“Evasione fiscale di sopravvivenza”: polemiche sulle dichiarazioni del viceministro all’economia Fassina

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luca-zaia-ilnordestLetta: “incentivare l’emersione dal nero”. Saccomanni: “non allentare la lotta contro l’evasione”. Brunetta: “benvenuto tra le posizioni politiche del PdL”. Bortolussi: “evasione fisiologica per l’altissima pressione fiscale”. Zaia: “il Veneto è pronto a sperimentare nuove strategie fiscali”

Galeotta è stata l’uscita forse involontaria, forse meno (anche i viceministri all’economia possono avere cuore ed occhi per vedere la realtà che li circonda), ma le parole di Stefano Fassina (“c’è in Italia una componente dell’evasione fiscale che può essere considerata ‘di sopravvivenza’. Ci sono, in sostanza, ‘ragioni strutturali’ che spingono tanti soggetti a “comportamenti di cui farebbero volentieri a meno’”) hanno dato la stura ad un’ondata di polemiche, alcune scontate (come quella del segretario della Cgil Susanna Camusso che ha letteralmente scomunicato il “compagno” eretio Fassina), altre meno.

Le parole del viceministro dell’economia, spese per commentare i record tutti italiani del sommerso (17,4% del Pil) e della pressione fiscale (al 54%) denunciati da Confcommercio, aprono subito polemiche accese. Secondo il premier Enrico Letta, “l’economia in nero va combattuta con politiche di contrasto, ma anche incentivando l’emersione”, cui fa eco il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, secondo il quale “la lotta all’evasione fiscale non potrà essere assolutamente allentata”. Il vice ministro, per altro, non ritratta: “non c’è nessun problema, non c’è stato bisogno di nessun chiarimento con Letta. Sono cose che ho sempre detto”, assicura Fassina, ribadendo come “quello che contava del discorso era la premessa: l’evasione è da combattere” e, detto questo, c’è da un lato “l’evasione egoista dei ricchi”, ma c’è anche “l’evasione di chi evade per sopravvivere. Quest’ultima non si può combattere solo con la Guardia di Finanza perché si tratta di milioni di persone”, insiste Fassina.

Più articolata, almeno su questo punto, l’analisi di Saccomanni. “Perché il mantenimento della stabilità di bilancio si coniughi con la crescita e l’equità la lotta all’evasione fiscale non potrà essere assolutamente allentata”, afferma il ministro in audizione al Senato, sottolineando come “in una fase in cui tanti connazionali affrontano sacrifici quotidiani, il tenace perseguimento degli evasori e la facilitazione dell’adempimento degli obblighi fiscali per i contribuenti onesti condurranno a una maggiore giustizia sociale”. E’ quindi necessario, secondo il ministro, “un cambiamento di cultura per quanto riguarda in particolare il tema della lotta all’evasione e all’elusione”. Saccomanni chiarisce poi quale deve essere l’obiettivo di fondo: “è prioritario ridurre la pressione fiscale complessiva”. I proventi della lotta all’evasione e all’elusione, che il direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera stima per il 2013 in 12-13 miliardi di euro, per Saccomanni “vanno utilizzati per ridurre le aliquote legali”, aggiungendo anche, con una chiara indicazione di politica economica, che “la riduzione delle imposte su imprese e lavoro, più in generale la riduzione della pressione fiscale complessiva, è un obiettivo da perseguire con tenacia, su un orizzonte non di mesi ma di anni”.

I dati diffusi dall’ufficio studi di Confcommercio sono impietosi. Spetta all’Italia il poco invidiabile record fra le economie sviluppate per quanto riguarda le dimensioni del ‘sommerso’ che nel Belpaese sarebbe pari al 17,4% del Pil per un ammontare di 272 miliardi. Così come, con il 54 % della pressione fiscale effettiva, ovvero in riferimento al Pil emerso, l’Italia ha il record fra le economie sviluppate. Proprio dall’esame di questi dati nasce la presa di posizione di Fassina: “c’è una connessione stretta tra pressione fiscale, spesa e sommerso”. Parole che trovano freddezza in casa Pd. “Si deve cambiare: mettere a punto, senza indugio, una strategia di fedeltà fiscale, senza cadere in forme persecutorie, basata su prevenzione e contrasto efficace per fare emergere gradualmente il sommerso, ampliando così la platea dei contribuenti”, dice il responsabile economico Matteo Colaninno, convinto che “si può aumentare la fedeltà fiscale senza accanirsi sui contribuenti e sulle imprese, ma anzi semplificando gli adempimenti”. “Se Fassina sull’evasione fiscale la pensa come Berlusconi siamo all’allarme rosso”, sostiene Linda Lanzillotta, vice presidente del Senato, che aggiunge: “invece di giustificare gli evasori, Fassina in attesa di ridurre le tasse potrebbe intanto almeno semplificare la vita dei contribuenti che è una delle ragioni della loro esasperazione”. Al contrario, il presidente dei deputati PdL, Renato Brunetta, applaude: con Fassina “ho vaste ragioni di dissenso, ma talvolta si lascia trascinare dall’istinto di verità e stupisce piacevolmente. Quando sostiene che questa spaventosa pressione fiscale induce gli onesti a evadere per sopravvivere, mi pare di sentire quel Berlusconi che i compagni del suo partito azzannavano come complice degli evasori. Benvenuto nel Popolo della Libertà. Ora mi auguro che Fassina perseveri”.

Secondo la Cgia di Mestre, la vera causa dell’infedeltà fiscale presente in Italia è dovuta ad un carico fiscale che ha raggiunto un livello non più sopportabile. Lo afferma il segretario dalla Cgia, Giuseppe Bortolussi, che da almeno 20 anni si batte per un fisco più giusto ed equo: “ha ragione il Fassina ad affermare che c’è anche una evasione di sopravvivenza legata alla difficile situazione economica, ma è anche dovuta ad un carico fiscale che ha raggiunto un livello non più sopportabile che ci consente di affermare che, indipendentemente dall’evasione fiscale, il nostro Erario dispone comunque di una quantità di entrate maggiore degli altri Paesi. Il problema è che lo Stato italiano questi soldi non li spende bene – dice Bortolussi – nonostante debba farsi carico di una spesa molto elevata per gli interessi sul debito pubblico. Certo, l’evasione va combattuta ed estirpata, ma è bene che in nessun modo si usi l’alibi dell’evasione fiscale per perorare la tesi che non ci sono i soldi, ad esempio, per la scuola, le infrastrutture, lo stato sociale o la sanità: chi sostiene questa tesi è uno spergiuro”.

Per Cgia, nel 2012 la pressione tributaria in Italia (ovvero imposte, tasse e tributi sul Pil) era pari al 30,2%: 3,7 punti in più della media Ue e ben 6,6 punti in più della Germania. Una differenza che è solo in parte giustificata dal maggior costo del debito pubblico. Dai tedeschi, ad esempio, ci separano 3 punti di Pil (per gli interessi sul debito noi paghiamo il 5,5% del Pil mentre la Germania il 2,5%). E passando all’analisi della pressione fiscale le cose non cambiano di molto. Sempre l’anno scorso, la pressione fiscale in Italia (vale a dire la somma della pressione tributaria e quella contributiva sul Pil) è salita al 44% (per quest’anno è prevista in aumento di un altro 0,4%). Tra i big dell’Ue solo la Francia (46,9%) aveva un carico fiscale superiore al nostro, mentre tutti gli altri si collocavano abbondantemente al di sotto: Germania al 40,6%; Regno Unito al 37,1%, mentre la media Ue era del 40,5%.

Luca Zaia candida la regione Veneto a diventare un laboratorio fiscale: “come negare – dice il governatore – che esiste certamente una evasione di sopravvivenza? Fassina fotografa una situazione che qui nel NordEst sta diventando drammatica. Dirò di più: per le nostre 600.000 partite Iva lo spartiacque è ormai fra pagare le imposte o morire. E le misure anti-evasione che ciclicamente vengono adottate dai governi non fanno altro che peggiorare la situazione”. Secondo Zaia “le nostre imprese, quelle che danno lavoro e Pil a tutto il Paese, vivono immerse in un meccanismo impositivo che oscilla fra il 60 e il 65 per cento, mentre a un’ora e mezza da qui, in Carinzia, con il contribuente si stabilisce un patto chiaro e duraturo per una aliquota intorno al 25 per cento. In questo modo abbiamo già perduto 700 aziende e 13.000 posti di lavoro. E vediamo ogni anno andare in fumo ben 18 miliardi di residuo fiscale attivo, che il Veneto manda a Roma insieme a sole altre quattro regioni italiane”. Zaia è scettico sulla capacità del governo centrale di invertire la tendenza: “premesso che pagare le tasse è sacrosanto e farle pagare una battaglia che deve essere vinta, io credo che le proposte che vengono regolarmente avanzate dai governi e dalle burocrazie altro non siano che un ulteriore peggioramento della situazione, un ulteriore incentivo a evadere. Si abbia per una volta il coraggio di affrontare la situazione per quello che è e di prendere decisioni importanti: per le imprese una imposta unica e certamente più bassa, che non presenti sorprese a consuntivo, e inasprimento forte delle sanzioni (con certezza della pena) per chi evade. Facciamolo subito, non perdiamo altro tempo. Prendiamo tre zone d’Italia, una nel Nord, una nel Centro e una nel Sud, e sperimentiamo questo nuovo regime impositivo – conclude Zaia – io candido ufficialmente il Veneto per il Nord. E a consuntivo andiamo a verificare cos’è accaduto in termini di gettito. Io credo che pagare meno consenta di allargare la platea dei contribuenti e, alla fine, di far pagare tutti”.