Incipit Records/Egea pubblica il lavoro del nipote di Adriano Celentano spaziando dai blues lenti, al Rock and Roll, alle ballate jazzate
di Giovanni Greto
“Voglio essere me”, che dà il titolo all’album, è la prima di 11 gradevolissime canzoni, composte e cantate da Gino Santercole, finalmente in primo piano, di cui si ricorda la lunga militanza nel Clan del famoso zio Adriano (Celentano).
Sorprende il timbro della voce, che non pare affatto quello di una persona arrivata all’età di 74 anni. Già questa è una bella notizia per quanti pensano che quando si arriva alla terza età non valga più la pena di vivere, per rimanere in attesa di “sorella morte”. Santercole dice di no. Finché una persona coltiva interessi, si dedica a ciò che le piace, ponendosi magari dei traguardi – in questo caso l’incisione di un CD -, la vita continua, tra alti e bassi, gioie e dolori, certo, comunque ricca di stimoli.
I brani in scaletta passano dai blues lenti, al Rock and Roll, alle ballate jazzate che possono ricordare le atmosfere tipiche di Paolo Conte, ad atmosfere latine (“Un tango ballato nel fango”). La voce di Santercole, a tratti roca, è sostenuta da una dizione chiara. Ben studiata la scelta degli strumenti, dall’organo Hammond, a una coppia d’archi (viola e violino), alle chitarre, in due casi accarezzate anche dal leader, ai fiati, tra i quali spiccano i sassofoni, protagonisti di indovinati assolo, per commentare una strofa o il passaggio dalla prima alla seconda parte di un brano, come in “Such a cold night tonight”, tratta da “Yuppi Du”, eseguita nell’arrangiamento originale di Detto Mariano. C’è anche un testo di Leo Chiosso, autore per i grandi interpreti della canzone italiana ai tempi della Tv in bianco e nero, “Succede”, in cui si parla de “la solita storia di sempre, la solita storia di due che si amano e poi all’improvviso”, elegantemente messo in musica da Santercole.
“Voglio essere me”, un incalzante “Rhythm and Blues”, diventa uno sfogo rabbioso su ciò che a Santercole non va, anche se prende la via del sermone, come succede spesso nei brani del celebre zio. E’ però ben arrangiato da Fabio Frizzi, responsabile di “Nuova orchestrazione”, di cui, purtroppo, il libretto interno non svela i nomi dei musicisti. Nel repertorio compare anche la narrazione di una lunga storia d’amore, con i consueti alti e bassi, “Cambiare per cambiare”, dialogo tra Gino e Melu, la sua compagna da oltre quarant’anni. “Nessuno è solo” narra invece di una storia d’amore finita, che mette in crisi esistenziale il protagonista maschile. Il disco si conclude con i ricordi d’infanzia del cantautore. “Il valzer di Zio Amedeo”, solamente strumentale, è la musica che il piccolo Gino ascoltava nel cortile di casa, dove suo padre suonava una chitarra che si era fatto da solo, lo zio Amedeo il mandolino, mentre la madre cantava. Santercole ha voluto inciderla in casa, forse per respirare l’atmosfera felice di una famiglia di emigrati pugliesi a Milano, in un cortile della via Gluck.