Troppe tasse comportano maggiore evasione: Befera fa dietrofront a Radio24

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attilio befera agenzia entrate 1Il responsabile di Equitalia ammette anche l’evasione fiscale da sopravvivenza. Bortolussi: “ora necessario tagliare l’imposizione fiscale”

Dai microfoni di Radio24, Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle entrate, è stato protagonista di una rivoluzione copernicana, o quasi. Da sempre protagonista di crociate contro l’evasione, retate contro la mancata emissione di scontrini per la vendita di un caffè, di effetti spettacolari per scoraggiare i “furbetti” del fisco, intervistato da Minoli sull’emittente confindustriale Befera ha riconosciuto che le tasse in Italia sono troppo elevate, che l’eccesso di pressione fiscale genera evasione e che esiste anche un’evasione fiscale di sopravvivenza.

Parole colte al balzo dal segretario della Cgia mestrina, Giuseppe Bortolussi: “ha ragione il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, ad affermare che c’è anche una evasione di sopravvivenza legata alla difficile situazione economica. La vera causa dell’infedeltà fiscale presente in Italia è, a mio avviso, dovuta ad un carico fiscale che ha raggiunto un livello non più sopportabile: indipendentemente dall’evasione fiscale, il nostro Erario dispone comunque di una quantità di entrate maggiore degli altri Paesi. Il problema è che lo Stato italiano questi soldi non li spende bene, nonostante debba farsi carico di una spesa molto elevata per gli interessi sul debito pubblico. Certo, l’evasione va combattuta ed estirpata, ma è bene che in nessun modo si usi l’alibi dell’evasione fiscale per perorare la tesi che non ci sono i soldi, ad esempio, per la scuola, le infrastrutture, lo stato sociale o la sanità: chi sostiene questa tesi non dice la verità”.

Nel 2012 la pressione tributaria in Italia – ovvero le imposte, le tasse e i tributi sul Pil – era pari al 30,2%: 3,7 punti in più della media Ue e ben 6,6 punti in più della Germania. Una differenza che è solo in parte giustificata dal maggior costo del debito pubblico. Dai tedeschi, ad esempio, ci separano 3 punti di Pil (per gli interessi sul debito noi paghiamo il 5,5% del Pil mentre la Germania il 2,5%).  

Passando all’analisi della pressione fiscale, le cose non cambiano di molto. Sempre l’anno scorso, la pressione fiscale in Italia (vale a dire la somma della pressione tributaria e quella contributiva sul Pil) è salita al 44% (per quest’anno è prevista in aumento di un altro 0,3 punti). Tra i big dell’Ue solo la Francia (46,9%) aveva un carico fiscale superiore al nostro, mentre tutti gli altri si collocavano abbondantemente al di sotto: Germania al 40,6%; Regno Unito al 37,1%, mentre la media Ue era del 40,5%.

“Come ho già avuto modo di ribadire in passato – conclude Bortolussi – io non ho dubbi: sono tra quelli che sostengono che per combattere l’evasione fiscale bisogna pagare meno. E’ chiaro che per fare ciò è necessario tagliare la spesa improduttiva che, invece, continua a non essere aggredita con la dovuta determinazione”.

I tagli alla spesa inutile sono il tallone d’Achille anche del governo Letta: a nulla vale la nomina di un nuovo responsabile della revisione della spesa pubblica nella persona di Carlo Cottarelli, che lascia la direzione del Fondo Monetario Internazionale (mantenendo lo stesso stipendio e cotillon aggiuntivi stimabili complessivamente in circa 500.000 euro all’anno), quando sono in programma un’altra infornata di tasse e tassette aggiuntive: serve darsi il coraggio di tagliare e ridurre la spesa, operazione che tante famiglie hanno già dovuto compiere più volte nel corso degli ultimi anni per rimanere a galla. Letta dovrebbe pure prestare attenzione a come impiegare le scarse risorse disponibili: si parla tanto in queste ore di tagliare il “cuneo fiscale” che grava sulle retribuzioni, ma investire 5-6 miliardi di euro nella bisogna darebbe risultati ben scarsi sulle buste paga, visto che gli effetti sarebbero di circa 20 euro al mese. Meglio utilizzare le risorse per tagliare tasse, spesso odiose, che limitano la competitività dell’economia nazionale (come quelle sull’energia: dai carburanti al gas, all’elettricità), piuttosto che correre dietro a battaglie di “bandiera”. Già Prodi ci aveva provato, salvo incassare effetti evanescenti. Sarebbe giusto che il discepolo Letta evitasse di fare gli stessi errori del suo maestro.