A Mirano torna la “Fera de l’oca”

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Fiera de lOca 2013 1Appuntamento il 9 e il 10 novembre con la ricostruzione storica di una fiera di inizio Novecento

C’è chi si sfida a cavallo e chi in groppa agli asini. C’è chi corre a piedi e chi rema in barca. C’è chi tira con l’arco e chi con la balestra. A tutti, girando per i mille paesi d’Italia, sarà capitato di imbattersi in un palio che, al culmine di una rievocazione storica, vede contrade, rioni o fazioni fronteggiarsi più o meno scherzosamente per potersi fregiare della supremazia cittadina. Ma quello che andrà in scena a Mirano, il sabato 9 e domenica 10 novembre, è un evento senza eguali.

Sei squadre, in rappresentanza del capoluogo e delle sue cinque frazioni, gareggeranno a colpi di fantasia. La disfida prevede infatti che ogni squadra metta in scena un momento di vita di inizio ’900. Un duello per cui occorreranno in egual misura originalità e accuratezza storica, per ricreare nei minimi particolari la quotidianità di cento e passa anni fa e convincere la giuria chiamata a scegliere il vincitore.

Il particolarissimo palio miranese sarà il clou della due giorni della Fiera de l’Oca. Un evento che torna per il sedicesimo anno consecutivo ad animare il centro storico di questa verde cittadina nel cuore del triangolo tra Venezia, Treviso e Padova, attirando migliaia di visitatori curiosi di (ri)scoprire una tradizione tutta particolare. La festa, infatti, cade in prossimità dell’11 novembre, giorno di San Martino. In passato proprio in questo giorno si festeggiava la chiusura dell’anno agrario e sulle tavole delle famiglie contadine faceva la sua comparsa l’oca. Vuoi perché in questo periodo dell’anno l’oca raggiunge il suo maggior splendore, con una carne così morbida da sciogliersi in bocca. Vuoi perché a Mirano i proprietari terrieri più importanti erano in maggioranza ebrei e non potevano quindi mangiare la carne di maiale. Fatto sta che questa tradizione gastronomica si è tramandata di generazione in generazione, arrivando fino ai giorni nostri accompagnata dal celebre detto “Chi no magna l’oca San Martin nol fa el beco de un quatrin”.

Gli organizzatori della Pro loco hanno collegato questo momento di vita paesana con un altro evento tipico di Mirano: la pluricentenaria Fiera di San Matteo, una delle fiere più antiche dell’intero Veneto. Era infatti addirittura il 6 settembre 1477 quando il Senato Veneto istituiva ufficialmente la fiera, da tenersi ogni anno a Mirano nella giornata del 21 settembre. Un evento che ancor oggi, a oltre cinquecento anni di distanza, allargato a più giorni (ufficialmente il terzo sabato di settembre e i due giorni successivi) continua a riscuotere un grande successo ben oltre i confini comunali.

Dall’incontro tra la Festa dell’Oca e la Fiera di San Matteo nasce la Fiera de l’Oca, splendida rievocazione di una fiera paesana di inizio del secolo scorso. Fin dalla prima edizione, le vulcaniche menti della Pro loco hanno concepito e realizzato una grandiosa ricostruzione storica. Sfruttando alla perfezione lo scenario garantito dai portici del centro storico, dagli eleganti palazzi, dal grande ovale di Piazza Martiri, mille particolari sono stati aggiunti per dare ai visitatori la sensazione di un salto indietro nel tempo. È come vedere d’improvviso prendere vita i ricordi di giovinezza dei propri nonni e bisnonni (e non a caso i racconti degli anziani del paese, uniti a foto e documenti storici, sono stati una fondamentale fonte d’ispirazione). Nulla è lasciato al caso, come in un set cinematografico. C’è il mercato, con i banchi in legno protetti da grandi teli bianchi. Ci sono gli stendardi e le bandiere con lo stemma sabaudo che scendono dai balconi. E ancora le bacheche con gli avvisi comunali, le insegne e i manifesti con le prime reclame. I baracchini che sfornano leccornie e distribuiscono bicchieri di buon vino. Piazza Martiri, poi, è il regno del divertimento. Qui saranno infatti allestiti i baracconi dei giochi di una volta, un luna park ante litteram dove grandi e piccoli potranno divertirsi con i classici divertimenti di un tempo, dal fucile con gli elastici ai barattoli da abbattere a pallate. E sempre in Piazza Martiri troverà posto la grande novità dell’edizione 2013: un vero e proprio circo di inizio ’900, senza animali ma con acrobati, funamboli e giocolieri che metteranno in scena i loro mirabolanti numeri.

A rendere ancora più gioiosa e viva l’atmosfera ecco spuntare da ogni angolo comparse in costumi d’epoca, anche questi confezionati con cura fin nei minimi dettagli. I carabinieri che pattugliano in lungo e il largo la piazza, controllando non solo i personaggi che si aggirano per la piazza con fare sospettoso, ma anche che i prezzi di cibi e bevande siano in linea con quanto previsto dal decreto municipale. La maestra che accompagna i suoi scolari a visitare la festa, fermandosi alle bancarelle per descrivere i prodotti più particolari. Le servette che, approfittando del tanto atteso giorno di libertà, si aggirano vocianti e ridenti tra i banchi, commentando ad alta voce la qualità e la fattura di tessuti, capellini e capi di vestiario. E poi in piazza e per le vie del centro ci sono tanti artigiani al lavoro: il fotografo, tappa obbligata per una foto di famiglia con l’abito buono; il barbiere, sempre pronto a rifinire con maestria barbe e baffi; il “caregheta” (da “carega”, sedia) che con mano abilissima impaglia le sedute delle sedie. Per i visitatori della fiera è impossibile non rimanere coinvolti. Tra il numero di un artista di strada e un grande cerchio di balli popolari, prima o poi tutti quanti si finisce nel turbinio della festa e del divertimento.

Quest’anno, come detto, alla ricostruzione storica contribuiranno anche le sei squadre con i loro quadri viventi, che saranno messi in scena la domenica pomeriggio durante la grande sfilata storica, aperta dalla banda comunale (i cui membri, manco a dirlo, suoneranno in abito d’epoca). Inutile dire che l’impegno da parte di tutti è davvero ai massimi livelli, anche perché, visto il magnifico contorno, nessuno vorrà sfigurare. Da quest’anno la sfida dei quadri viventi tornerà ogni anno dispari, mentre negli anni pari le squadre, del capoluogo e delle frazioni, si fronteggeranno attorno l’ovale della piazza lungo le 63 caselle del Zogo de l’Oca.

In questo tourbillon di sapori, colori e profumi, la regina incontrastata della Fiera sarà ovviamente l’oca. E non solo a tavola. Tutto, nella due giorni di novembre, rimanderà a lei, presente in ogni effige e dimensione in tutti gli angoli della festa. Dalle grandi sagome disegnate dall’indimenticato Carlo Preti che spuntano dai portici, alle oche in carne ed ossa che scorrazzano e starnazzano un po’ dappertutto. Senza dimenticare che il nome ufficiale del mercato, aperto dal sabato pomeriggio fino a domenica sera, è “Ocaria”: tutto quello che è in vendita richiama il simpatico pennuto, con un infinità di oggetti da collezione o per l’uso quotidiano creati in esclusiva per la manifestazione e “marchiati” con l’oca. Grembiuloni da cucina, canovacci, tovaglie, tovagliette. Piatti, tazze, tazzine, bicchieri. E ancora lavagne, cornici, scatole, matite, stampe. Insomma, di tutto e di più.

Per i buongustai c’è poi l’Osteria dell’Oca, perfetta ricostruzione tutta in legno di una vecchia osteria del ‘900: il luogo migliore per bere un bicchiere in compagnia, lasciarsi inebriare dai sapori di leccornie a base d’oca e poi immergersi nuovamente nell’atmosfera della festa.

Sempre a proposito di oche, altra novità di quest’anno è il ritorno del concorso di Miss Oca, titolo che al sabato pomeriggio sarà assegnato dalla giuria popolare all’esemplare più bello tra le varie razze presenti in piazza.

Torna poi, per il terzo anno consecutivo, un altro concorso, questa volta per cantastorie. È l’ormai celebre “O CHE bellO CAntar le filastrOCcHE”, in programma al sabato pomeriggio Quattro artisti (frutto di un’accurata selezione a livello nazionale) che si sfideranno cantando e raccontando, con maestria e fantasia, storie d’oche. Ognuno di loro avrà a disposizione una postazione nel centro storico e replicherà due volte la propria performance, per dare modo a tutti di gustarsi la singolare tenzone.