L’impianto tratta 26.000 tonnellate di rifiuto organico e 8.000 di verde all’anno
Come funziona il biodigestore di Cadino? E’ quanto ha potuto accertare di persona il presidente della provincia di Trento in occasione della visita all’impianto. Assieme all’ingegner Paolo Nardelli dell’Agenzia per la depurazione, sono stati passati in rassegna tutti i “reparti” con la guida di Andrea Ventura, amministratore delegato di Bio Energia Trentino, la società che gestisce l’impianto, e di Michele Zorzi, il direttore tecnico, che hanno illustrato le particolarità impiantistiche e il ciclo produttivo.
La prima cosa che appare evidente è che se all’interno dello stabilimento gli odori si avvertono, questi non escono all’esterno grazie al ciclo chiuso delle varie fasi di lavorazione del rifiuto ed ai biofiltri. “Ad un anno dall’entrata in funzione – ha affermato Pacher – il bilancio è molto positivo: sono stati fugati tutti i timori della vigilia nell’iter della sua realizzazione relativamente all’impatto ambientale, in realtà una buona gestione e una buona tecnologia dimostrano che questi impianti sono compatibili con il nostro territorio”.
Il biodigestore di Cadino permette di smaltire quasi 26.000 tonnellate di umido trentino precedentemente smaltito in Veneto e Lombardia, con costi e inquinamento dovuti al trasporto. “E’ il primo grosso tassello per la chiusura di tutto il ciclo dell’organico in Trentino – ha detto Pacher – e ora si tratta di fare altri due piccoli impianti da 10.000 tonnellate l’uno e quindi tutta la produzione di organico provinciale potrà essere trattata sul territorio provinciale. A partire dai prossimi mesi questo impianto sarà meta di numerose visite di amministratori ma anche di scolaresche, che potranno vedere da vicino come si conclude tale ciclo del rifiuto organico, e sono convinto che quando il Trentino si sarà reso conto di cosa è un impianto di questo tipo, non sarà difficile trovare la localizzazione dei prossimi impianti”.
Il biodigestore di Cadino – che si estende su una superficie di circa 23.500 metri quadri – tratta 26.000 tonnellate di rifiuti organici e 8.000 tonnellate di rifiuto verde all’anno, rifiuti dai quali si ricavano 12.000 tonnellate di ammendante biologico destinato all’agricoltura (in questa prima fase il compost viene ceduto gratuitamente agli agricoltori della zona), 1.000 kW di energia elettrica ed altrettanti di energia termica impiegata per metà dallo stesso impianto per il proprio funzionamento, mentre l’altra metà è destinata ad alimentare la futura rete di teleriscaldamento a servizio dell’abitato di Cadino.
“L’impianto – spiega l’ingegner Paolo Nardelli dell’Agenzia per la depurazione – comprende, dopo l’accettazione e pesatura del materiale, una prima sezione di triturazione e vagliatura, dotata di anticamera (zona filtro) tenuta in leggera depressione con trattamento successivo in biofiltro dell’aria estratta. La vagliatura ha lo scopo di allontanare una prima quota di materiale indesiderato. La frazione organica purificata viene caricata con coclee in apposite biocelle anaerobiche (brevetto Kompogas), nelle quali ha luogo l’estrazione di biogas, inviato al gasometro e ai gruppi di conversione in energia elettrica e termica. Il digestato, in forma pastosa, viene in parte ricircolato a monte delle biocelle, e in parte addizionato di materiale strutturante (frazione ‘verde’) e quindi trasferito con pale meccaniche in biotunnel aerobici dove ha luogo la prima fase ‘termofila’ della stabilizzazione aerobica, con insufflazione abbondante di aria, che viene poi deodorizzata in biofiltri. A valle di tale fase – sottolinea Nardelli – ha luogo una vagliatura intermedia con ricircolo di circa la metà del materiale verso il mixer del digestato e del verde strutturante. Il resto prosegue verso una fase finale di maturazione in cumuli, con insufflazione d’aria, dopo la quale avviene l’ultima vagliatura di affinamento, che separa il compost ‘finito’ dal materiale di scarto. Tutto il capannone di trattamento del digestato è mantenuto in leggera depressione e l’aria estratta viene trattata in biofiltri prima della restituzione in atmosfera”.