Cgia, i conti del ministro Saccomanni

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fabrizio-saccomanni-ilnordestPressione fiscale in leggerissimo calo (-0,1%), ma nuove tasse per 6 miliardi di euro. Bortolussi: “a seguito dell’aumento della pressione tributaria, i più penalizzati saranno i pensionati e coloro che non lavorano”

Nel 2014 la pressione fiscale diminuirà dello 0,1%, ma nonostante ciò, gli italiani pagheranno quasi 6,1 miliardi di euro di nuove tasse.

Se in un primo momento tutto ciò può sembrare un paradosso, in realtà, visti i dati presentati il 29 ottobre scorso dal ministro Saccomanni nell’audizione tenutasi presso le Commissioni riunite di Camera e Senato, le cose andranno proprio in questo modo a meno che il Parlamento non le modifichi in sede di approvazione del disegno di legge sulla Stabilità. A dirlo è la Cgia di Mestre che ha analizzato i dati presentati dal Ministro.

Nel 2014, la pressione fiscale si attesterà al 44,2%, 0,1 punti in meno rispetto al 2013: ricordando che la pressione fiscale è data dalla somma tra la pressione tributaria e quella contributiva, è utile esaminare anche l’andamento degli addendi. La pressione tributaria è data dal rapporto tra la somma delle imposte dirette, indirette, in conto capitale e il PIL. Questo indicatore attiene al criterio del sacrificio: il gettito di imposte, tasse e tributi va a finanziare i beni comuni (come la sanità, la giustizia, la scuola, etc.); la pressione contributiva è il rapporto tra il gettito dei contributi previdenziali e il PIL. Questo indicatore, invece, attiene al criterio del beneficio. Più soldi verso allo Stato, maggiore sarà la pensione che otterrò una volta terminato. Infine, la pressione fiscale eè data dal rapporto tra la somma del gettito tributario, contributivo e il PIL.

In termini assoluti le entrate tributarie cresceranno, rispetto al 2013, di oltre 17 miliardi di euro. Undici miliardi saranno riconducibili alla crescita nominale del Pil che trascinerà verso l’alto il gettito d’imposte, tasse e tributi, gli altri sei, invece, graveranno sulle tasche di tutti a seguito di una grandinata di rincari, costituiti dall’aumento dell’Iva avvenuto a partire dallo scorso primo ottobre (+ 3,17 miliardi di euro), dalla diminuzione della deduzione forfetaria dal 15 a 5% in capo ai locatori (627 milioni di euro), dall’incremento del gettito Iva dovuto allo sblocco dei pagamenti della pubblica amministrazione (600 milioni di euro), dal ritocco all’insù delle accise sui carburanti, sul vino, sulla birra, etc. (284 milioni), dall’incremento dell’Iva sugli alimenti e le bevande in vendita presso i distributori automatici (104 milioni di euro) e da altri 1,108 miliardi di euro di maggiori entrate nette “introdotte” dal disegno di legge sulla Stabilità, così come approvato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nelle settimane scorse.

A somme fatte, nel 2014 la pressione tributaria salirà al 30,5%, 0,2 punti in più del valore raggiunto quest’anno. Rispetto al 2013, invece, le entrate contributive aumenteranno di oltre 1,9 miliardi di euro: le ragioni vanno ricercate negli aumenti delle aliquote previdenziali che interesseranno i lavoratori autonomi (specie quelli che versano all’Inps, mentre la situazione dovrebbe essere migliore per quelli che versano nelle casse privatizzate) e nell’incremento del gettito contributivo in capo ai lavoratori dipendenti per via degli aumenti contrattuali. Nonostante ciò, la pressione contributiva scenderà di 0,3 punti attestandosi al 13,7%. Questa diminuzione del valore percentuale si verificherà perché l’anno prossimo il Pil crescerà in misura maggiore dell’incremento registrato dalle entrate contributive.

Sommando la variazione della pressione tributaria (+ 0,2) con quella contributiva (- 0,3) si ottiene una diminuzione della pressione fiscale di 0,1 punti: quest’ultima si attesterà al 44,2%, uno dei livelli più elevati d’Europa e del Mondo, specie la si confronta con il livello dei servizi pubblici erogati, spesso di qualità bassa o infima.

Rispetto al 2013, gli italiani saranno chiamati a pagare 17 miliardi di tasse in più: 11 si possono ritenere “indolori”, perché derivano dall’aumento del reddito nazionale (più si produce ricchezza, maggiori solo le entrate), mentre gli altri 6 miliardi sono originati da precise disposizioni normative e rischiano di mettere in seria difficoltà soprattutto le famiglie.

“Se la diminuzione della pressione contributiva interesserà solo gli occupati, l’aumento di quella tributaria – segnala il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi – ricadrà su tutti i cittadini, penalizzando soprattutto i pensionati e coloro che non lavorano. Purtroppo, questi ultimi non potranno beneficiare della contrazione del carico contributivo”.

Come per la pressione fiscale, anche la spesa pubblica (al netto degli interessi sul debito) subirà una contrazione. Infatti, dal 46,3% del Pil previsto per quest’anno, scenderà al 45,5% (-0,8) nel 2014, mentre in termini assoluti le spese al netto degli interessi passeranno dai 722 miliardi di euro di quest’anno ai 729,7 miliardi previsti per il 2014 (+7,6 miliardi di euro). Se in termini assoluti le uscite pubbliche continueranno ad aumentare, in rapporto al Pil scenderanno. Questo avverrà perché il Pil crescerà percentualmente in misura superiore all’aumento della spesa (nel 2014, rispetto al 2013, il Pil nominale crescerà del 3%, mentre la spesa pubblica al netto degli interessi salirà “solo” dell’1% circa).