Il direttore wagneriano Haenchen e i solisti ai vertici mondiali nell’esecuzione di questo repertorio, sul palco con l’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento e il Coro da camera sloveno di Lubiana
Uno straordinario affresco di musica sinfonico-corale, un’opera imponente, con un impatto visivo spettacolare, considerando che sul palco ci saranno 130 persone. Tutto questo è lo Stabat Mater di Antonin Dvořák che venerdì 26 settembre inaugurerà la stagione 2014-2015 del Teatro Verdi di Pordenone.
Un’opera raramente portata in scena, appunto a causa dell’organico imponente che richiede e che affrontano soltanto i direttori più curiosi. Non a caso, dopo Pordenone la serata sarà replicata soltanto al Festival Anima Mundi di Pisa, sabato, nella cattedrale della città. «Un evento, assicura il curatore della stagione musicale del teatro, Maurizio Baglini che non farà rimpiangere l’assenza della lirica in cartellone».
Sul palco, l’Orchestra “Haydn” di Bolzano e Trento e il Coro da camera sloveno di Lubiana, compagini fra le più prestigiose sulla scena europea, che saranno dirette da Hartmut Haenchen, senza dubbio uno dei grandi direttori wagneriani del nostro tempo, artista che occupa un posto di primo piano nella vita musicale internazionale: nato a Dresda nel 1943 e cresciuto nella ex Germania dell’Est, Haenchen, malgrado severe restrizioni di regime, ha consolidato le sue esperienze musicali anche con celebri orchestre occidentali, compresi i Berliner Philharmoniker. Collabora con le più prestigiose formazioni al mondo, in Italia di recente ha diretto Wagner con grande successo all’Accademia di Santa Cecilia, al Teatro alla Scala e gli è stata conferita la Croce Federale al Merito della Repubblica tedesca, in riconoscimento “del suo eccezionale contributo alla musica e alle arti”.
Fra i solisti, poi, di eccezionale levatura le cantanti, in particolare il soprano Sabina Von Walther, voluta da Muti alla Scala nell’opera che inaugurò la stagione 2004-2005 (l’Europa riconosciuta di Salieri) diretta da Ronconi, e poi Zubin Mehta, le esibizioni alla Fenice piuttosto che con l’Orchestra della Rai o i ruoli nei lavori teatrali del marito, il compositore Arnaldo de Felice. Con lei anche il mezzosoprano Bettina Ranch, il tenore Dominik Wortig e il baritono Alejandro Marco-Buhrmester
Lo Stabat Mater di Dvořák, uno fra i più noti capolavori della musica sacra, fu scritto dal compositore boemo in seguito alla prematura scomparsa di tre dei suoi figli. Un’opera ricca di pathos, dalla costruzione sinfonica monumentale, capace di esprimere tutta l’intensità del dolore di una madre per la morte del proprio figlio. Composta fra il 19 febbraio e il 7 maggio 1876, lo Stabat Mater apre il capitolo della musica religiosa di Dvořák e si innesta nell’alveo delle composizioni basate sui versi duecenteschi della famosa Sequenza di Jacopone da Todi, divenuta fonte di ispirazione per alcuni dei grandi capolavori della musica sacra di ogni tempo, come quelli realizzati da illustri compositori quali Giovanni Pierluigi da Palestrina, Gioachino Rossini, Alessandro Scarlatti, Vivaldi o Pergolesi, solo per citare i più noti.
Il concerto inaugurale sarà anche l’occasione per stringersi a raccolta attorno al Centro di riferimento oncologico di Aviano. Per il terzo anno, il Teatro ha organizzato “La prima per la ricerca” e in particolare si registra presentare la nuova raccolta fondi avviata e promossa da FriulAdria (nelle 200 filiali del Friuli e del Veneto , IBAN IT65S0533612500000041504361, conto corrente esente da costi di commissione per tutti i versamenti effettuati nelle filiali), con il Teatro stesso e il Cro, per finanziare la ricerca dell’istituto nel campo del tumore al seno.