Alto Adige, marcia indietro sulla liberalizzazione commerciale

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PAB Ulrich Stofner Daniel Alfrader Thomas Widmann Hans Berger e Karl Zeller 1
PAB Ulrich Stofner Daniel Alfrader Thomas Widmann Hans Berger e Karl Zeller 1Widmann: “siamo soddisfatti che il Governo abbia recepito le nostre posizioni”. Urzì: “in questo modo continueranno le processioni di altoatesini nei centri commerciali trentini, tirolesi e veneti alla ricerca di migliori occasioni”

L’azione di lobby prodotta dalla delegazione parlamentare altoatesina ha centrato l’obeittivo che si era promessa per bloccare in provincia il processo di liberalizzazione delle attività commerciali, in particolare quelle legate ai centri commerciali. Il “decreto Fare” ha recpito quanto richiesto con soddisfazione degli amministratori della provincia di Bolzano: “grazie alla stretta collaborazione fra la Provincia e i parlamentari altoatesini, e grazie all’appoggio del nuovo governo Letta, siamo riusciti non solo a salvare la politica autonoma sul commercio, ma a evitare lo spopolamento dei nostri paesi” tuona l’assessore Thomas Widmann che ha chiamato a raccolta gli onorevoli e i senatori (assenti giustificati Gebhard, Plangger, Schullian, Ottobre, Palermo e Panizza) che a Roma si sono battuti per inserire nel “decreto Fare” quello che è considerato “un grande successo per l’autonomia altoatesina”.

Widmann ha sottolineato che “abbiamo raggiunto un risultato addirittura superiore alle attese. Non ci saremmo mai aspettati – ha commentato l’assessore – che un piccolo provvedimento ad hoc pensato per l’Alto Adige potesse provocare effetti su tutta l’Italia”.

Nel cosiddetto “decreto Fare” vi è un passaggio che ripristina le limitazioni sul commercio al dettaglio nelle aree produttive e nel verde agricolo, con particolare attenzione alle distanze fra edifici, precedentemente cancellate dal decreto Monti. “Abbiamo recuperato le competenze in materia – ha proseguito Widmann – salvando di fatto la politica autonoma portata avanti in Provincia di Bolzano negli ultimi decenni sul commercio. Solo in questo modo, ovvero ponendo un freno alle liberalizzazioni selvagge, possiamo pensare di salvaguardare il tessuto commerciale e sociale tipico del nostro territorio, evitando la scomparsa dei piccoli negozi di paese”.

A proposito di territorio, Widmann ha sottolineato la peculiarità rispetto al resto d’Italia dell’Alto Adige, “che ha solo l’8% di aree edificabili”, e ha quindi ripercorso la storia di tutta la tormentata vicenda legata al decreto Monti: una storia fatta di leggi, impugnazioni e piccole modifiche. Entro la primavera del 2014, grazie alla legge provinciale in vigore, dovrà essere elaborato il regolamento d’attuazione che riguarda i comuni, ma potranno nuovamente essere posti dei paletti all’apertura di nuovi insediamenti commerciali in virtù delle competenze autonome in materia di urbanistica, tutela dell’ambiente e viabilità.

Verso l’intesa, pretesa dalla Svp e accordata dal governo di PD e PDL, che ha blindato lo sviluppo commerciale in Alto Adige e salutata da Widmann e dalla delegazione parlamentare della Stella alpina come salutare per la provincia di Bolzano, si leva la critica dell’opposizione altoatesina che stronca al contrario “la speranza che l’Alto Adige potesse avviarsi verso una calmierazione verso il basso dei prezzi e un regime di concorrenza capace di rendere meno asfittico il grande commercio” commenta Alessandro Urzì di Alto Adige nel cuore, secondo il quale “lo stop ad ogni forma di liberalizzazione (solo in Alto Adige, in netta controtendenza con il resto d’Italia) è un regalo agli oligopoli commerciali che tutti conoscono e che costituiscono un intreccio di interessi economici e politici evidenti, alimentando così fiumi di altoatesini che continueranno purtroppo a viaggiare nel fine settimana a Innsbruck, Trento, Affi o Verona per fare acquisti con la certezza che le spese di viaggio saranno comunque compensate da prezzi accessibili e scelta da noi inesistente”. Secondo Urzì, “l’oligopolio altoatesino continuerà a mantenere artificialmente su un livello oltre la media nazionale i prezzi al consumo confermato dalle statistiche Astat”, secondo il quale “i divieti assoluti posti per ogni piano di sviluppo commerciale anche sulle aree per le attività produttive (non solo quelle agricole) invece costituisce un salto indietro verso una politica del protezionismo e del divieto che alla fine non pagherà”.