Tfr in busta paga, Renzi toppa: per le aziende un costo annuo da 3.000 a 30.000 euro

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soldi euro biglietti portafoglio 1Invece di rilanciare l’economia, il governo rischia di affossarla definitivamente. Bortolussi: «sarebbero pochi gli imprenditori in grado di farsi carico di questo costo aggiuntivo»

Sull’inserimento del Tfr in busta paga, Matteo Renzi ha toppato clamorosamente: invece di tentare di rilanciare un’economia che mostra ogni giorno che passa inequivocabili segnali di crescita della crisi, la proposta lanciata durante un’intervista televisiva rischia di trasformarsi in un boomerang per l’economia nazionale e per le migliaia di piccole e medie imprese che ancora sopravvivono in Italia.

Oltre ad essere in palese contrasto con le strategie pensionistiche attivate nel corso delle ultime riforme che, con il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, ridurranno sensibilmente la quota di copertura della pensione rispetto all’ultimo stipendio (si passerà dal 75-80% a circa il 50-55%) e avevano individuato nel Tfr il polmone finanziario per produrre un’integrazione pensionistica, c’è anche il rischio che la potenziale immissione di una quota del Tfr nei redditi più bassi faccia perdere agli aventi diritto il bonus degli 80 euro erogati da Renzi a coloro che guadagnano meno di 25.000 euro lordi: oltre al danno, (la perdita degli 80 euro garantiti dal Fisco), anche la perdita di una rendita pensionistica futura e la perdita del trattamento fiscale agevolato gravante sul Tfr a favore di quello ordinario gravante sulla busta paga. Se non mazziati, i potenziali beneficiari dell’ennesima proposta frutto dell’“annuncite” renziana sarebbero quanto meno dei cornuti.

Questo non è tutto: sarebbero problemi, oltre che per i beneficiari, anche per le aziende incaricate di erogare il dovuto. Secondo i calcoli dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre, l’eventuale anticipazione del 50% del Tfr ai dipendenti potrebbe costare alle piccole imprese un importo annuo oscillante tra i 3.000 e i 30.000 euro circa. Troppo in un contesto dove le aziende hanno gravissimi problemi quotidiani di liquidità.

Secondo il segretario degli artigiani mestrini Giuseppe Bortolussi, «premesso che il Tfr è una forma di salario differito, vale a dire sono soldi dei lavoratori, e considerata la carenza di liquidità che caratterizza attualmente le piccole imprese, sono pochi gli imprenditori che potrebbero disporre delle risorse necessarie per anticipare metà del Tfr ai propri dipendenti. Non solo: vista la scarsa solvibilità in cui versano, difficilmente le banche sarebbero disponibili a elargire prestiti a soggetti estremamente a rischio d’insolvenza. Queste ultime, lo sappiamo bene, in questo momento prestano il denaro solo a chi ha una certa solidità finanziaria; agli altri, purtroppo, l’accesso al credito bancario è praticamente precluso».

La Cgia ha elaborato alcune situazioni tipo. Per una falegnameria artigiana con 5 dipendenti, stando alle disposizioni previste dal contratto di lavoro del legno del settore artigiano, se tutti i dipendenti chiedessero l’anticipazione in busta paga del 50% del Tfr maturato in un anno, l’azienda dovrebbe farsi carico di un esborso aggiuntivo annuo pari a 2.990 euro, mentre ciascun operaio beneficerebbe di un aumento annuo pari a 460 euro, che si tradurrebbe in 35 euro in più al mese (per 13 mensilità) in busta paga. Un negozio di abbigliamento con 10 dipendenti, in funzione delle specifiche previste dal contratto del commercio, se anche in questo caso tutti i dipendenti chiedessero l’anticipazione del 50% del Tfr, l’esborso annuo a carico dell’impresa sarebbe di 7.026 euro. A ciascun dipendente finirebbero in busta paga 38 euro in più al mese (per 14 mensilità), pari a 539 euro aggiuntivi all’anno.

Per un’azienda tessile dell’industria con 25 dipendenti, la richiesta del Tfr costringerebbe l’impresa ad un esborso annuo pari a 16.952 euro. Ciascuno degli operai o degli impiegati disporrebbe di un aumento annuo di 521 euro pari a 40 euro in più al mese per 13 mensilità; in un’industria metalmeccanica con 40 dipendenti con tutti gli operai e gli impiegati che chiedessero l’anticipazione, l’azienda dovrebbe elargire ai richiedenti 28.656 euro all’anno. Per ciascuna delle 13 mensilità, ad ogni dipendente finirebbero 42 euro, pari a 550 euro in più all’anno.

Gli importi in busta paga, infine, sono stati calcolati ipotizzando che il Tfr non concorra al reddito complessivo e quindi non sia soggetto alla progressività dell’IRPEF. In particolare, si sono applicate le disposizioni che regolano la tassazione delle anticipazioni dell’IRPEF; nel caso in oggetto, si tratta di un prelievo corrispondente a circa il 23% per cento del Tfr (al netto della contribuzione aggiuntiva). Se, invece, l’inserimento del Tfr in busta paga fosse soggetto all’aliquota ordinaria, i benefici per il salariato si ridurrebbero, mentre aumenterebbe il gettito fiscale, grazie al passaggio dalla fiscalità agevolata a quella ordinaria delle somme prelevate dal Tfr e trasferite in busta paga.