Venezia Jazz Festival, successo per la VII edizione

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venezia-jazz-festival-2014
venezia-jazz-festival-2014Appuntamenti affollati da un pubblico che ha apprezzato la formula
di Giovanni Greto

Anche quest’anno il Venezia Jazz Festival, giunto alla VII edizione ed organizzato come al solito nel mese di luglio dall’associazione Veneto jazz, ha proposto una nutrita serie di concerti, a partire da quello di Paolo Conte alla Fenice, mentre quello conclusivo di Cassandra Wilson è stato annullato per problemi di salute della cantante ma dovrebbe essere recuperato a novembre.

Andando per ordine, ha bene impressionato il concerto del duo Hamid Drake (batteria e percussioni) – Pasquale Mirra (marimba e vibrafono) al conservatorio Benedetto Marcello. I due, ormai affiatati, ascoltati per la prima volta nel 2009 al “Barone Rosso” di Spinea, catturano l’attenzione del pubblico per l’abilità di improvvisare seguendo un’idea iniziale ora dell’uno ora dell’altro. Oltre al regolare set batteristico, Drake ha percosso dei tam tam, creando una situazione ipnotica, assecondata da una sonorità vellutata delle tastiere. In circa un’ora sono state eseguite cinque composizioni, in una delle quali Drake ha abbandonato il drum set per dedicarsi al tamburo a cornice. L’atmosfera morbida creata è parsa adatta ad un lungo canto indigeno, intonato dal musicista americano : una voce calda, delicata, la sua, che ha affascinato un attento, anche se sparuto pubblico, composto in maggioranza da giovani e studenti del conservatorio.

Il tradizionale concerto nel giardino della Collezione Peggy Guggenheim ha avuto come protagonista il quartetto del cantautore e chitarrista inglese di origini genovesi Jack Savoretti. Molto simpatico nell’intrattenere un folto pubblico tra un pezzo e l’altro, raccontando aneddoti relativi ai molti concerti, il musicista trentenne ha suonato la chitarra acustica e cantato con una voce tendente al roco che a tratti fa pensare a Joe Cocker. Tutte originali le canzoni ascoltate, ad eccezione di una cover di un brano di Bob Dylan, mai apparso su disco, scoperto da Savoretti durante le sedute di registrazione nello studio americano di Jackson Browne. Musicalmente c’è del blues nella scrittura del leader, bene assecondato da tre altrettanto giovani musicisti: Jean Berthon al basso elettrico, Pedro Vito Vieira de Souza alla chitarra elettrica e Jesper Lind Mortensen al Cajon, percosso con un paio di spazzole, simili a quelle utilizzate per il tamburo rullante della batteria.

Il teatrino di palazzo Grassi ha ospitato il recital del chitarrista flamenco Juan Lorenzo, che ha reso omaggio al ‘maestro’ Paco de Lucia, recentemente scomparso. Di origini spagnole, Lorenzo, che ha scritto libri e metodi sulla chitarra flamenca e attualmente insegna al Conservatorio di Terni, nella prima parte della serata ha suonato in solitudine, proponendo, tra i diversi pezzi, ‘Granaino’ di Ramon Montoya, considerato da Paco de Lucia il più grande chitarrista di flamenco e ‘Fandango del Huelva’, in uno stile amato molto sempre da de Lucia. Ha quindi fatto il suo ingresso la danzatrice Pilar Carmona, interpretando un celebre tema di Siviglia e accompagnandosi ritmicamente con le castanuelas. Si è in seguito cambiata d’abito, passando dalla fantasia alla tinta unita, ballando su una pedana lignea in cui i colpi percussivi delle scarpe trovavano una sonorità adeguata. Per altre circostanze, come in un brano di tango, Pilar, seduta su una sedia, ha stimolato con il ritmico battito delle mani, l’esposizione tematica e le variazioni di Lorenzo. Il pezzo finale, nuovamente danzato, ha visto anche il pubblico partecipare con sufficiente capacità, attraverso un battito terzinato delle mani. Grida entusiaste hanno però sortito solo un brevissimo bis virtuosistico improntato sulla percussione della cassa armonica sulla chitarra.

Il teatro Goldoni ha nuovamente ospitato un doppio concerto. Per primo è salito sul palco il duo chitarristico formato dal brasiliano Toninho Horta e dal campano-napoletano Antonio Onorato. Dopo aver licenziato un convincente Cd, inciso nel 2010, distribuito in Italia da Egea Music, “From Napoli To Belo Horizonte”, i due musicisti hanno iniziato proprio da Venezia il nuovo tour. Comprensibili difficoltà nel ritrovarsi assieme a distanza di tempo, soprattutto nelle composizioni ritmicamente impegnative di Horta, non hanno comunque impedito di godere per circa un’ora di una buona musica, con assolo ora dell’uno, ora dell’altro. Inevitabilmente, Horta ha eseguito ‘Manuel o audaz’, il suo più grande successo, per il quale, nel disco originale del 1981, inventa uno strepitoso assolo l’idolo di molti chitarristi, Pat Metheny. Onorato, con la sua Gibson 175, ha iniziato a riprodurre fino ad un certo punto l’assolo di Metheny, deviando poi lungo un percorso personale. Entrambi i musicisti hanno suonato un brano da soli. Horta ha scelto ‘Moon River’, uno standard amato da parecchi jazzisti – un nome per tutti, il chitarrista Bill Frisell -, colonna sonora di ‘Colazione da Tiffany’. Onorato ha proposta una convincente, grintosa versione di ‘tammurriata nera’, utilizzando una particolare chitarra acustica. I due hanno salutato la platea con un brano di Horta, ‘Aquelas coisas todas’, swingante, velocissimo, nel quale il compositore mineiro di Belo Horizonte ha esibito il suo delicato, particolarissimo Scat. Una positiva sorpresa, la performance di Chiara Civello, assai conosciuta ed apprezzata in Brasile, dove ha vissuto, al punto che nell’ultimo CD, ‘Canzoni’, è riuscita ad avere come ospiti Gilberto Gil, Chico Buarque de Hollanda e Ana Carolina. In poco più di un’ora, la cantante ha suonato la chitarra acustica e il pianoforte, presentando sia canzoni originali, con testi anche in inglese come ‘hal train’, dedicata al treno che la riportava a casa a Manhattan, quando viveva a New York, sia covers di canzoni che costituiscono il repertorio dell’ultimo disco. Ad accompagnarla, due validi e sensibili musicisti : il chitarrista, banjista, bassista elettrico e tastierista Simone De Filippis e il batterista Emanuele Smimmo, seduto sul Cajon, spesso utilizzato come ulteriore strumento percussivo. Tra le covers ascoltate, assenti nel disco, ‘I’ te vojo bene assaje’ e ‘Veleno’, una canzone del 1947, riscoperta dalla Civello nella versione brasiliana di Marina Lima. Tra gli originali, l’artista ha scelto di eseguire ‘Problemi’, che ha vinto il premio in Brasile come miglior pezzo del 2012. Interessante ‘Resta’, interpretato in una doppia versione, italiana e portoghese – è stata incisa con Ana Carolina -, perché il testo italiano si basa sul significato di “restare, non andare via”, mentre quello portoghese su quello di “che cosa rimane (di una relazione)”. Ma il brano veramente da brividi è stato una medley in solitudine. La Civello, alla chitarra acustica, ha interpretato con estremo gusto e sensibilità, legandole fra loro, ‘Il mondo’ di Jimmy Fontana e ‘Io che amo solo te’ di Sergio Endrigo, entrambi passati, si spera, a una vita migliore. Peccato per gli artisti, l’aver cantato e suonato in un teatro quasi vuoto, poco caloroso. E’ la prima volta che nessuno spettatore abbia richiesto, localmente o con applausi insistenti, il fatidico bis.