Consiglio provinciale di Trento, dibattito acceso sui risultati dell’accordo finanziario Stato-Provincia

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Consiglio pat Bruno Dorigatti aulaAgFB 1Rossi: «un patto lungimirante che porterà vantaggi all’autonomia». Opposizioni schierate nella critica dura ai contenuti del patto

Il presidente della provincia di Trento, Ugo Rossi, ha illustrato in aula ai consiglieri provinciali il contenuto dell’accordo finanziario tra lo Stato e le province autonome di Trento e di Bolzano sottoscritto l’altro giorno a Roma.

Rossi ha definito l’accordo un «patto di garanzia tra province, regione e stato» per poter disporre di uno «strumento certo e in una logica di protezione da ogni ulteriore eccesso quali quelli a cui abbiamo assistito in questi ultimi anni». La Provincia si è posta in prospettiva di difesa, ma anche di collaborazione, ha detto Rossi, una collaborazione finalizzata alla revisione dei rapporti finanziari e al raggiungimento di un accordo complessivo, nel quadro di forte criticità dei rapporti con lo Stato.

Rossi ha ripercorso brevemente le tappe dei rapporti finanziari con lo Stato a partire dall’accordo di Milano e dalle relazioni finanziarie Stato-Provincia intervenute dopo quel passaggio; il varo di continue manovre finalizzate al pareggio del bilancio statale e all’assolvimento di impegni con la comunità europea e i conseguenti contenziosi e ricorsi alla Corte da parte della Pat per la lesione delle prerogative autonomistiche. L’accordo di Milano si prefiggeva di stabilire un contributo fisso quale concorso agli obiettivi di finanza pubblica. Il patto di Roma riconosce la possibilità dello Stato di intervenire solo nel caso di manovre straordinarie e per finalità e periodi definiti, fino ad un massimo di 10+10% di concorso (ovvero 38+38 milioni di euro): «un parametro fisso di legittimità dell’intervento statale», una limitazione apprezzabile, ha osservato Rossi, nel senso della limitazione «con effetto protettivo e non elusivo rispetto alla normativa vigente, una garanzia reciproca che impedisce interventi aldilà dei parametri previsti dall’accordo».

Il ritiro dei contenziosi da parte della Provincia (per un valore di 3 miliardi di euro), ha precisato Rossi, interverrà solo in subordine al recepimento dei contenuti dell’accordo nella legge di stabilità 2015. Infine, un incisivo preambolo all’accordo, definito da Rossi «di grande portata» sottrae regione e province autonome da ulteriori obblighi e oneri derivanti da manovre statali di finanza pubblica che stanno scatenando una rivolta da parte delle altre regioni.

Alle dichiarazioni di Rossi sono seguiti gli interventi dei cari rappresentanti delle opposizioni. Per Progetto Trentino, Walter Viola ha riconosciuto la correttezza del metodo seguito dal presidente Rossi «che ha coinvolto l’aula» a trattativa ancora non completamente chiusa. I dati però non sono rassicuranti. «L’accordo riguarda otto anni e non si sa quanto potrà tenere visto anche lo scarso rispetto dell’intesa di Milano del 2009. Non si capisce poi cosa ne è stato del residuo fiscale, che sembrava la strada maestra della maggioranza e in quest’accordo non è neppure citato. Altro aspetto critico: legare tutto al debito dello Stato anziché a cifre fisse e alla nostra capacità contributiva ingessa la nostra capacità di intervenire a valle». Viola ha criticato la rinuncia ai ricorsi alla Corte costituzionale, fatto che priva la Provincia di garanzie nei rapporti con i governi. Per Viola l’enfasi posta del Patt sull’autonomia «cozza con i fatti perché proprio questo è il concetto sempre più calpestato dallo Stato», che considera se stesso più efficiente delle regioni. La preoccupazione non può quindi che essere altissima, perché se la riforma del Titolo V della Costituzione andasse avanti, le soluzioni per combinare l’accordo finanziario con le onerose competenze che ci sono assegnate non sarà facili. Infine, per Viola occorre smetterla con la demagogia di chi rivendica il diritto a un’autonomia integrale, giuridicamente inaccettabile. «Meglio rimboccarsi le maniche, perché il futuro non è certo roseo».

Giacomo Bezzi (Forza Italia) ha criticato le dichiarazioni del Patt che «ha spedito a Vienna una cartolina entusiasta dell’accordo giudicato di valore “epocale”. Di positivo in quest’accordo ci sono le deleghe per il credito d’imposta che potrebbero rendere meno assistenzialista l’amministrazione provinciale del sistema economico. Se quest’accordo vuol dire mangiare la minestra o saltare dalla finestra, quello che però – ha lamentato Bezzi – non mi va giù il fatto di rinunciare ai ricorsi alla Consulta, che valgono tre miliardi. Ma la questione più che di risorse è di principio nei rapporti con lo Stato, che così è autorizzato dalla Provincia mettere le mani delle tasche dei trentini decidendo per noi a prescindere dallo Statuto di autonomia. Il mio consiglio è allora di rivedere almeno questo punto». Anche perché per Bezzi «non è vero che quest’accordo blinda l’autonomia fino al 2023 dandoci una cornice di certezze e di garanzia. Questo non sta scritto da nessuna parte».

Critiche anche da Massimo Fasanelli (Gruppo Misto) e Maurizio Fugatti (Lega Nord).

Per la maggioranza, Gianpiero Passamani (Upt) ha espresso il giudizio positivo del proprio gruppo all’accordo del presidente Rossi con lo Stato, raggiunto in un clima sfavorevole: «non c’è spazio per l’entusiasmo ma almeno non lavoriamo più a vista come prima».

Nella sua replica, il presidente Rossi ha ringraziato tutti i consiglieri intervenuti. «Non sono venuto a cantare vittoria, non sono venuto ad esultare, anche un po’ perché non è mia abitudine. E poi – ha aggiunto – perché dobbiamo avere rispetto per la costruzione della legge di stabilità anche nei confronti delle altre regioni». Rossi ha anche avvertito che «ogni frase che pronunciamo in quest’aula in questo periodo, viene monitorata attentamente dai nemici dell’autonomia che albergano in Parlamento e nel governo!. Questo a suo avviso è «un accordo unico che si fa in tre e non in due perché coinvolge anche la Provincia di Bolzano».

«Non sono venuto in quest’aula nemmeno a fare propaganda politica – ha proseguito Rossi – ma come presidente di una provincia autonoma, con un approccio improntato alla responsabilità e alla consapevolezza che per raggiungere un accordo occorre mettere le carte sul tavolo da una parte e dall’altra. Questo con governi di qualsiasi colore. Le istituzioni autonomistiche vanno difese sapendo però leggere i contesti in cui viviamo».

Quanto all’utilizzo del criterio del residuo fiscale, secondo Rossi «abbiamo cercato di proporre un modello allo Stato, che poteva durare nel tempo. Ma il rischio era altre regioni avrebbero potuto legittimamente chiedere di poter utilizzare lo stesso modello mettendo in crisi l’architettura della finanza pubblica statale». Ancora a favore del residuo fiscale Rossi ha ricordato che «i 414 milioni da noi dovuti allo Stato, in base al residuo fiscale avrebbero comportato 500 milioni di aggravio per la Provincia».