Poggi: «l’interesse della collettività deve rimanere preminente»
Le esigenze di riduzione dei costi di gestione delle imprese non possono prevalere sull’interesse della collettività ad una corretta, etica e legale conduzione degli affari sociali, per questo motivo i dottori commercialisti e gli esperti contabili di Vicenza per bocca del loro presidente Marco Poggi esprimono una forte preoccupazione per il DL 91 del 24 giugno, che ha ridotto notevolmente i controlli nelle società a responsabilità limitata, attraverso l’abrogazione del secondo comma dell’art. 2477 del Codice Civile che imponeva la nomina dell’organo di controllo o del revisore nelle Srl con capitale sociale non inferiore a quello minimo delle Spa.
Il Collegio sindacale nelle Srl è l’organo di controllo garante che la gestione della società sia condotta con correttezza, eticità e nel rispetto della legalità e rappresenta un vero e proprio patrimonio di esperienza all’interno della società, per questo motivo sarebbe un grave errore la sua abolizione.
Secondo Poggi «l’Italia è un Paese in cui l’esperienza non è mai abbastanza e ci si dimentica facilmente del passato: era stato il presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, commentando la crisi del 2008, ad affermare che era necessario introdurre un sistema di controlli perché solo una forte struttura di regole per il capitale, può creare una protezione da future crisi. Ricordo anche che fu Joseph Stiglitz, l’economista premio Nobel, che riconobbe il modello italiano di controllo delle società, imperniato sul Collegio sindacale, come il più valido, poiché formato da tecnici che assistono in tempo reale ai processi di formazione delle decisioni, laddove invece il revisore esterno può arrivare a considerazioni solamente a cose fatte e le può unicamente certificare a posteriori». Per i commercialisti vicentini «è pericoloso consentire a quasi tutte le Srl di non essere sottoposte ai controlli, non solo per la vita delle società stesse, ma anche per tutti i loro “stakeholder”, tra cui il sistema bancario che le deve finanziare e che necessita di garanzie sempre più stringenti. In questo contesto è in gioco la salvaguardia di un patrimonio rilevantissimo, quello delle nostre imprese che rappresentano il 18% di tutte le imprese europee ed oltre il 20% delle realtà manifatturiere dell’Unione, considerato che la peculiarità del modello produttivo italiano è che non si regge sulla grande impresa ma soprattutto sulla forza delle micro, piccole e medie imprese: sono 3,9 milioni e generano circa 2 mila miliardi di euro di fatturato (il 69% del fatturato nazionale) con 12,3 milioni di addetti, sono le più internazionalizzate d’Europa e sono proprio queste che operano prevalentemente nella forma di Srl».
Uno studio effettuato dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti nel 2003, attuale per le sue conclusioni, ha dimostrato che le Srl, la tipologia societaria più diffusa in Italia, quando sono munite del Collegio sindacale fanno registrare tassi di fallimento ampiamente inferiori rispetto a quelli delle Srl che ne sono prive. Secondo Poggi «i dottori commercialisti e gli esperti contabili, grazie alla propria preparazione ed esperienza, trasversali a più discipline aziendalistiche, sono quotidianamente al servizio delle imprese, collaborando professionalmente al fianco degli imprenditori e dei manager, e svolgendo un grande ruolo anche nel compimento della funzione di controllo di legittimità sulle società. Le leggi dello Stato italiano, sono numerosissime, complicate e di notevole difficoltà sia interpretativa che attuativa, per questo motivo è necessaria la mediazione dei tecnici, come i commercialisti, che garantiscano, con la propria consulenza ma anche con i poteri di controllo assegnati dalla legge, la salvaguardia del patrimonio aziendale, nel diretto interesse perciò dei soci, specie quelli di minoranza, dei terzi, e in definitiva, del mercato».
I commercialisti avanzano due proposte per migliorare la normativa: i due terzi del Collegio sindacale potrebbero essere nominati dai soci di minoranza, per offrire ancora maggiore garanzia. Inoltre, andrebbe stabilito un tetto massimo per le sanzioni in capo ai sindaci, che potrebbe consistere in un multiplo del loro compenso. Attualmente, durante le procedure fallimentari, con troppa frequenza i sindaci sono vittime di richieste spropositate di risarcimento danni, nel convincimento che la copertura assicurativa dei componenti del Collegio sindacale assolva alla funzione di fare cassa nell’interesse dei creditori.