L’installazione artistica è visitabile fino al 31 agosto
di Giovanni Greto
C’è tempo fino al 31 agosto per ammirare la nuova installazione artistica del Caffè Florian. Lo scultore milanese Matteo Pugliese (1969) ha reinterpretato la Sala Cinese dello storico locale, restaurata nel 2007.
Affascinato da “un locale vecchio che nel corso dei secoli è diventato testimone di migliaia di incontri che hanno dato vita, per esempio, a progetti artistici” e stimolato per aver trovato a Venezia la possibilità di esprimersi, Puglisi, al posto delle figure femminili esotiche e sensuali dipinte da Antonio Pascutti (Trieste 1832 – Venezia 1892), ha temporaneamente coperto le pareti e il soffitto della sala di pannelli monocromatici tendenti al colore bianco per ricrearne le geometrie originali. Al centro della sala ha quindi collocato un grande viso di colore grigio, raffigurante un giovane che sembra venir fuori dalla parete di fondo, mentre migliaia di lettere di alfabeti differenti – armeno, cirillico, latino, greco, ebraico, arabo – escono in modo tridimensionale, come se fluttuassero nelle pareti del caffè.
Un tentativo riuscito, quello dell’artista, di rievocare la storia e i ricordi perché il Florian rappresenta in piccolo la storia della città. Stefano Stipitivich, curatore dell’installazione e direttore artistico del Caffè, ricorda, nell’introduzione al catalogo della mostra come “a Venezia non si è mai usata la parola straniero (dall’antico francese ‘estraneo’, con un’accezione negativa), ma è sempre invalso l’uso del termine ‘Foresto’, che identificava genericamente chi veniva ‘da fuori’”, e riflette su come “il messaggio di Pugliese, come spesso succede agli artisti di qualità, diventa un rimando al passato e una pillola di saggezza rivolta al futuro prossimo. L’artista, con la sua installazione, con queste sue lettere di alfabeti millenari che escono dalle pareti vuole portarci a ragionare su quello che può essere il domani non solo di Venezia, ma anche e soprattutto della nostra civiltà.
Matteo Pugliese riesce a fare meditare sul passato della Serenissima, su questa babele di popoli che l’hanno frequentata per secoli e ci manda un messaggio ottimistico di pace. Bisogna conoscere il ‘foresto’, non temerlo, imparare ad accogliere e rispettare chi è ‘foresto’ in mezzo a noi per censo, razza, sesso, religione, idee politiche o costumi sessuali. Non è però una cosa facile per quegli ormai pochi abitanti indigeni, in prevalenza anziani, che spesso si trovano imbottigliati nei percorsi turistici o impossibilitati a salire sui vaporetti (i bus acquei), in numero sempre più ridotto e quindi giorno dopo giorno più affollati.
Non resta dunque che mettersi il cuore in pace e, magari, frequentare la storica bottega da caffè, inaugurata il 29 dicembre 1720 da Floriano Francesconi con il nome di ‘Alla Venezia trionfante’, rapidamente mutato dagli avventori in Florian, dal familiare intercalare “andemo da Florian”, adottato forse per la simpatia e la personalità prorompente del proprietario.