Dieci anni di trasformazioni nel settore produttivo principe dell’economia regionale in uno studio congiunto di Confartigianato e Unioncamere del Veneto
2004-2013. Dieci anni tumultuosi durante i quali si è esaurito un sistema economico (che aveva l’artigianato tra i protagonisti) ed è iniziata una nuova era, erroneamente ed a lungo interpretata come un periodo di crisi.
Di questo si è parlato in Sala Europa, sede Unioncamere del Veneto a Marghera con Fernando Zilio, presidente di Unioncamere del Veneto; Giorgio Bido BS consulting; Serafino Pitingaro Area studi e ricerche, Unioncamere del Veneto e Giuseppe Sbalchiero presidente di Confartigianato Imprese Veneto in occasione della presentazione del Quaderno di Ricerca n. 20 dal Titolo “La metamorfosi dell’Artigianato Veneto”
Sino al 2007, le imprese artigiane crescevano in modo importante. Non a caso si raggiunse il massimo storico di 147.322 aziende attive in regione. I 5 anni successivi identificano una variazione tanto repentina quanto costante che non può essere semplificata in una banale crisi di mercato. Le regole stavano già cambiando radicalmente (globalizzazione, delocalizzazione, internet, etc.) ma la tumultuosa corsa dell’edilizia (dovuta in parte – o molto? – ad un processo di eccessiva frammentazione) ne ha nascosto gli effetti. In soli 6 anni, il saldo è negativo di quasi 11.300 imprese. Regredendo ben oltre il 2004 ed attestando il patrimonio veneto nel 2013 a “sole” 135.209 aziende. Incontrovertibile il carattere strutturale di un processo che vede chiudersi progressivamente spazi esistenziali per quelle piccole imprese, segnatamente artigiane e pre-valentemente “venditrici” di lavoro organizzato, la cosiddetta subfornitura manifatturiera. Unico macrosettore ad aver costantemente perduto aziende e lavoratori contraendosi di un quinto (-10.000 imprese).
In questo scenario, acquista grande valore il carattere congiunturale delle informazioni dell’Osservatorio a rete di Confartigianato Imprese Veneto realizzato sull’elaborazione dei servizi associativi erogati (50.000 cedolini paga, 15.000 contabilità e migliaia di operazioni di garanzia per l’accesso al credito). Ci si rende conto come, nel decennio preso in esame, il fatturato delle imprese che hanno resistito ha tenuto. Anzi si è spesso incrementato assumendo solo negli ultimi anni un andamento altalenante. Male, anzi malissimo invece la dinamica di lungo periodo degli investimenti strutturali. All’effimera parentesi positiva del 2004 (+9,0%) si sono susseguite risultanze pesantemente negative, in molti casi addirittura a 2 cifre. È questo il segnale di un pericoloso sia pur comprensibile venir meno del senso di fiducia degli imprenditori artigiani nel futuro.
Mentre natimortalità, fatturati ed investimenti hanno uno spartiacque temporale nel 2007, ultimo anno di crescita prima dell’inizio della metamorfosi, i segnali sul fronte occupazionale iniziano ben prima. A parte la temporanea boccata di ossigeno del 2007, quando si è verificato un modesto +0,4% di occupati, l’indicatore è sempre stato negativo.
La riduzione degli occupati risulta quindi solo parzialmente legata alla crisi iniziata alla fine del 2008; vi sono infatti anche altre ragioni. Per il comparto manifatturiero, la causa principale è certamente ravvisabile nella delocalizzazione all’estero da parte della grande industria e nella concorrenza di prodotti provenienti da mercati con più bassi costi di produzione.
Nel frattempo, sul fronte fiscale che succedeva? Nel decennio in esame il carico fiscale locale per i cittadini del Veneto è aumentato del 10,3%, passando dai 6,5 miliardi nel 2004 ai 7,2 miliardi nel 2012, una pressione fiscale che ha colpito gravemente le micro e piccole imprese artigiane. Nel 2014 l’introduzione della TASI potrebbe comportare ulteriori aggravio. Il proprietario di un laboratorio artigiano tipo in Veneto nel 2011 ha sborsato 299 euro a titolo di ICI, nel 2013 561 euro a titolo di IMU (+87,7% rispetto al 2011) e nel 2014 potrebbe pagare fino a 700 euro (+134,6% rispetto al 2011).
«L’analisi dei dati desunti dall’osservatorio sull’artigianato veneto di questi dieci anni è spietata, -commenta Giorgio Bido di BS consultino – mostrandoci una terreno pieno di vittime, una ritirata con un fardello di ferite difficili da tamponare, una perdita di ricchezza che è insieme industriale, occupazionale, patrimoniale, ma anche sociale e culturale. Ma ci sono tuttavia, alcuni ambiti su cui concentrare l’attenzione, per una visione costruttiva ed ottimistica del prossimo futuro. In primis le organizzazioni di filiera fra diversi ambiti delle ramificazioni economiche (agricoltura, produzione, servizi, cultura, formazione e istruzione) meritevoli di una crescente attenzione nella loro funzione di organizzazione del sistema al fine di differenziarlo, sottolineandone le specificità. Secondo l’artigianato, qualora riesca a far perno sul patrimonio storico e culturale che lo ha sempre alimentato, può candidarsi ad essere il portatore sano e diffuso del made in Italy, di un “Made in Italy” che sia la sintesi di tutto ciò che storia e territorio e professionalità possano congiuntamente offrire».
Secondo Giuseppe Sbalchiero, presidente di Confartigianato Imprese Veneto, «il nostro Osservatorio è nato oltre 10 anni fa per monitorare un modello allora osservato speciale da tutto il mondo. Era importante, coprire un vuoto informativo sul suo “stato di salute”. Oggi, ci troviamo con un patrimonio straordinario di microdati, che ci permette anche di fotografare una evoluzione forse inaspettata che va capita per essere “cavalcata” e non solo subita. Per far questo però serve l’invenzione di strumenti nuovi, di strumenti di ottimizzazione delle risorse e delle energie in modo che nel mondo non si presentino più con sforzi sproporzionati le singole imprese, ma che sia il “sistema” a rappresentare una forma organizzata di aggressione dei mercati che la globalizzazione ci ha imposto. Va da sé che questo comporta una sinergia fra imprese, loro organizza-zioni di categoria, Istituzione legislativa regionale».
«Fisco, burocrazia, credito: c’è un “triangolo delle Bermuda” che ha i propri vertici in questi tre fattori che rischia di far sparire un tessuto produttivo importante qual è quello rappresentato dall’artigianato Veneto – ne è assolutamente convinto Fernando Zilio, presidente Unioncamere Veneto –. Se vogliamo dare nuovo vigore ad un settore che da anni è il fulcro della nostra economia, dobbiamo allentare, ma in modo deciso, la morsa azionata da questi fattori di autentica decrescita. Un fisco insopportabile nelle percentuali e negli obblighi, una burocrazia ottusa ed autoreferenziale, un credito ridotto al lumicino soprattutto quando si tratta di piccole imprese stanno portando l’artigianato verso una condizione di totale sofferenza che non raramente si trasforma in tragedia nel momento in cui imprenditori in grande difficoltà scelgono l’opzione estrema del suicidio. L’economia, in questo senso, non può arrogarsi il diritto di sospendere il dono della vita!».