Teatro La Fenice, inizia con La Boheme il “Progetto Puccini”

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teatro-la-fenice-La-boheme-2014-ilnordestA partire dal 19 aprile, in programma le tre opere centrali del compositore lucchese

Sabato 19 aprile 2014 (ore 19.00) inizierà, con la prima rappresentazione de La Bohème, il “Progetto Puccini” che la Fondazione Teatro La Fenice dedica al compositore lucchese nel 90° anniversario della morte. Dal 19 aprile al 1 giugno, il palcoscenico del Teatro La Fenice ospiterà 27 rappresentazioni dei tre lavori centrali del catalogo pucciniano (la quarta, quinta e sesta delle sue dieci opere), tutti e tre frutto della sua collaborazione con i librettisti Giuseppe Giacosa e Luigi Illica: La Bohème, scene liriche in quattro quadri dal romanzo di Murger, del 1896; Tosca, melodramma in tre atti dal dramma di Sardou, del 1900; e Madama Butterfly, tragedia giapponese in due atti dal racconto di Long, del 1904. Le tre opere entreranno in cartellone una alla volta, La Bohème dal 19 aprile, Madama Butterfly dal 26 aprile e Tosca (nuovo allestimento) dal 16 maggio, e nella seconda metà di maggio si alterneranno a ciclo continuo sul palcoscenico della Fenice sei giorni su sette, con 15 recite in 17 giorni.

La Bohème sarà proposta nel fortunato allestimento realizzato nel 2011 dal regista Francesco Micheli, dallo scenografo Edoardo Sanchi e dalla costumista Silvia Aymonino, ambientato in una colorata e squattrinata Parigi bohémienne Belle Époque. L’Orchestra e il Coro del Teatro La Fenice, e il coro di voci bianche dei Piccoli Cantori Veneziani, saranno diretti Jader Bignamini, trentottenne direttore associato dell’Orchestra Verdi di Milano (maestri dei due cori Claudio Marino Moretti e Diana D’Alessio). Nel cast il tenore Matteo Lippi sosterrà il ruolo del poeta Rodolfo, il baritono Julian Kim quello del pittore Marcello, il baritono Armando Gabba quello del musicista Schaunard, il basso Andrea Mastroni quello del filosofo Colline. Nei ruoli delle due grisettes vi saranno i soprani Carmen Giannattasio e Kristin Lewis in alternanza nel ruolo di Mimì e il soprano Francesca Dotto in quello di Musetta. Nei ruoli minori, Matteo Ferrara sarà Benoît, Andrea Snarski sarà Alcindoro, e gli artisti del coro Dionigi D’Ostuni, Giovanni Deriu, Bo Schunnesson, Cosimo D’Adamo, Salvatore Giacalone, Antonio Casagrande, Nicola Nalesso ed Enzo Borghetti si alterneranno nei ruoli del giocattolaio Parpignol, del venditore ambulante e dei due doganieri.
L’opera, proposta con sopratitoli in italiano e in inglese, sarà in scena per dieci serate, tutte fuori abbonamento: sabato 19, martedì 22 e giovedì 24 aprile alle ore 19.00, domenica 27 aprile alle 15.30, martedì 29 aprile alle 19.00, sabato 3, sabato 10 e domenica 25 maggio alle 15.30, martedì 27 e venerdì 30 maggio alle 19.00.

 

Dopo l’affermazione ottenuta con Manon Lescaut (1893), il trentacinquenne Giacomo Puccini (1858-1924) prese in considerazione come soggetto per la sua opera successiva le Scènes de la vie de bohème di Henri Murger, un romanzo d’appendice pubblicato a puntate più di quarant’anni prima nella rivista parigina «Le corsaire Satan» (1845-1849), trasformato poi dallo stesso Murger e da Théodore Barrière in una pièce in 5 atti, rappresentata con successo nel 1849. La stesura del nuovo libretto per Puccini fu affidata dall’editore Giulio Ricordi ai letterati Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, un binomio artistico destinato ad affiancare il compositore lucchese per più di un decennio, fino a Tosca (1900) e Madama Butterfly (1904). Rappresentata al Teatro Regio di Torino sotto la direzione del ventinovenne Arturo Toscanini il 1° febbraio 1896, La bohème fu accolta con perplessità dalla critica, ma incontrò nelle riprese un sempre crescente successo di pubblico, tanto da divenire una delle opere più popolari di tutti i tempi.
Il libretto, un affresco in cui si alternano momenti di vivacità, di intimità, di rimpianto per il tempo trascorso, di tristezza dolorosa, prevede sei personaggi principali: un quartetto di giovani amici (il poeta Rodolfo, il pittore Marcello, il musicista Schaunard, il filosofo Colline) e due fanciulle (Mimì, ricamatrice, e Musetta), tutti ricchi di simpatia e di entusiasmo quanto poveri di quattrini. Il dramma si conclude con la morte per tisi di Mimì tra le braccia dell’amato Rodolfo dopo una separazione ricomposta in extremis; ma più che di una trama vera e propria si può parlare di un susseguirsi di situazioni liriche accomunate da un tema unitario, la celebrazione della giovinezza.
Anziché suddiviso in atti e scene, il libretto è organizzato in quattro quadri, all’interno dei quali non vi è la consueta divaricazione tra recitativo e versi lirici, bensì una versificazione mobilissima e flessibilmente asimmetrica, in grado di stimolare una sintassi musicale non periodica. Nella partitura non mancano accensioni liriche memorabili («Che gelida manina») o pezzi riconducibili a forme chiuse («Vecchia zimarra»), ma i suoi pregi più evidenti sono la creazione di un continuum sonoro modellato sulle specifiche esigenze drammatiche del soggetto e l’invenzione di un tessuto musicale fittissimo e cangiante ove l’uso delle reminiscenze collega instancabilmente presente e passato, felicità e dolore.