Dopo 505 giorni di sospensione, il tribunale annulla il divieto di dimora
Sarà stato l’esilio dei 500 giorni, 505 esattamente, quello dal quale, il 3 ottobre prossimo, rientrerà il 36enne sindaco di Cortina, Andrea Franceschi. Il tribunale di Belluno ha emesso il provvedimento di cessazione del divieto di dimora imposto il 15 maggio 2013 e spetta ora al prefetto ratificare la revoca del divieto a ritornare nel capoluogo dolomitico.
«Il sindaco tornerà nel pieno delle sue funzioni» dice il legale di Franceschi, Antonio Prade, che segue il sindaco sin dall’avvio dell’inchiesta scattata nel 2012. Assieme ad altre sei persone, Franceschi era stato iscritto nel registro degli indagati: a far scattare le indagini era stato un esposto dell’ex responsabile dell’ufficio lavori pubblici che aveva segnalato alcune presunte irregolarità in alcuni bandi comunali, tra cui quelli per l’appalto rifiuti. Di quel periodo anche le accuse di violenza privata per le presunte pressioni esercitate sui vigili per evitare l’installazione in città di autovelox.
Sposato e padre di due bimbi, Franceschi era stato arrestato dalla Guardi di finanza di Belluno il 24 aprile 2013 e posto ai domiciliari per qualche settimana prima di “suggeririgli” di trovarsi un appartamento a San Vito di Cadore. Pochi chilometri da Cortina sulla strada verso Belluno, ma che a Franceschi sono sembrati anni luce, nonostante alcune ore di rientro a fine luglio per supportare l’attività nell’albergo dei genitori, visto l’attivismo che lo aveva sempre contraddistinto nel lavoro in comune. Eletto sindaco la prima volta a soli 28 anni, Franceschi venne riconfermato nel maggio 2012 con il 54,3% dei consensi. Leader della civica “Progetto per Cortina” è un economista bocconiano e albergatore per tradizione familiare. Tra i suoi cavalli di battaglia la difesa della residenzialità e il no a nuove costruzioni per seconde case. E’ stato quindi capofila della “crociata” di Capodanno contro gli ispettori dell’Agenzia delle Entrate, a caccia di ospiti e imprenditori locali “furbetti” («siamo vittime di un’operazione mediatica» disse in quell’occasione).
Francheschi ha definito la sua vicenda, riassumendola nel libro “Un sindaco in esilio”, «una faida nata da burocrati e oppositori, pronti a denunciare solo quando non vengono riconfermati o a soffiare sul fuoco portando fascicoli su fascicoli agli inquirenti, facendo segnalazioni, denunciando il marcio dove il marcio non c’è». Il processo al sindaco di nuovo in sella continuerà con l’udienza del 14 gennaio.