Secondo la Cgia, il passaggio dal 21 al 22% dell’aliquota ordinaria avrà effetti negativi sull’economia
Se non verrà scongiurato l’aumento di un punto percentuale dell’Iva ordinaria attualmente al 21% previsto per l’inizio del mese di luglio, gli effetti negativi di questo incremento ricadranno in particolar modo sulle famiglie meno abbienti e più numerose. Secondo i calcoli realizzati dall’Ufficio studi dell’Associazione degli artigiani di Mestre, i dati sono inequivocabili: l’incidenza percentuale dell’aumento dell’Iva sullo stipendio netto annuo di un capo famiglia peserà maggiormente sulle retribuzioni più basse e meno su quelle più elevate. Inoltre, a parità di reddito, i nuclei familiari più numerosi subiranno gli aggravi maggiori.
“Questa ipotesi va assolutamente scongiurata – dice Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia – non si possono penalizzare le famiglie più numerose ed in particolar modo quelle più povere. Nel 2012 il potere d’acquisto delle famiglie consumatrici italiane ha toccato il -4,8% e la propensione al risparmio è scesa ai minimi storici. Se dal primo luglio l’aliquota ordinaria del 21% salirà di un punto, subiremo un ulteriore contrazione dei consumi che peggiorerà ulteriormente il quadro economico generale. E’ vero che l’incremento dell’Iva costa 4,2 miliardi di euro all’anno, ma questi soldi vanno assolutamente trovati per non fiaccare la disponibilità economica delle famiglie e per non penalizzare ulteriormente la domanda interna”.
Non solo: ci si dimentica sempre che il passaggio dal 20 al 21% deciso dal governo Berlusconi un anno e mezzo fa doveva portare in dote un maggior gettito di 4 miliardi di euro: a consuntivo, non solo il gettito atteso non si è verificato, ma il risultato finale è addirittura negativo per oltre un miliardo di euro, complice anche l’andamento pesantemente in calo dell’economia.
Le simulazioni realizzate dalla Cgia riguardano tre tipologie famigliari (single, lavoratore dipendente con moglie e un figlio a carico, lavoratore dipendente con moglie e 2 figli a carico). Per ciascun nucleo sono stati presi in esame 7 fasce retributive: in relazione alla spesa media risultante dall’indagine Istat sui consumi delle famiglie italiane, su ognuna è stato misurato l’aggravio di imposta in termini assoluti e l’incidenza percentuale dell’aumento dell’Iva su ciascun livello retributivo. In queste simulazioni si sono tenute in considerazione le detrazioni e gli assegni familiari per i figli a carico, le aliquote Irpef e le addizionali regionali e comunali medie nazionali. A seguito dell’aumento dell’aliquota Iva al 22%, si è ipotizzata una propensione al risparmio nulla per la prima fascia di reddito, pari al 2,05% per il reddito annuo da 20.000 euro, del 4,1% per quella da 25.000 euro e dell’ 8,2% per le rimanenti fasce di reddito. Quest’ultima percentuale corrisponde al dato medio nazionale calcolato dall’Istat nell’ultima rilevazione su base nazionale. In buona sostanza si è ipotizzato che a fronte dell’aumento dei prezzi di beni e servizi a ridurre le spese saranno principalmente le fasce di reddito medio-alte. Infine, l’analisi della Cgia non ha considerato eventuali spinte inflazionistiche che una scelta di questo tipo potrebbe produrre.
Ecco i risultati nel dettaglio.
Single
I 7 casi riguardano un lavoratore dipendente. L’incidenza percentuale dell’aumento dell’Iva sullo stipendio netto annuo si farà sentire maggiormente per le fasce meno abbienti. Infatti è dello 0,29% su un reddito annuo di 15.000 euro, si abbassa allo 0,27% su un reddito annuo di 55.000 euro. In termini assoluti l’aumento di imposta cresce man mano che aumenta il livello retributivo. L’aggravio oscilla tra i 37 e i 99 euro.
Lavoratore dipendente con moglie ed 1 figlio a carico
Nei 7 casi presi in esame l’incidenza percentuale dell’aumento è inversamente proporzionale al livello di reddito. E’ dello 0,33% per un reddito annuo di 15.000 euro, scende allo 0,30% per un reddito di 55.000 euro. In termini assoluti l’aggravio d’imposta, man mano che cresce il reddito, sale da 51 a 113 euro.
Lavoratore dipendente con moglie e 2 figlio a carico
Anche in questa tipologia familiare l’incidenza percentuale dell’aumento dell’Iva è inversamente proporzionale al livello di reddito. Si attesta allo 0,34% su un reddito annuo di 15.000 euro, diminuisce fino a toccare lo 0,31% su un reddito di 55.000 euro. Man mano che cresce il reddito, in valore assoluto la maggiore Iva annua passa da 61 a 120 euro.
Da queste simulazioni emerge un altro risultato molto intuitivo: a parità di reddito, più aumenta il numero dei componenti di una famiglia, più si fa sentire il peso dell’aumento dell’Iva.