Arena di Verona, decolla bene il Festival del centenario con un’Aida fuori dagli schemi capace di stupire

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Arena-Verona-Aida-fura-baus-FotoEnnevi-ilnordestLa regia e la scenografia della Fura dels Baus impone al classico verdiano un nuovo fascino. Da migliorare l’acustica dell’Arena

Il Festival del centenario dell’Arena di Verona è iniziato all’insegna della capacità d’innovare e di proporre un classico verdiano come Aida sotto una veste completamente nuova e per molti versi accattivante, grazie alla regia di Carlus Padrissa e di Ales Ollé de La Fura dels Baus. Caratteristica del Centenario sarà proprio la contrapposizione tra un’Aida in veste “moderna” proposta nella scenografia ideata appositamente per gli spazi areniani dalla Fura dels Baus e quella “classica” del primo allestimento del 1913 che sarà rappresentata durante gli spettacoli del mese di agosto.

Nei 100 anni che separano i due allestimenti, un abisso di tecnicità e di sensibilità: se per la “prima” del 1913 l’Aida fu un tripudio di artisti e di comparse con uno stuolo di animali, per la “prima” del 2013 si è puntato sul minimalismo e sulla tecnologia, con gli animali vivi sostituiti da spettacolari animali meccanici, cinque cammelli ed un elefante, mentre l’ambientazione è costituita da una serie di dune gonfiabili poste sulle gradinate retropalco che vengono srotolate e innalzate (con un sottofondo di sibilo pneumatico che copre in parte i cantanti) durante il “Ritorno al vincitor” e due tralicci a sostegno di una piattaforma mobile che serve da supporto allo specchio solare che sarà montato durante la recita del “Trionfo” mentre Radames mostra il bottino di guerra. Un’Aida che è iniziata proponendo al pubblico un inedito preludio lungo 15 minuti, dove un gruppo di comparse simulava una spedizione di archeologi impegnata a smontare reperti da spedire al British Museum di Londra.

arena-verona-aida-FotoEnnevi-ilnordestUna regia convincente che ha dimostrato come si possa innovare anche un classico come Aida che probabilmente saprà stimolare nuovi spettatori. Bene l’orchestra scaligera diretta da Omer Meil Wellber che ha dato prova di saper governare bene i vari passaggi, nonostante i notevoli vuoti tra un cambio scena e l’altro che, assieme ai quattro intervalli, hanno dilatato la rappresentazione fin oltre l’una di notte. Gradimento del pubblico per Giovanna Casolla (Amneris) e per Ambrogio Maestri nei panni del padre Amonastro. Ottima prova per Hui He nei panni di Aida (che durante il Festival interpreterà anche altri ruoli).

La rappresentazione dell’innovativa Aida ha però evidenziato una “pecca” storica dell’Arena: la difficoltà di comprendere bene la recita dei cantanti, specie nei passaggi più intimi. Nonostante gli sforzi degli artisti, è difficile cogliere le sfumature, specie quando in parallelo si stanno gonfiando le dune pneumatiche o gli argani funzionano per sollevare le parti dello specchio solare. Forse sarebbe meglio prendere coraggio e passare il Rubicone, prevedendo l’amplificazione di orchestra e artisti, cosa oggi fattibile senza snaturare la musica grazie alle tecnologie a disposizione. Se ne avvantaggerebbe la fruibilità dell’opera, specie per il pubblico più distante dal palco.