Piccoli: «dopo gli errori del passato indispensabile investire sulla riconoscibilità dei vini locali. La qualità c’è e i Vignaioli servono da esempio per tutti per la loro capacità di sperimentare ed innovare»
Un Vinitaly dai grandi numeri quello che si conclude a Verona, visitato per la prima vota anche da un presidente del Consiglio dei ministri. Tra le varie regioni enologiche che caratterizzano la produzione enologica italiana, quella trentina è sicuramente una nicchia (poco più il 3% dell’intera produzione nazionale), ma di grande valore per quanto riguarda la qualità e la varietà di prodotti: bianchi, rossi, rosati, passiti, vini tranquilli o spumanti di qualità.
La promozione della produzione locale è da poche settimane affidate al Consorzio Vini del Trentino, organizzazione che annovera la quasi totalità dei produttori, che ha ricevuto le competenze di promozione del settore (oltre a quelle di tutela che già possedeva) da Trentino Sviluppo. A capo della nuova struttura Fabio Piccoli, giornalista ed esperto del settore, che ha accolto nello stand trentino una delegazione della stampa locale con cui ha fatto in modo informale il punto della situazione e delineato le prossimi tappe dell’azione del Consorzio. «Quest’anno abbiamo voltato pagina, con un allestimento dove si valorizza in particolare il gruppo dei Vignaioli, i piccoli produttori di vino trentino che costituiscono la “punta” della produzione enologica locale, coloro che nel tempo hanno dato ampia dimostrazione di sapere innovare e di competere su un mercato sempre più difficile, riunendo così in un unico spazio tutti i produttori». Difficile non notare il passaggio dalla “grandeur” delle passate edizioni, dove si è privilegiata l’immagine e l’apparenza più della sostanza: una rivoluzione all’insegna di un concreto minimalismo, dove i fatti ora hanno la giusta evidenza, «complice anche il fatto che ora tocca ai produttori riuniti nel Consorzio rispondere direttamente delle politiche di promozione del vino trentino» sottolinea Piccoli, secondo cui «bisogna fare leva sulla trasversalità, valorizzando le nicchie e le competenze di ciascun comparto, dalla cooperazione agli industriali, passando dai Vignaioli che sono la punta d’eccellenza del nostro settore».
La sfida che attende Piccoli è costituita dalle risorse: «in un contesto di risorse pubbliche calanti, è giocoforza guardarsi attorno ed investire del proprio. Oggi gli investimenti pubblici locali nel comparto pesano per il 65%, mentre i privati sono al 35%. Nel giro di uno-due anni si dovrà arrivare ad una quota paritetica, dove si dovranno impiegare meglio i fondi europei che oggi il Trentino impiega poco e male, non spendendo gran parte dei 3 milioni di euro disponibili». La leva che Piccoli vuole spingere a fondo è costituita proprio dai fondi comunitari «specie per l’internazionalizzazione della commercializzazione locale, coinvolgendo meglio i privati in modo da amplificare al massimo la leva dei contributi comunitari. Utilizzeremo i fondi comunitari anche per la partecipazione alle fiere, come Vinitaly, liberando le risorse finora impiegate per azioni di supporto alla conoscibilità del vino trentino». Un tema, questo, molto sentito, visto che se il Trentino a livello turistico costituisce un marchio consolidato, noto ed apprezzato, così non è per il comparto enologico, visto che secondo una ricerca Nomisma il vino trentino è agli ultimi posti per notorietà. «Vogliamo agire in questo contesto, ad iniziare dal settore turistico, visto che gran parte delle strutture ricettive e di ristorazione fanno poco per “spingere” il vino locale. Dobbiamo imparare dal vicino Alto Adige – il cui vino è ai vertici per riconoscibilità – dove l’offerta di vino locale è molto diffusa» sottolinea Piccoli, che per questo obiettivo punta ad utilizzare parte delle risorse di cui dispone il Consorzio, «valorizzando anche il ruolo della comunicazione, per fare tornare il Trentino enologico protagonista anche dell’informazione di settore».
Se nel recente passato la politica di promozione è passata attraverso i vini autoctoni del territorio («una politica fallimentare» secondo Piccoli), il nuovo corso passa ora attraverso la territorialità: «tutti producono Chardonnay, Pinot Grigio, ed altri vitigni globali, ma pochi possono vantare condizioni pedologiche e microclimatiche come il Trentino. Bisogna puntare su un marchio territoriale, facendo leva sulla sua conoscibilità e sulla sua unicità» dice Piccoli che intende utilizzare a questo scopo anche la “leva” costituita dai Vignaioli, «coloro da sempre costituiscono la punta avanzata della vitienologia trentina. Ma attenzione: con ciò non voglio svilire il ruolo della cooperazione e degli industriali. Ciascuno ha un ben preciso ruolo e missione nella geografia enoica provinciale, ma per la conoscibilità è necessario sfruttare la maggiore capacità di innovare, sperimentare ed agire dei piccoli produttori, come del resto succede da lustri in Francia con i vigneron. E anche qui si vede il gradimento del pubblico per chi dimostra di sapere innovare».
Piccoli si sofferma anche su un altro aspetto fondamentale dell’enologia trentina: il fattore prezzo: «attualmente il vino trentino viaggia su un livello di remunerazione troppo basso, che difficilmente riesce a coprire le spese specie nelle zone più disagiate del territorio. Credo sia necessario attivare una politica di progressiva crescita del prezzo medio in modo da assicurare redditività alle aziende e consentire la copertura degli investimenti per innovare la produzione, che dovrà passare sempre più verso i vini a residuo zero, assai graditi dal mercato».