Al “Verdi” di Trieste la “Traviata degli specchi”

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teatrp verdi ts La Traviata Act-II 2009 Jesi Foto Binci rid 1In scena l’allestimento della Fondazione Pergoles Spontini di Jesi vincitrice nel 1992 del premio Abbiati

La Traviata è un’opera che in qualsiasi versione la si rappresenti, da sempre affascina lo spettatore perché è ancora intensamente “mito” nell’immaginario collettivo. Vastissima infatti è la stratificazione letteraria, teatrale, musicale, scenica ed interpretativa che rende immortale questo capolavoro. L’opera risale al 1853, quando Verdi, particolarmente attratto da tematiche morali e sociali, trasforma un dramma dal soggetto scabroso come La dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio in un’opera di carattere morale con al centro della vicenda un amore travolgente e nobilitante ma impossibile sia per le convenzioni sociali del tempo sia per la storia della protagonista.

Al “Verdi” va in scena (21, 22,25, 27, 30 marzo, 1 aprile 2014) la trentesima edizione dell’opera (la prima data 1856) presentata in una delle più apprezzate messe in scena ideata dallo scenografo Josef Svoboda: la Traviata “degli specchi”, vincitrice nel 1992 del prestigioso Premio Abbiati, massimo riconoscimento assegnato dall’ Associazione Nazionale Critici Musicali. Questo allestimento, di proprietà della Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi, proposto dal Teatro “Verdi” per la prima volta al pubblico triestino, è un omaggio al grande scenografo ceco che nei suoi allestimenti ha saputo offrire letture originali e innovative dei titoli più amati del repertorio operistico. La Traviata “degli specchi” torna a risplendere per opera del regista Henning Brockhaus che firma anche le luci e viene presentata nella ricostruzione scenografica curata da Benito Leonori con i costumi di Giancarlo Colis e le coreografie di Valentina Escobar.

La regia di Brockhaus ambienta il dramma nel primo Novecento, tempo in cui la moda è sensuale e raffinata, ispirata alla pittura di Giovanni Boldini, il cantore del bel mondo femminile parigino fine secolo, espressione dell’opulenza del tempo ma anche della decadenza sociale e dei costumi. Ma il regista va oltre la tradizionale rappresentazione del dramma di Violetta, scardinandola, rendendola ancora molto attuale e restituendola alle originarie intenzioni di Verdi che più volte aveva tentato di introdurre la contemporaneità nel melodramma, ma fu osteggiato dalla censura e dal pubblico del tempo.

Henning Brockhaus utilizza un enorme specchio che è l’impianto scenografico fisso dello spettacolo: esso da un lato limita e concentra l’azione, dall’altro, funziona come «rispecchiamento e straniamento della verità di un dramma – spiega il regista – che è tale in quanto riflette per l’ennesima volta il sacrificio di una creatura quale esito tragico del voyeurismo erotico maschile». Per il M° Gianluigi Gelmetti, cui è affidata la direzione e concertazione dell’opera, «Violetta non è soltanto vittima: il suo ruolo è quello di cosciente oggetto del sacrificio. Violetta sconfina nel sacro. Sacrificium significa “fare una cosa sacra”. Lei si immola, accetta il suo ruolo di vittima immolata sull’altare dell’ineluttabilità dei valori. Consapevolmente accetta il ruolo di sacrificata….»

Lo specchio ha la funzione di riflettere l’azione scenica. Le singole scene sono dipinte su grandi teli che giacciono a terra come enormi tappeti sopra i quali si muovono gli artisti. Questa mescolanza tra pittura e realtà crea metaforicamente un caleidoscopio di associazioni e suggestioni, e… «Quando alla fine non ci saranno più immagini e il pavimento rimarrà desolatamente nudo, vorrà dire che il tempo delle illusioni è finito L’importanza dello specchio – sottolinea Brockhaus – come motore ed elemento fondamentale dello svolgimento scenico che moltiplica gli spazi, ha anche delle valenze sul pubblico… quasi a renderlo ancora più partecipe del dramma di Violetta che si sta consumando in scena. Lo specchio, incontrovertibilmente e senza scampo, catapulta il pubblico nell’azione, confondendo vittima e colpevole, rendendo tutti noi oggi responsabili nei confronti di quel mondo di “deboli” di cui anche Violetta faceva parte».

Nella compagnia di canto spiccano Jessica Nuccio, Violetta Valery, ruolo che ha debuttato a Venezia nel 2011 e che le ha regalato nuove soddisfazioni su altri prestigiosi palcoscenici internazionali. Per la prima volta a Trieste il lituano Merunas Vitulskis nel ruolo di Alfredo che ha debuttato con grande successo recentemente a Bilbaa; l’ucraino Vitaliy Bilyy (Giorgio Germont), artista affermato sui palcoscenici internazionali dal Metropolitan al Bolshoi, al Mariinsky di San Pietroburgo e recentemente alla Scala di Milano; Letizia Del Magro che al “Verdi” ha già cantato L’Amico Fritz di Mascagni, interpreta Flora Bervoix. Nel cast anche Anna Bordignon (Annina), Alessandro d’Acrissa (Gastone), Francesco Musinu (Dottore Grenvil), Christian Starinieri (Barone Douphol), Dario Giorgelè (Il Marchese d’Obigny), Dax Velenich (Giuseppe), Hektor Leka (un domestico), Giovanni Palumbo (un commissionario). Nella rappresentazione del 22 marzo i ruoli di Violetta, Alfredo e Germont padre sono interpretati rispettivamente da Alida Berti, Alessandro Codeluppi e Angelo Veccia. il Coro del “Verdi” è istruito dal M° Paolo Vero.

Sul podio ritorna il M° Gianluigi Gelmetti.