Redditi degli italiani: il Fisco pubblica le statistiche dei guadagni per categorie

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euro denaro soldi monetaIntroiti apparentemente da fame per molti lavoratori autonomi. La Cgia di Mestre contro il Ministero dell’economia: “statistiche fuorvianti”

Il dipartimento delle finaze del Ministero dell’economia ha pubblicato le statistiche relative ai redditi dei contribuenti italiani del 2012, da cui emerge la conferma di una netta separazione tra capacità reddituale del lavoratori dipendenti rispetto a quelli autonomi.

Secondo gli studi di settore, bar, taxi e autosaloni evidenzierebbero con redditi mini. Dichiarazioni ‘magre’ anche per gioiellieri e parrucchieri. Al top tra coloro che pagano le tasse attraverso gli studi di settore ci sono invece notai e farmacisti. Ecco i dettagli della classifica dalla categoria più pvera a quella più ricca:

Noleggio di autovetture 5.300 euro

Negozi abbigliamento e scarpe 6.500

Istituiti di bellezza 7.200

Tintorie e lavanderie 9.100

Negozi giocattoli 9.800

Autosaloni 10.100

Parrucchieri 13.200

Servizi di ristorazione 15.400

Taxi 15.600

Macellerie 16.700

Gioiellieri 17.300

Bar e gelaterie 17.800

Alberghi e affittacamere 18.300

Veterinari 21.000

Imbianchini e muratori 23.600

Architetti 29.100

Avvocati 58.700

Studi medici 69.500

Farmacie 103.400

Notai 315.600

 

Il reddito totale dichiarato dai contribuenti soggetti agli studi di settore è stato nelle ultime dichiarazioni (2012, anno di imposta 2011) pari a 106,2 miliardi di euro, con un aumento dell’1,3%. Il reddito medio dichiarato è risultato pari a 28.000 euro per le persone fisiche (+2,4% rispetto al 2010), 38.400 euro per le società di persone (+2,2%) e 32.000 euro per le società di capitali ed enti (+1,3%). Ponendo l’attenzione sull’attività esercitata, il reddito medio dichiarato più elevato si è registrato nel settore delle attività professionali (49.900 euro, +0,8%) seguito dal settore delle attività manifatturiere (32.800 euro, +12,4%), dal settore dei servizi (27.300 euro, +1,6%), mentre il reddito medio dichiarato più basso si è registrato nel commercio (20.000 euro, -1,9%). Sono circa 5,066 milioni i contribuenti che hanno presentato nel 2012 la dichiarazione Iva per l’anno d’imposta 2011 con un calo (-1,1%) rispetto all’anno precedente. Dalle tabelle emerge dunque che diverse categorie di autonomi e professionisti dichiarano redditi medi inferiori a quelli dei lavoratori dipendenti, pari mediamente a 20.000 euro l’anno.

La Cgia non ci sta e contesta duramente i dati presentati dal dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia. “Ancora una volta assistiamo ad un uso artefatto delle statistiche riferite ai redditi di alcune categorie di lavoratori autonomi – rileva Giuseppe Bortolussi, segretario Cgia di Mestre -. Non è assolutamente vero che gli autonomi dichiarano meno dei lavoratori dipendenti. La comparazione non può essere fatta tra un gioielliere e il reddito medio di un lavoratore dipendente”. Secondo la Cgia, i redditi dei lavoratori dipendenti sono “condizionati dagli stipendi molto elevati di molte categorie lavorative che ne innalzano la media. I giudici, i manager pubblici e privati, i professori universitari, ad esempio, cosa hanno a che fare con un ipotetico lavoratore dipendente? Nulla, ma ne alzano la media retributiva. Pertanto, – osserva Bortolussi – correttezza statistica vuole che il confronto tra il reddito del gioielliere deve essere comparato con quello del suo dipendente. Ebbene, se si fa ciò si scopre che i redditi degli artigiani e dei commercianti sono mediamente superiori del 30-40% delle retribuzioni dei propri dipendenti”.

Altro aspetto da non trascurare secondo la Cgia è che i dati medi dei redditi degli autonomi “risentono del fatto che oltre il 70% degli artigiani e dei commercianti lavora da solo, che la differenza reddituale tra gli autonomi del Nord e quelli del Sud supera mediamente il 30%, inoltre non sono pochi coloro che praticano il cosiddetto ‘splitting familiare’, ovvero dichiarano il 51% del reddito di impresa e l’altro 49% lo fa il collaboratore familiare, sia esso il coniuge o il figlio. Queste ultime – conclude Bortolussi – sono considerazioni che riducono moltissimo il dato medio dei redditi degli autonomi che scandalosamente non vengono tenuti in considerazione nei dati presentati dal Ministero”.

Senza considerare il fatto che un lavoratore autonomo o una ditta, a differenza di un lavoratore dipendente, con il Fisco e le sue branche ha a che fare praticamente ogni giorno: dalle scadenze per i rinnovi di autorizzazioni ai pagamenti periodici di Iva, Inps, Inail, tasse comunali, provinciali e regionali che drenano fior di risorse.