Zaia: “un esempio di come valorizzare la produzione enologica della regione vinicola più importante d’Italia”
di Giovanni Greto
Le sale Apollinee del teatro La Fenice di Venezia, per una volta hanno lasciato tacere la musica, per ospitare la presentazione, in prima nazionale, di un film documentario sui vini del Veneto, “Sinfonia tra cielo e terra”, prodotto da Unione Consorzi Vini Veneti (U.vi.ve.), un ente che riunisce i ventuno Consorzi di Tutela di tutte le denominazioni regionali.
Come ha spiegato Luigi Piona, presidente di U.vi,ve., “il docu-film non è completo. Abbiamo toccato solo alcune zone, perché il problema del Veneto è che è troppo ricco. Il nostro progetto, fortemente voluto, è stato quello di realizzare un film per comunicare i vini del Veneto nella loro complessità, fatta di storia millenaria, paesaggi ben conservati, storie di uomini che hanno dedicato al vino la propria vita”. Gli hanno fatto eco le parole di Luca Zaia, presidente della Regione, che ha ricordato come “il Veneto abbia tanti vini e tutti buoni, 14 DOCG, 28 DOC, oltre ai numerosi IGT, e sia in grado, con un miliardo e mezzo di fatturato, di dare lavoro a 23.000 persone”. Ma il protagonista della serata, in una sala affollata da tutti gli “attori”, è stato il docu-film, 50 minuti selezionati da 20 giorni di riprese per 4-5 ore quotidiane, presentato dall’autore, il milanese Massimo Zanichelli, scrittore di vino, documentarista, docente di cinema, per il quale Venezia è la città del cuore, mentre il Veneto è stato importante per la sua formazione organolettica.
Diversamente dalle pellicole girate in fretta e furia, prive di eleganza e immerse nella banalità, che freddamente e pedantemente insistono sulla grandezza di un prodotto, che l’osservatore, dopo una visione disattenta, avrà subito dimenticato, il lavoro di Zanichelli è tecnicamente perfetto: luce naturale per gli esterni, illuminazione curata per gli interni, movimenti di macchina di grande respiro, montaggio snello e ritmato, suono naturale in presa diretta.
Diviso in 10 capitoli, in un itinerario dal lago di Garda fino al Piave, ognuno dei quali è presentato da un titolo che sintetizza la zona d’origine e ne rappresenta il vino di riferimento: “il bianco delle argille” per il Lugana; “l’arte dell’assemblaggio” per il Custoza; “rosso di lago” per il Bardolino; “la valle delle molte celle” per la Valpolocella e l’Amarone; “un bianco vulcanico” per il Soave, con una breve parentesi sui passiti, in particolare il Recioto, rosso nella zona della Valpolicella, bianco in quella del Soave; “bollicine minerali” per il Lessini Durello; “sotto l’altopiano” per il Vespaiolo di Breganze e il dolce Torcolato; “rossi bordolesi e fiori d’arancio” per i Colli Euganei; “rive eroiche” per il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore; “malanotte del Piave” per il Raboso. Per la sopravvivenza di quest’ultimo, il produttore Giorgio Cecchetto di Trezze di Piave ha invocato un aiuto da parte della Regione. Un vino antichissimo, dal carattere forte, conosciuto fin dal ’500 da Ruzante che scriveva di un vino “sgarboso”, rischia di scomparire sotto l’espansione incalzante del Prosecco.
Il regista, esperto intenditore ed io-narrante, è riuscito a fotografare con limpidezza ed efficaci dissolvenze visive e sonore tra un capitolo e l’altro, scenari mozzafiato, sconosciuti, crediamo, a molta parte degli stessi veneti e ha avuto il merito di far raccontare il vino in prima persona dai vignaiuoli, i veri garanti di un patrimonio viticolo ed enologico, molti dei quali si sono succeduti di generazione in generazione, salvando in alcuni casi territori selvatici, come quelli vulcanici, in cui si coltiva il Lessini Durello. E, come ha sottolineato alla fine della proiezione, è anche grazie alla fatica, all’amore per il lavoro, per il terreno e per le uve, di uomini solcati dalle rughe, a testimonianza del lento scorrere del tempo, se il Veneto è in grado di portare sulla tavola un prodotto genuino, ricco di qualità.