindustria PN metalmeccanicaonfindustria Modena, Unindustria Bologna e Unindustria Ferrara, che hanno avviato un percorso di fusione, uniscono la voce a Federmeccanica e denunciano le criticità che anche a livello locale toccano il settore. «Non possiamo che unirci all’appello del presidente di Federmeccanica Fabio Storchi per tenere alta l’attenzione sul comparto – hanno spiegato Massimo Goldoni, capo sezione meccanica di Confindustria Modena, Sonia Bonfiglioli, presidente del settore metalmeccanico di Unindustria Bologna, e Renato Chiavieri, capo sezione meccanica generale di Unindustria Ferrara – Un settore decisivo come la metalmeccanica, che ci vede secondi solo alla Germania per competitività, ha bisogno di un sistema-Paese che consenta alle imprese di esprimere tutte le loro potenzialità. Occorrono misure che le liberino dai vincoli burocratici e che le sostengano nella ricerca e nell’innovazione. Chiediamo al governo una politica industriale di supporto a un settore che rappresenta l’8% del Pil nazionale impiegando 1.800,000 persone e che sta vivendo un momento di grande sofferenza». L’industria metalmeccanica, ricordano, è l’ossatura portante per l’economia dell’Emilia Romagna, oltre che uno dei poli più importanti nazionali. Rappresenta il 36,9% della manifattura a Modena, il 46,7% a Bologna e il 42,3% a Ferrara. Nelle tre province le imprese meccaniche raggiungono quota 9.041. La crisi si è manifestata con un calo delle imprese in tutti e tre i territori: nei primi sei mesi del 2014 Modena ha registrato un -1,9%, Bologna -1,4% e Ferrara -3,2%. Nel secondo trimestre 2014 la produzione meccanica si presenta diversificata: a Modena la meccanica di base e gli apparecchi meccanici hanno un andamento opposto (+4,7% e -3,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), a Bologna l’industria meccanica e il packaging sono stabili (+0,5%), Ferrara registra un -3,2%. Lo stesso dicasi per il fatturato: a Modena è in crescita nella meccanica di base e stabile negli apparecchi meccanici (+11,2% e +0,4%), a Bologna l’industria metalmeccanica registra un -0,7%, mentre la filiera del packaging ottiene un +2,4%; a Ferrara si attesta a -0,7%. A dare respiro alle performance della meccanica continua a essere l’export, che anche nei primi sei mesi dell’anno è risultato in crescita: 6,3% a Modena, 6,2% a Bologna e 12,4% a Ferrara. Un segnale leggermente positivo arriva anche dalla cassa integrazione, che nel periodo gennaio-settembre 2014 risulta (in modo diversificato) in calo in tutte e tre le province, tranne la cassa straordinaria a Ferrara che risulta in crescita del 251,7% (3,9 milioni di ore). Per Unindustria Reggio Emilia l’industria metalmeccanica emiliano-romagnola è composta da 26.038 unità locali e occupa 216.633 lavoratori. Gli addetti del settore rappresentano il 52,3% degli occupati dell’industria manifatturiera e il 18,9% dell’intera forza lavoro regionale. Se si raffrontano questi dati con quelli relativi al 2008, si evidenzia un calo dell’11% per gli addetti. Uno degli indirizzi principali per superare la crisi è aumentare l’export. Nel 2013 il valore delle esportazioni ha infatti raggiunto i 28,5 miliardi di euro e ha superato dell’1,1% l’ammontare delle merci esportate nel 2008. «L’industria metalmeccanica dell’Emilia – afferma Luca Bergonzini, presidente del gruppo metalmeccanico di Unindustria Reggio – ha un andamento diverso da quanto registrato nel resto d’Italia: qui c’è una serie di aziende che, puntando su innovazione ed esportazioni, sono riuscite a recuperare la situazione pre-crisi. In Romagna ci sono meno imprese che hanno puntato sulle nicchie e sull’high quality, e questo le pone più in linea con la situazione di difficoltà del resto d’Italia». Per quanto riguarda l’export, «oggi come oggi gli Stati Uniti sono il paese di riferimento, grazie ad un Pil che cresce in modo notevole».

 

In Veneto, l’industria vicentina si conferma ancora un’“isola felice”. La situazione congiunturale del terzo trimestre 2014 presentata dal presidente della sezione meccanica, metallurgica ed elettronica di Confindustria Vicenza, Massimo Carboniero, evidenzia come le aziende beriche del settore metalmeccanico hanno registrato un incremento della produzione, pari allo 0,78%, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nello stesso periodo le vendite sul mercato interno sono risultate in lieve crescita (+0,4%), un dato favorito dalle perfomance delle macchine utensili, che evidenziano aumenti sino a +12-15%. Sempre dai dati relativi al terzo trimestre dell’anno le note migliori sono arrivate dalle esportazioni, che si confermano il fattore più importante nelle dinamiche produttive vicentine: la domanda estera è aumentata, rispettivamente del 3,14% verso i paesi europei e del 6% verso i paesi extra-europei. L’andamento occupazionale ha presentato ancora un leggero segno negativo, con un calo del numero di addetti dello 0,4%. Le ore di cassa integrazione guadagni ordinaria autorizzata nel Vicentino nel periodo gennaio/settembre ha tuttavia registrato una diminuzione del 33,44% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le aspettative degli imprenditori per il quarto trimestre sono caratterizzate da incertezza: la produzione dovrebbe subire una contrazione dell’1,75% così come le vendite sul mercato interno del 4,09%; le previsioni sulle esportazioni sono in diminuzione (-3,07%), mentre quelle occupazionali attendono un ulteriore calo dello 0,41%.

Federmeccanica confindustria Padova presidente Mario Ravagnan Giopp e Berto 1Diversa la situazione nel Padovano, dove la locale sezione Federmeccanica vede numeri in negativo, con la produzione che cede il 3,6% nel terzo trimestre (16,8 punti percentuali dall’inizio della crisi). Per il presidente della Sezione Metalmeccanici di Confindustria Padova, Mario Ravagnan e il vice presidente Enrico Berto, la produzione metalmeccanica padovana, dopo i segnali di ripresa nel primo trimestre (+3,7%) e nel secondo (+2,8%), ha subito una battuta d’arresto nel terzo trimestre del 2014 cedendo il 3,6% nel confronto con lo stesso periodo del 2013. Nella media dei primi nove mesi la tendenza è lievemente positiva (+1,0%). Ma la distanza dai volumi pre-crisi è ancora profonda: 16,8 punti. Una cattiva notizia per tutta l’economia territoriale, dato che la metalmeccanica pesa il 58% dell’export “Made in Padova” (5 degli 8,7 miliardi), oltre 5.200 imprese con 55.000 addetti. In leggero recupero l’occupazione fra luglio e settembre (+1,0%), ma per il lavoro è ancora lontana la schiarita. Fra gennaio e ottobre le ore di Cig per gli addetti della metalmeccanica sono state 3.690.000, a fronte di 4.700.000 nello stesso periodo del 2013. Ma settembre (quasi 700.000 ore) e poi ottobre accelerano il ricorso agli ammortizzatori. La debolezza dell’attività economica, che ha limitato gli investimenti del comparto, proseguirà nello scorcio d’anno e il conto della crisi resta in rosso: dal 2009 la metalmeccanica padovana ha perso 517 imprese e 2.905 posti di lavoro.

A Verona sono attive oltre 3.400 imprese metalmeccaniche. Buona la performance dell’export del settore che nel 2013 ha raggiunto la quota di circa 3.641 milioni di euro. Un trend quello delle esportazioni che ha segnato valori positivi anche durante tutto il periodo della crisi. «Oggi con questa iniziativa vogliamo testimoniare la grande coesione del sistema industriale e metalmeccanico. Siamo infatti tutti uniti nel chiedere con forza un’attenzione verso il mondo dell’impresa che porta benessere e sviluppo per tutti. In contro tendenza rispetto ai dati congiunturali nazionali a Verona la nostra produzione manifatturiera nel secondo Trimestre 2014 ha segnato un +1,02. – ha dichiarato Filippo Girardi presidente Sezione Metalmeccanici di Confindustria Verona -. Il comparto metalmeccanico veronese rappresenta un quarto dell’interscambio metalmeccanico regionale e ha una forte propensione all’export che infatti nel primo semestre 2014 rappresenta il 41% di tutto l’export manifatturiero provinciale. Dati che ci fanno ben sperare ma che non possono farci stare tranquilli perché sappiamo che la strada per la ripresa è ancora lunga».

 

In provincia di Trento l’industria metalmeccanica, dopo il calo nel 2009 del 33% circa di fatturato e produzione, in linea con la media nazionale, dal 2010 è stata protagonista di una ripresa, che ha raggiunto un incremento del 6% del fatturato nel 2013 e di circa il 15% di produzione fino al primo trimestre del 2014. Nel secondo e nel terzo trimestre invece spicca un calo complessivo del 9%. Tra le cause viene indicata la crisi del settore edilizio e l’embargo alla Russia. Per il direttore di Confindustria Trento, Roberto Busato, e il presidente della Sezione metalmeccanica Alessandro Benedetti, «questo è stato un calo che ci ha sorpreso e che ci spinge oggi a chiedere alla Provincia autonoma di Trento di osare e investire di più per rilanciare il settore e l’economia del Trentino in generale, anche se siamo grati alla Provincia di avere assorbito lo 0,4% di incremento dell’Irap attuato dal Governo Renzi e di permettendo un tasso provinciale del 2,3% a fronte di quello nazionale del 3,9% nel 2015». Le industrie metalmeccaniche in provincia di Trento sono 223, pari al 36% del totale, con 10.594 dipendenti pari al 35% dei complessivi lavoratori. Di queste il 20% è associato a Confindustria Trento. Il comparto ha una forte propensione all’export: l’incidenza sul fatturato complessivo è pari al 54%, rispetto al 46% della media dell’industria manifatturiera. Le esportazioni trentine del settore metalmeccanico sono destinate per quasi il 58% al mercato europeo; quasi un quinto dell’export totale è assorbito dall’Asia; il 12% dei prodotti del settore sono collocati, invece, sul mercato statunitense. Tra i principali prodotti della metalmeccanica trentina che vengono esportati ci sono quelli della filiera dell’automotive, macchine per il riscaldamento-condizionamento, macchine utensili, macchine per la produzione e motori con la relativa componentistica.