Fisco alle stelle sulle imprese: nel 2014 record storico al 44%

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soldi euro biglietti BSecondo la Cgia di Mestre, le aziende pagano oltre 110 miliardi di euro all’anno. Secondo Contribuenti.it, l’eccesso di pressione fiscale spinge gli italiani verso l’evazione

Secondo il Def (Documento di Economia e Finanza) approvato nella primavera scorsa, quest’anno la pressione fiscale sulle imprese è destinata a toccare il livello record del 44%: la stessa soglia raggiunta nel 2012.

Con un record di tasse che ci proietta ai vertici della classifica dei più tartassati d’Europa, le imprese italiane versano al fisco italiano ben 110,4 miliardi di tasse all’anno. Nell’Ue, sottolinea l’Ufficio studi della Cgia di mestre, solo le aziende tedesche pagano in termini assoluti più delle nostre, anche se va ricordato che la Germania conta oltre 80 milioni di abitanti: 20 più dell’Italia. Dal 1980 ad oggi, in 34 anni la pressione fiscale in rapporto al Pil è passata dal 31,4% al 44%, aumentando di ben 12,6 punti percentuali: un vero “salasso” che si è abbattuto sui portafogli dei contribuenti onesti.

«Con un carico fiscale di questa portata – sottolinea Giuseppe Bortolussi segretario degli artigiani mestrini – è difficile fare impresa e soprattutto creare le condizioni per far ripartire l’economia». Quali sono, secondo Bortolussi, le cause di questo nuovo record fiscale? «Gli effetti legati alla rivalutazione delle rendite finanziarie, all’aumento dell’Iva, che nel 2014 si distribuisce su tutto l’arco dell’anno, all’introduzione della Tasi e, soprattutto, all’inasprimento fiscale che graverà sulle banche, compensano abbondantemente il taglio dell’Irap e gli 80 euro lasciati in busta paga ai lavoratori dipendenti con redditi medio bassi. Alla luce di tutto ciò, la pressione fiscale di quest’anno è destinata a salire di 0,2 punti percentuali rispetto al livello raggiunto l’anno scorso».

Ritornando al carico fiscale che grava sulle imprese, se si calcola la percentuale delle tasse pagate dalle aziende sul gettito fiscale totale, a guidare la classifica europea è il Lussemburgo, con il 17%. Sul secondo gradino del podio si posiziona l’Italia, con il 16%, mentre al terzo si trova l’Irlanda, con il 12,3%, mentre la confinante Austria si situa ad un benpiù tollerabile 11,1% (cosa che giustifica l’espatrio di molte aziende del NordEst verso la repubblica federale austriaca). Tra i principali competitor del Belpaese, la Germania fa segnare l’11,6%, il Regno Unito l’11,2%, la Francia il 10,3%, mentre la media dell’Ue dei 15 è pari all’11,3%.

«Alle nostre imprese – conclude Bortolussi – viene richiesto lo sforzo fiscale più pesante. Nonostante la giustizia sia poco efficiente, il credito sia concesso con il contagocce, la burocrazia abbia raggiunto livelli ormai insopportabili, la Pubblica amministrazione  sia la peggiore pagatrice d’Europa e il sistema logistico-infrastrutturale registri dei ritardi spaventosi, la fedeltà fiscale delle nostre imprese è al top».

Il risultato ottenuto dal Lussemburgo merita una riflessione. Come è possibile che il Granducato guidi questa speciale graduatoria se è riconosciuto internazionalmente come un “paradiso fiscale”? Innanzitutto, va ricordato che questo piccolo Paese conta solo 500.000 abitanti: pertanto, il gettito fiscale complessivo è molto contenuto. Grazie ad una forte fiscalità di vantaggio, sono moltissime le multinazionali che hanno deciso di pagare le imposte in Lussemburgo. Di conseguenza, nonostante paghino pochissimo, l’incidenza su un gettito complessivo relativamente molto contenuto fa apparire le imprese lussemburghesi molto “generose”. In linea generale questo ragionamento vale anche per l’Irlanda. 

Se le aziende sono generalmente virtuose, viceversa per i singoli le cose cambiano. Secondo una ricerca di Contribuenti.it ad agosto crolla l’indice della “Tax Compliance”, che misura la fedeltà fiscale dei contribuenti, del 3,2% ed aumenta l’evasione fiscale del 1,6%. In Italia 4 italiani su 5 non capiscono perché si pagano le tasse. a causa dei pochi e scarsi servizi che gli italiani ricevono in cambio delle molte tasse che pagano.

Negli ultimi 5 anni l’imponibile evaso in Italia è cresciuto del 37,2%. Ogni contribuente italiano versa mediamente al fisco 11.930 euro all’anno, fra tasse, imposte e tributi vari, la cifra piu’ alta tra i paesi dell’area euro, ma riceve in cambio in servizi sociali meno della metà, 5.260 euro, il piu’ basso tra i principali paesi europei.

Dalla ricerca di Contribuenti.it emerge che al primo posto tra i paesi che investono maggiormente nei servizi sociali troviamo la Francia, seguita dalla Germania, Svezia, Olanda, Inghilterra e Spagna con 8.120 euro.

L’indice della “Tax compliance” rappresenta il comportamento dei contribuenti nei confronti dell’amministrazione finanziaria. La sua rilevazione avviene attraverso l’analisi di un campione di circa 5.000 contribuenti ed è costituito da due subindici, la stima dei contribuenti sulla situazione corrente (40%) e le previsioni per il futuro (60%). Più il valore è alto, più i contribuenti hanno conoscenza, informazione e certezza di poter contare sui propri diritti. Attraverso questa via c’è da attendersi una diminuzione delle evasioni fiscali insieme ad un incremento delle soluzioni pacifiche delle controversie.

«L’evasione fiscale non si combatte né con Equitalia, né con gli spot televisivi, ma con i fatti – ha affermato Vittorio Carlomagno presidente di Contribuenti.it Associazione Contribuenti Italiani – In Italia manca la certezza del diritto. Basta guardare ai rimborsi fiscali o al pagamento dei debiti della pubblica amministrazione. Lo Stato deve tornare ad essere credibile mantenendo le promesse prese, migliorare la qualità dei servizi e sopratutto rendere trasparenti i conti pubblici facendo comprendere ai contribuenti come amministrano e spendono i propri soldi, così come fa un amministratore di condominio».