Confagricoltura Fvg: l’Italia può ripartire dall’agroalimentare

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Claudio Cressati presidnete confagricoltura FVG
Claudio Cressati presidnete confagricoltura FVGSemplificazione, riduzione del cuneo fiscale, internazionalizzazione, aggregazioni. Le proposte dell’agricoltura presentate a 4 ministri

Superare oneri e costi della burocrazia, eliminare le strutture intermedie, aumentare la dimensione economica delle imprese, creare un’agenzia per l’internazionalizzazione dell’agroalimentare. Insomma: liberare risorse utili per dare linfa alle imprese attraverso investimenti finalizzati alla crescita e allo sviluppo del comparto.

«È quanto abbiamo detto a Roma ai ministri Martina, Poletti, Lorenzin e Galletti – spiega il presidente di Confagricoltura Friuli Venezia Giulia, Claudio Cressati – insieme alla Cia e all’Alleanza delle cooperative agricole e agroalimentari. Siamo fermamente convinti – prosegue – che è proprio facendo leva sui suoi veri punti di forza che l’agroalimentare, in questa fase delicata, può essere determinante per l’economia italiana. C’è un enorme potenziale di crescita sui mercati internazionali, ma la forza del “Made in Italy” non è oggi supportata da una produzione e una distribuzione altrettanto solide». Infatti, nonostante le esportazioni agroalimentari italiane abbiano registrato una crescita negli ultimi 10 anni, la quota di mercato detenuta dall’Italia a livello mondiale è diminuita dal 3,3 al 2,6%. E se gli scambi commerciali a livello internazionale dei prodotti agroalimentari sono triplicati, Paesi come Cina e Brasile sono cresciuti a ritmi molto più veloci del nostro.

La domanda alimentare all’estero è in continua crescita, ma facciamo fatica a soddisfarla: i nostri costi di logistica sono molto elevati; ci sono troppi soggetti impegnati nel supporto al sistema agroalimentare; c’è troppa burocrazia. Infine, le imprese che operano nel comparto alimentare sono di piccole dimensioni. La superficie media delle imprese agricole italiane non supera gli 8 ettari ed è tre volte inferiore a quella della Spagna (24 ettari) e molto di sotto a quella di Francia (54) e Germania (56). Anche questo costituisce un forte limite, nel momento in cui proprio alla dimensione aziendale sono correlati molti elementi centrali per la competitività delle imprese, in primis le capacità finanziarie e di investimento e la possibilità di rispondere ai volumi richiesti da grandi piattaforme logistiche e distributive.